Mi capita spesso di leggere da varie parti dotte disquisizioni circa l’attuale pratica della  Telegrafia dal momento che è stata “bandita”  dal campo lavorativo.

 

Mi giunge anche voce che in altri Paesi, compresi i militari, non è stata  abbandonata del tutto.

 

I più accaniti detrattori  non perdono occasione per chiedere se ha un senso oggi parlare di Telegrafia.

 

Malgrado i continui aggiornamenti tecnologici siamo ancora in molti, ma proprio tanti, in tutto il mondo,  ad usare il Morse.

 

Non è passata inosservata la valutazione fatta da qualcuno tra leggere un libro sul computer  e leggerlo avendolo tra le mani, sfogliarlo, sentirne l’odore della carta e dell’inchiostro.

 

Credo sia la stessa cosa anche per la Telegrafia.

 

Parlarne ha un senso, e lo avrà fino a quando ci sarà gente come noi con un amore sconfinato per quest’Arte.

 

 

 

Di seguito riporto le esperienze ed  i ricordi di quanti hanno, o hanno avuto, la loro vita pervasa dalla Telegrafia.

 

 

 

 

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Volentieri racconto come sono arrivato alla telegrafia.

Mio padre è stato RT a bordo del Regio Sommergibile Malachite, classe 600 quella da tutti ritenuta la migliore classe dei sommergibili italiani ( basta ricordare la crocera del Perla ), negli anni immediatamente precedenti l'entrata in guerra dell'Italia.
Sbarcato per motivi di salute continuò a fare l'RT a Tobruk e poi l'elettricista della Marina Militare a Lero dove fu fatto prigioniero dopo l'8 settembre.
Conservo molte foto originali del Malachite, dell'equipaggio praticamente completo e dello Stato Maggiore di quegli anni.

Veniamo al mio incontro con la telegrafia.

In Versilia all'inizio degli anni 50 i tavoli da cucina erano formati da una lastra di marmo grigio, il cipollino di Seravezza, sostenuta da una struttura di legno.
Si mangiava su questo tipo di tavolo senza tovaglia e in cucina avevamo una radio a onde medie.
Avevo 8 o 9 anni quando un giorno, mentre si pranzava con la radio accesa, ricordo che mio padre si alzò di scatto, prese una matita o lapis come lo chiamavo io, e cominciò a scrivere sul marmo del tavolo.
Questo scrivere sul marmo del tavolo mi rimase talmente impresso nella memoria fotografica che ce l'ho nitido ancora adesso.
Rimasi stupito di questo comportamento, ma mi resi quasi subito conto che era dovuto ad uno strano "soffio" che proveniva dalla radio.
Quando smise di scrivere gli chiesi spiegazioni e lui mi rispose che "era una nave che trasmetteva".
Abitavamo a poche centinaia di metri dal mare e sicuramente una nave stava passando al largo di Forte dei Marmi con il marconista che "parlava" intorno ai 500 kHz con una costiera.
La mia curiosità per la Telegrafia nacque in quel momento e non mi ha più lasciato.

Ho tantissimi altri ricordi della telegrafia nella mia vita, sia da militare che da radioamatore, ma quello che ti ho raccontato è sicuramente il più bello.

 

          Paolo I1DMP

 

 

 

 


 

 

 

 

 

La telegrafia è entrata nella sfera dei miei interessi molto prima di diventare radioamatore, anzi, sono diventato radioamatore proprio perchè avevo scoperto questa magnifica possibilità di impararla  potendola poi anche praticare.

 

Fino ad allora mi ero limitato ad ascoltare affascinato questi suoni con la radio "casalinga" e ad invidiare quelli che invece riuscivano a capirli ed a comunicare. Imparai quindi la telegrafia (totalmente autodidatta), feci gli esami per la patente, e la domanda per la licenza, che arrivò dopo un anno e mezzo, nel 1962. 

 

Mi arrabbattai in qualche modo per disporre di qualcosa di simile ad un RX, ad un TX e ad un tasto, riuscendo a recuperare un R1155 surplus inglese in cattivo stato, un tx autocostruito (o meglio: raffazzonato) da un amico, e un  verticale che la guerra l’aveva fatta tutta.

 

Superata la tensione e la sudata del primo qso, ne sono seguiti tanti altri e la cosa continua ancora oggi.

 

Un percorso del tutto usuale e comune a tanti amici che hanno inziato in quel periodo. 

La mia piccola particolarità è che se non ci fosse stata la Telegrafia io non sarei mai diventato Radioamatore, perchè la fonia non mi ha mai dato la minima emozione.

 

    

        SANDRO  I7ALE

 

 

 

 

 

Qui Roma Radio Antonio di Folco,

 

forse a parecchi questo nome non dice molto, eppure sono sicuro che se leggerete queste righe, molti lo riconosceranno, così come io posso dire di averlo sempre conosciuto 

 

Correva l’anno 1968, avevo ll anni allora, in famiglia si decise di comprare un televisore nuovo, un televisore a due canali, finalmente si poteva vedere anche il secondo programma della Rai ...!

 

Arrivò il tecnico della tv per installare una nuova antenna e per sua dimenticanza o per svogliatezza lasciò la vecchia calata, fatta di una consumata piattina a 300 ohm lungo la linea del palazzo, cotta dal sole e dalle intemperie.

 

Non mi sembrava vero, era già qualche mese che cercavo di capire come poter arrivare in terrazza ad installare una antenna per il mio ricevitore casalingo, mia complice era stata “Radio Pratica” la rivista del momento, già sentivo cose strane girando la manopola della sintonia e sapevo che installando una antenna sul tetto avrei potuto ricevere di più !

 

In un pomeriggio d’estate, mentre mio padre sonnecchiava sul divano, chiamai un mio amico e con pochi metri di filo elettrico in mano andammo al decimo piano, sulla terrazza condominiale ad installare l'antenna.

 

I miei pensieri erano concentrati sulla migliore ricezione del mio ricevitore e mentre mi affrettavo a predisporre il tutto, il mio pensiero andava sistematicamente all’urgenza dell’installazione. Sapevo che se non mi sbrigavo a sistemare l’antenna al più presto, sarebbe intervenuto mio padre, dovevo sbrigarmi ad installare il tutto.

Avevo il cuore in gola, mi tremavano le mani, avevo con me un foglietto a quadretti strappato dal quaderno di aritmetica dove c’erano dei semplici calcoli scopiazzati da una rivista di elettronica, per dedurre la miglior lunghezza del  dipolo per ascoltare le hf, avevo scelto una via di mezzo.

 

Il mio compagno di banco aveva nelle tasche dei pantaloni un paio di forbici un rotolo di spago e un metro da sarta a rotolo, per preparare  l’antenna tagliarla a misura ed isolarla alle sue estremità.

In meno di un’ora, mentre il sole di fine luglio ci bruciava la testa, io e il mio compagno di banco, incoscienti delle altezze su cui ci trovavamo, stavamo velocemente installando la mia prima antenna !!!! Sfruttai la calata della vecchia linea televisiva, che fortunatamente arrivava fino all’angolo della stanza in cui si trovava la radio grammofono.

 

Per sicurezza, prima di accendere e testare il tutto, feci passare qualche giomo, così mio padre non si sarebbe mai immaginato dell'installazione della “nuova antenna”. Anche se, ripensandoci dopo tanti anni, sono certo che sapeva quello che stavo facendo e sono sicuro che a mia insaputa mi stava controllando.

 

Furono giorni interminabili, in cui a stento riuscivo a dormire, pensando e ripensando a come avrei potuto ricevere i segnali in onde corte. Spesso giravo

nervosamente intorno al radio grammofono, guardavo la radio come se fosse un'astronave, un oggetto che mi avrebbe fatto spaziare in alto nel cielo infinito, senza nessuna limitazione.

 

Ricevevo poco in cw in quel tempo, riuscivo ad identificare solo pochi caratteri e ancora non avevo ben chiaro il concetto di apprendimento di questa nuova “lingua”, ancora era buio pesto in telegrafia, volevo imparare il cw e volevo arrivare velocemente a migliorare la mia conoscenza.

 

Avevo scritto sul diario di scuola tutti i caratteri che formavano l’alfabeto e i numeri in cw, che avevo reperito dall’enciclopedia UTET che avevamo in casa e me li ripassavo quotidianamente.

 

Ero impaziente di ricevere, anche se non potevo rilevare le note, ma solo il click dall”AM. Un pomeriggio i miei genitori decisero finalmente di uscire per fare delle compere, appena usciti, corsi velocemente alla radio grammofono e finalmente “detti fuoco ai filamenti”. Con immensi sacrifici avevo comprato in un magazzino di vecchie cose militari in disuso, vicino casa, una cuffia a 2000 ohm che avevo collegato in parallelo all’altoparlante, ascoltavo in cuffia !!!!.

 

Era una cosa entusiasmante poter indossare quell’aggeggio pesantissimo e fastidioso per la mia giovane testa, ma mi faceva sentire importante in quei momenti.

 

Ero impaziente ed emozionato, aspettavo con ansia che i filamenti delle valvole si riscaldassero per iniziare l'ascolto, ricordo gli scrocchi fortissimi nelle orecchie mentre cambiavo gamma, passando dalle onde medie, su cui la mia famiglia ascoltava il giornale radio e altri programmi musicali, alle onde corte, dove c’era da scoprire il vero mondo della radio e delle radiocomunicazioni.

Finalmente iniziai a sentire il rumore di fondo, avevo le mani tremanti e sudate dall`emozione, ero seduto vicino alla radio quasi come se volessi mangiarmela e con la mia pesantissima cuffia in testa iniziai a girare la sintonia lentamente per non perdere niente di quello che avrei potuto ascoltare con una vera antenna sul tetto.

 

Di colpo sintonizzai un segnale fortissimo, c’era un uomo che parlava, con voce pesantemente scandita ripeteva: “Qui Roma Radio, servizio radio telefonico marittimo, emissione effettuata per la sintonia dei ricevitori di bordo” e poi continuava in inglese. 

 

Ero incantato da questa strana comunicazione, che a volte veniva ripetuta per interminabili minuti, io l’ascoltavo e cercavo di capire che cosa fosse, a che cosa potessero servire tutte queste ripetizioni dello stesso messaggio.

 

Improvvisamente la ripetizione si interruppe ed ascoltai la stessa voce: “Eugenio C, Eugenio C, qui Roma Radio ricevete?“ stavo impazzendo dalla curiosità mentre la pesantissima cuffia a 2000 ohm mi scivolava da una parte all’altra della testa, spaccandomela in due.

Con una mano mi reggevo la cuffia mentre con l°altra cercavo la miglior sintonia, continuando ad ascoltare emozionato quelle prepotenti e fortissime misteriose voci.

 Eugenio C, ricevete Roma Radio? La risposta di “Eugenio C” la sentivo tramite il duplex dal microfono di   Antonio di Folco, Uno dei Tanti superbi operatori di IAR, indiscussa compagna di tanti pomeriggi d’infanzia.

 

 Roma, Ottobre 2001, mi telefona Lino IZODDD  che esordisce dicendomi:

“Ciao Tony, vuoi visitare Roma Radio?”

Vi sembrerà sciocco forse, ma quella domanda per me è stata come un tuffo al cuore, era come ritornare indietro di 33 anni.

 

Mentre ero al telefono con Lino per fissare  l’appuntamento, i miei ricordi sono tornati indietro velocemente, in pochi istanti ho rivissuto parte della mia

giovinezza davanti alla vecchia radio grammofono ad ascoltare un mondo nuovo, a volare verso posti lontani con la mente, a partecipare alla vita della gente di mare, con le loro avventure che immaginavo fossero come quelle che

leggevo nei racconti di Salgari, che riconoscevo ormai ad ogni comunicazione, come se fossero stati miei amici da sempre.

 

È domenica mattina, arriviamo con IZODDD davanti al1”ingresso di Roma Radio, nella periferia nord di Roma, li si apre elettronicamente il cancello e le nostre macchine scivolano velocemente all’interno della zona presidiata, in

pochi istanti mi ritrovo sotto delle enormi antenne filari, sistemate sopra dei possenti ed alti tralicci bianchi e rossi, a fianco un edificio in stile “ventennio” dentro il quale scopro il cuore della mia “vecchia amica”, compagna di tanti pomeriggi di gioventù.

 

I convenevoli con il capo turno della stazione e poi la visita ai vari reparti: grandi ambienti in cui sono sistemate diverse postazioni radio, protette singolarmente da vetri anti rumore, una decina di operatori fonia svolgono il traffico con i marittimi sparsi nel mondo, mentre in un altro ambiente il reparto telegrafico, che è ormai tristemente quasi abbandonato, rimangono solo sei postazioni, di cui solo due sono presidiate da annoiati operatori che attendono l’ormai quasi nullo

traffico cw.

 

Un brivido d’emozione mi scorre lungo la schiena quando mi siedo davanti ad una di queste postazioni, con le mani tremanti inizio a girare la manopola della sintonia del ricevitore, dopo 33 anni si ripete il magico effetto, quello che ebbi quando per la prima volta ruotai la sintonia del mio vecchio ricevitore casalingo e iniziai a ricevere la mia amica IAR.

 

Vorrei stringere la mano a tutti, sono i miei amici di Roma Radio, forse tanti di quelli che ascoltavo non ci sono più, ma sono loro, i miei misteriosi amici di un tempo, coloro che hanno fatto crescere in me la voglia di radio comunicare, coloro che mi hanno insegnato inconsapevolmente a ricevere in telegrafia, dopo tanti “lanci” ascoltati in cw nel corso della mia giovinezza, dopo tanti bollettini meteomar, dopo infiniti ascolti di comunicati stampa per i naviganti alle velocità commerciali.

 

Era un appuntamento fisso per me, alle 14,30 di ogni giorno, con la mia vecchia radio grammofono e con le pesantissime cuffie di ferro e bachelite attaccate alle

orecchie, riempivo tantissimi fogli di carta per 30 minuti al giorno, cercando di migliorare in ogni momento la mia capacità di ascolto telegrafico, fino a che, un pomeriggio, iniziai come d’incanto a ricevere senza scrivere.

 

Fu un giomo di grande vittoria, scattò dentro di me un meccanismo strano: avevo imparato un’altra lingua. Il capo turno mi comunica che la stazione radio tra non molto chiuderà i suoi battenti.

Ormai, mi spiega, “le comunicazioni satellitari con semplici e piccoli radiotelefoni abbattono notevolmente i costi di gestione e tutto questo non servirà più”.

 

Quel giorno sarà come perdere una cara vecchia amica!

 

Grazie Antonio Di Folco, ringrazio te per tutti, grazie ai miei invisibili amici di Roma Radio per avermi dato la possibilità di entrare nel meraviglioso mondo delle radiocomunicazioni.

 

             IOGOJ Tony

 

 

 

 

 


 

 

La “Radiotelegrafia”, ovvero come il bacillo della Radio ti penetra profondamente e, senza volerlo, ti condiziona la vita, con la passione, come un adolescente innamorato.

 

Mio padre Giovanni che aveva fatto la guerra d'Africa da Bengasi a El Alamein, da studentello mi raccontava storie di radiotelegrafisti con radio tipo RF1 con antenne a cerchio.

Lui era solito ascoltare bollettini e broadcast varie con il ricevitore casalingo IMCA RADIO brevetti Filippa.

 

Era anche radioamatore, come antenna una molla spirale tesa dentro casa, quegli strani suoni per me inconprensibili ma affascinanti entravano con prepotenza suscitando interesse, allora avevo dodici anni  abitavo in un palazzo in città e di fronte abitava un mio amico e compagno di scuola e decidemmo di costruire delle radio  galena  tendendo come antenna un filo di bronzo fosforoso perchè dicevano che il bronzo fosforoso captava meglio le onde radio e fatte le galena con una bobina residuo bellico (che ancora si può vedere nel mio sito) ci attaccavamo entrambi alla stessa antenna, lui da un lato ed io dall'altro, quei suoni fievoli ed affascinanti non li ho più scordati, poi con il ricevitore casalingo IMCA iniziai ad ascoltare in AM i radioamatori, sulla scala detta parlante, nelle varie gamme erano segnati come DILETTANTI, con un mio vicino ex combattente che aveva un ricevitore Ducati AR18 ed esperto radiotecnico costruimmo un BFO da aggiungere all'IMCA per rendere udibile il cw e m’insegnò i primi rudimenti. Da allora la radio entrò in me come una bella donna nella mia vita. Aggiungemmo un BFO, un PRESELETTORE passivo per eliminare le frequenze immagini presenti, un MULTIPLER per aumentare la selettività, fino a costruire un trasmettitore telegrafico piltato a quarzo, limando un FT243 con un finissimo abrasivo per portarlo in frequenza da 6850 a 7002 khz, manipolando i catodi di due tubi RCA 6V6 ottenendo 5 w e con un nominativo in ..... prestito. Una notte in 40 m collegai il grande  KV4AA  Dich Spencerly Virgin island (ho ben 4 qsl).

 

Negli anni a seguire frequentai  l'Istituto Tecnico e nelle ore di laboratorio imparai molte cose. Ho costruito di tutto, ricevitori a reazione in VHF, rtx autoeccitati con finaline 6C4 2 w in VHF fino alle famose QQE-12-20-40.

 

Ascoltavo di tutto, dalle stazioni marittime costiere in OC 4-4mhz 8 -9 mhz Roma radioIAR peschereggi, navi, aerei, con un covertitore  le maglie radio delle prefetture in chiro e cifrato( era proibito).

Ecco perchè oggi uso apparecchiature HOME MADE ONLY CW.

 

Probabilmente sono rimasto un vecchio romantico, non a caso sono appassionato ballerino di TANGO ARGENTINO. Poi il periodo militare, destino volle che mi mandassero nelle Trasmissioni dell'Esercito dove appresi la

Telegrafia in maniera seria. Lì c’erano Marconisti, AT, Telescriventisti, Pontisti, Centralinisti, Radiomontatori. Il mio servizio era alla stazione radio con turni di due ore con una stazione SCR 399 BC 342 e TX BC610. Poi  arrivarono i Collins 388 URR ed il T.368 urt Collins, Beker Williamson con finale eimac 4-400-A dal quale ho scopiazzato i miei tx home made che uso attualmente. Il key non è piu il j47  ma non è cambiato molto. Ora dopo quarant'anni ancora pigio il tasto, ma penso sia comune a tutti i radioamatori, una sorta di predisposizione alla solitudine come tutti gli RT.

 

Ho raccontato piccole storie personali che il fiume della vita mi ha riportato alla mente.

 

        

             Silvano I2MDI

 

 

 

 


 

 

 

 

Su una nave la stazione radio era come la cucina, erano i centri di ritrovo dell'equipaggio.

 

Non far tefonare o mangiare male era la stessa cosa.

 

Spesso a bordo ho effettuato telefonate private al limite della comprenibilita' sotto qsa3 qrk 3  a causa dei fusi orari.

 

Una volta mi capitò un marittimo imbarcato a cui spiegai bene che la radiotelefonata non si sarebbe svolta in modo molto comprensibile e gli chiesi se avesse voluto telefonare lo stesso.

Mi disse di si,  parlò per quattro minuti abbondanti abbastanza bene. Alla fine della radiotelefonata  iniziò ad inveire contro l'operatore della stazione costiera che la ricezione era pessima (malgrado fosse stato avvisato di questo) e io, facendo da paciere, dissi all'operatore della stazione costiera che era una telefonata privata del radio operatore (noi non pagavamo la tassa di bordo, ma solo quella di linea e costiera).

 

L'operatore avendo intuito la problematica in quanto il duplex era rimasto inserito,  annullò la tariffazione.

 

Quel signore parlò 4 minuti, secondo me abbastanza bene, ma non pagò una lira.

 

Questi erano solo alcuni minuti di tante vicende giornaliere.

 

 

  Adolfo Brochetelli  IK1DQW

 

 

 

 


 

 

 

 

 

"QUEL CHE NON SI PUO’ DIRE, DEVE ESSERE TACIUTO”

 

Qualche tempo fa, il giornale locale, riferendosi a fatti della seconda guerra mondiale, pubblicava il testo dell’intervista alla mamma di un collega radioamatore che ora non è più fra noi.

Excursus storico su situazioni nelle quali è stato, pur bambino, protagonista internato nel campo di concentramento di Bolzano.

Questo fa affiorare alla memoria fatti e personaggi dell’epoca che, direttamente o meno, ho conosciuto.

Fatti e personaggi che (allora non ci pensavo) si ricollegano alla mia passione per la radio, era destinato così, complice mio papà che poi farà di tutto per indirizzarmi verso interessi più “normali”.

Non che non fossero normali i soggetti che ricordo, normali nell’ambito di una radiantistica normalità, fuori da alcuni schemi, stereotipati forse, che la gente comune si pone.

Ciascuno di questi aveva le sue particolarità, quelle originali, quelle buone, per altre non ho memoria, ecco quindi che una sera,  accompagnato da I2OKK,  mi trovo a casa di Ennio, già lo avevo sentito in radio alcuni anni prima. Ci riceve in veste da camera, un kimono ricordo, e nonostante  l’abbigliamento si dedica alla riparazione di… un ricetrasmettitore VHF? Un pezzo del Pippo?... Ricordo qualcosa ancora, lo shift fra ingresso e uscita era di 1,6 MHz.

Mi colpiscono l’organizzazione, l’ordine, l’efficienza, più che la sua competenza tecnica, peraltro, per sentito dire, già conosciuta.

I suoi movimenti sono rapidi, precisi, quasi frenetici, il suo discorrere più che fluente, mitragliante. Dalla conversazione fra lui e Carlo, (io silenzioso spettatore) apprendo di consulenze a ditte professionalmente famose, della costruzione di una attrezzatura per il collaudo delle antenne TV, di un metodo per il calcolo delle spaziature delle yagi.

Argomenti che in me, umilissimo meccanico “Sgagnäfer” (mangiaferro) con studi di radiotecnica da scuola serale, inducono un, se pur moderato, senso di invidia.

Acquistati nel 1964, da un elettricista suo fornitore, alcuni degli apparecchi di I1COG (Carlo Galimberti di Gambara) che si è dovuto trasferire in Etiopia, modifico, aggiungo, aggiusto, ed ecco che la mia stazione è pronta, proprio nel momento in cui arriva la sospirata licenza. Tutte le sere, a propagazione chiusa, QSO locali. Fra gli altri mi chiama I1COG…, ma non può essere lui! In una simile circostanza non potrei invocare l’ignoranza della situazione, non  rispondo quindi mi ritiro.

Rimango però all’ascolto del prosieguo del QSO fra il nuovo entrato ed alcuni concittadini.

“Mandami la QSL via diretta – I1COG, Ennio – Via Amba D’Oro 18 – Brescia”. Con queste premesse non poteva durare molto, qualche settimana dopo erano tutti inquisiti: il falso COG per abuso di nominativo, gli altri per aver intrattenuto QSO con un non autorizzato. Mi pare che tutto si risolvesse senza la famigerata cartolina grigia. (Cartolina grigia = sospensione della licenza)

Carattere esuberante, nel bene e nel male; racconta l’intervista come da bimbo, denutrito, rispondesse “merda” al carceriere che gli offriva un pezzo di lardo.

Questo episodio mi sembra parallelo a quello dell’altro bimbo, nella stessa epoca (anche lui abituato dalla famiglia ad esprimersi con decisione), che di fronte a due tedeschi di sentinella all’ingresso della chiesa delle Grazie grida loro “canaröss”, battendo il piedino destro. (canaröss = malvivente)

Trascinato via prontamente dal padre e da Beppe Genova che lo accompagnano.

Beppe Genova, che bella la sua bicicletta!

Non si è mai parlato in famiglia della particolarità del suo cognome e dei suoi capelli ricci, solo in questi giorni ci penso, mi stupisco ora della sua libertà di movimento in quel tempo di persecuzioni. Forse apprendista di mio padre alla Breda arrivava la domenica mattina sul presto, ascoltava la radio, restituiva alcuni libri, sceglieva libri, prima che ci si avviasse alla chiesa delle Grazie per la messa dove si incontravano amici: Giuseppe Dubbini, con officina di moto riparazioni dietro il palazzo dei sindacati; Beppe Falconi con suo figlio Gianni, mio coetaneo; Gino Rubini, armaiolo in Libia durante la guerra Italo Turca del 1911, era addetto anche alla riparazione di impianti radio.

Sono forse stati i suoi racconti che mi hanno fatto nascere la passione, i suoi racconti e le serate in cui arrivava in visita il dott. William Malavasi, quando chiuse le imposte, spento il lampadario centrale, si ascoltava “Radio Londra”, mia Mamma con l’orecchio teso, non alla radio ma alla porta; c’era stato infatti qualche problema con la politica, così come ancora ci sarà nel dopoguerra in un borgo dal colore un po’ acceso dove, pur cambiata la tinta, medesimi i metodi (forse anche alcuni uomini). Guai a chi non si uniformava. Malvisto e maltrattato, il mio compagno di scuola Claudio Giordano Lanza “El Tüter” perché figlio di una tedesca e del Prof. Giordano Lanza, direttore della Caffaro, epurato per i suoi trascorsi politici.

Non aveva amici, Claudio, neanche io ne avevo molti, ma il fatto di conoscere il dialetto e che mio padre (senza trascorsi politiici) fosse un gradino più in basso del prof. Giordano Lanza, mi rendeva accettabile.

Compagni di banco fin dalla seconda elementare, eravamo gli unici a non giocare a calcio. Il meccano, la pila di Volta, la dinamo della bicicletta i nostri interessi, questi presupposti ci avrebbero dovuto condurre a chissà quali carriere, così non è stato. Lui più bravo di me, diventerà un esperto autocostruttore, mago delle VHF, ma non conseguirà mai la licenza di radioamatore. (cadrà tragicamente da un traliccio negli anni ‘80).

Nostro faro la direttiva di I1TJ che osservavamo rotare dalla finestra della classe al secondo piano della scuola Alessandro Volta, in Via Gerre. Sandro Parisio, I1TJ abitava in Via Milano al n. 70 vicino a mia zia, frequenti quindi le visite alla sua stazione, non ricordo il suo ricevitore, ma ben fotografata nella mia memoria è l’immagine del suo trasmettitore, una consolle di colore bianco forse un apparecchio elettromedicale riconvertito. Di I1FE invece, Eugenio Rivolta, via Quarto Dei mille, fondatore e presidente della sezione ARI di Brescia (segretario I1TJ) ricordo solo il ricevitore, un Geloso che, data l’epoca, poteva essere un G207.

Sempre in Via Milano al n. 66 c’era il laboratorio di Renzo Cavalleri, I1FV dotato di un BC610 (600 W in AM).

Oltre alla due elementi di Sandro e Armando Parisio (si, la licenza era intestata a lui ma operava anche il fratello) sul tetto dell’edificio non si notava altro, forse I1FV usava una filare, magari una presa calcolata.

Solo dopo alcuni anni ho capito l’origine di quei sibili che si sentivano in onde medie… “zziuuk… uuik” erano forse i loro VFO mentre cercavano l’isoonda.

Non li conoscevo ancora, ma in Via Milano abitava I2BZN, in via Manzoni I2BAT, in via dei Mille I2HKA, nella cui famiglia era a pensione (lo apprendo dal Giornale di Brescia) il poeta Angelo Canossi.

Più tardi, allievo alla Francesco Lana avrò come insegnante di officina Renato Luisa, poi I2RD, successivamente nel tentativo di sottrarmi al mio destino di meccanico, lavorerò come radiotecnico nel laboratorio di Pino Masserdotti, poi I2GMR.

EPILOGO: ho incontrato il “canaröss”

Giugno 1998, mi trovo per lavoro in uno stabilimento tessile a Chemau, poche case nella foresta fra Pegnitz e Bayreuth (città natale di Richard Wagner).

Arrivo di domenica sera mentre i pochi avventori della locanda stanno godendosi in televisione Italia/Germania, i tedeschi ce le suonano, posso quindi senza tema,  manifestarmi per italiano.

Alle 7 del lunedì incontro i tecnici della tessitura, si definisce il lavoro da eseguire, poco più tardi mi si avvicina un distinto giovanotto di ottant’anni, Herr Schadlich, titolare dell’azienda, chiedendomi in uno stentato italiano: “E’ lei quello di Prescia? Perché, sa, io sono stato militare a Iseo fino al 1945". Mi racconta quindi della sua chiamata alle armi nel 1942 nonostante una menomazione alla gamba gli impedisca una andatura regolare, della sua destinazione a “Brescia” assegnato ai servizi di guardia. Fuori luogo porgli domande, del resto al momento non ci avrei pensato!

 

La sera che sono arrivati i vampiri.

Stavamo allestendo una batteria di pile Leclanchè io e Claudio, quel pomeriggio di maggio del 1948, soddisfattissimi.

Bagnandoci le dita si sente perfino la scossa!

Ormai passate le sei, rientrato mio papà dal lavoro, ricevuto il solito obliquo sguardo.

Un urlo, un sibilo, un rombo dal cielo, un’ombra passa sulla veranda dove stiamo lavorando, si corre fuori, si guarda in alto, cinque aeroplani volteggiano sopra di noi, cinque aeroplani senza elica.

Li avevo potuti osservare solo sulle fotografie della rivista Signal qualche anno fa e proprio ieri io e Claudio sfogliando “Scienza e Vita” ci eravamo interessati alle immagini di alcuni di questi aerei a reazione. Finora nei nostri cieli si era solo sentito il rombo di motori a scoppio e visto solo aeroplani con l’elica. In strada, con lo sguardo in alto, una folla che commenta, era da poco finita la guerra e penso ora, ci sarebbe dovuta essere preoccupazione, paura, ricordo invece  solo una atmosfera festaiola di curiosità, ciascuno commenta: Angil’, il contadino, contadino evoluto, esprime le sue opinioni ed è ascoltato con rispetto. Non ricordo i suoi argomenti, era comunque persona credibile.

Claudio ed io parliamo fra di noi, siamo dei competenti, l’abbiamo letto ieri dell’aereo a reazione, ma noi ci manifestiamo, siamo abituati a sentirci ridicolizzare!

“El gha molat na bomba”, ma la bomba toccata terra non scoppia, è uno dei serbatoi supplementari di carburante, caduti quasi tutti nella zona della Badia, allora pressoché disabitata. Gli unici grandi con i quali si può scambiare opinioni sono mio papà ed il sig. Vittorio Callidoni, assistente di laboratorio al liceo Arnaldo, mio fornitore di materiali scientifici, proprio ieri 10 vasi porosi, 10 elettrodi di carbone per le pile Leclanchè.

Mio papà anche lui ha sfogliato Signal (anni fa)  più “Scienza e Vita” ieri con me. El sior Vittorio poi ci racconta che alla biblioteca del liceo arriva una rivista  dell’Aeronautica Italiana dove è illustrato proprio “Il Vampiro”, aereo a reazione inglese con due code.

Nel tempo che vi faccio questi racconti, i sibili, il rombo, sono cessati. “j’e nacc zo al viuli” – Nom a èder”

Claudio deve chiedere il permesso di andare al Violino, mio papà ci accompagna. La piazza d’armi del quartiere Violino è affollata, in fondo, fermati dai filari di piante ci sono gli aeroplani, non distrutti, danneggiati per di più dai curiosi che partiti i piloti, aprono, smontano, staccano. Un giubbetto di cuoio, imbottito di pelo, è messo in vendita: “Sicsent franc”

Che gola mi fa quel paio di cuffie in mano a “giü dei sbandi”. Per possedere due auricolari spaiati dovrò aspettare ancora qualche anno. (Sbandi: quartiere di zingari stanziali)

                               

             

                I2RTF - Piero

           

 

 


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RICORDO DEGLI APPARATI DEGLI ANNI  ‘50.

 

Quando imbarcavo, il locale della stazione radio era sempre pulito (o abbastanza pulito), spesso era  anche ben illuminato.

Facevano bella foggia  sulla consolle integrata i vari apparati.

Sulle navi costruite nel nord Europa erano in genere delle compagnie radio Nera o Marconi o Face Standard.

Navi che erano state vendute dopo un decennio di utilizzo  e oltre ad armatori di bandiere di comodo , in genere, greci e italiani. In linea generale il complesso nave, pur avendo problema di vistose perdite di olio sui motori principali e paralleli con i generatori in sala macchine, in palncia o ponte di comando alcuni radar funzionavano a calci, ma erano navi robuste e si comportavano bene nelle tempeste.

In porto la nave, se era sprovvista di condizionatore d’aria, aveva sempre un oblò semichiuso bloccato dal suo chiavistello di sicurezza, cosi’ che la brezza marina entrasse insieme agli immancabili fumi proveniente dal fumaiolo e dagli estrattori di cucina.

Il primo passo del passaggio di consegne era sempre la contabilità’ radio, relativa ai radiotelegrammi e alle radiotelefonate trasmesse via IAR o via stazione estera, Heb (svizzera) e Pch (Olanda), o alle stazioni  costiere di destinazione dove la nave effettuava la discarica o la caricazione.

Ricordo che quando ero giovane  desideravo  fare più imbarchi, magari brevi per poter transitare da una nave all’altra e poter così cambiare il tipo della stazione radio.

Insomma su questa nave da carico, dopo tutte le prove effettuate come stabilito dal passaggio di consegna, mi ritrovai responsabile della stessa. In  genere in porto accendevo solo il ricevitore per controllarne la funzionalità e la precisione della scala parlante analogica. Usciti dal porto, il comandante era già sulla porta con il famoso quaderno dei telegrammi in partenza.  Accensione del trasmettitore principale, il solito alimentatore unico che alimentava i tre cassetti  onde medie grafia, onde medio corte rtf-am e le onde corte a1-a3.

Dopo pochi minuti, mentre tutte le valvole si iniziavano a scaldare, l’odore piu’ di bruciato che di valvola in riscaldamento si faceva più intenso. A quel punto,  buona norma era quella di spegnere tutto. Passo che feci immediatamente. Lasciai passare qualche minuto e riprovai. Stesso problema.

Dalle piccole ferritoie circolari protette da un vetro, osservavo velocemente senza notare alcun fumo o fiamme. Era solo quell’odore che gli apparati valvolari vetusti sanno emanare. Rinfrancato, inizio a chiamare prima su 500khz per dare il qto e la destinazione con prevista eta e poi, dopo, con manovra machiavellica, commutavo l’alimentazione sul cassetto delle onde corte, dove dopo una rapida sintonia, seguendo le famose tabelline di sintonia e la lampadina al neon posta sul tubetto di rame in un ventre di tensione, potevo regolare la minima corrente di assorbimento delle valvole finali con la massima uscita di Rf (plate / load/ wattmetro nelle classiche stazioni radioamatoriali).

Dopo l’iniziale chiamata, passavo a quella classica, finche’ non ricevevo l’agognato “de” a cui rispondevo  con il nominativo nave seguito dalla  frequenza di lavoro per poter trasmettere il traffico rt.

La problematica era che più l’apparato stava acceso più l’odore dei tubi termoionici riscaldati ed anche quello del trasformatore si facevano sentire. Inutile era metterlo in stand-by, era una manovra azzardata, perché la stazione costiera poteva chiamarti in qualsiasi momento. A quei tempi, la telegrafia era ancora molto usata e pertanto le navi in qry erano molte.  Una cosa che confortava era che sugli apparati c’era scritto servizio H24 o continuato.

La problematica di non aver l’aria condizionata nel locale RT si faceva sentire all’equatore.

L’umidità faceva cambiare  la sintonia dello stadio finale, anche spostandosi di pochi decine di chilocicli, e quindi bisognava volare dalla sedia, portarsi davanti al trasmettitore, premere il pulsante manual key e riprovare ad aggiustare il plate e il load.  Non effettuare questa operazione voleva dire portare lo stadio finale a risuonare fuori del suo range di impedenza, con conseguenze immaginabili alla lunga, anche se le valvole classe 813 erano dei veri muli da battaglia ed erano alimentate al massimo a 3000 volts, per avere una potenza media di uscita di 350 W, più che sufficiente per un collegamento radiotelegrafico.

Nella normativa ITU tutti gli apparati imbarcati sulle navi dovevano rispondere alla costruzione tropicale e classe F (resistenza all’umidità e al calore).

Era buona norma lasciare gli apparati in stand-by in quanto durante le soste nei porti tropicali, l’umidità era considerata fattore di rischio. Non ricordo, di aver mai avuto stazioni radio, dotate di scaldiglie per ridurre tal effetto o se mai fossero state previste come per i motori elettrici di bordo.

Devo dire che tutte queste esperienze mi sono poi tornate utili quando, terminato dopo quasi 14 anni il servizio in mare,  sono andato a lavorare presso una ditta tedesca con agenzia in Italia.

 

    

     Adolfo Brochetelli IK1DQW

 

 

 

 

 

 

 

 

                 

 

 

 

             NASSAU

 

Mi sono imbarcato sul ss Nassau il 10 Dicembre 1960 ed era il mio primo imbarco con la qualifica di giovanotto di coperta ma lo scopo del mio viaggio era di fare l’allievo rt. Andai a parlare con il Capo rt che si chiamava Efisio Tolu il quale mi accolse molto benevolmente ed il 15 Dicembre salpammo per New York dove giungemmo il giorno 23, in tempo per la crociera di Natale e fù cosi che conobbi la mitica America che, a quei tempi, era ancora un paese da favola. Ma vengo al sodo: la sera di Venerdi 3 Febbraio 1961, lasciammo New York diretti a Nassau nelle Bahamas per la consueta crociera settimanale;  siccome il tempo era pessimo e c’era nebbia, il Nostromo mi mandò di guardia ad estrema prua perché, prima di arrivare in mare aperto, dovevamo navigare per alcune ore nell’Hudson tra un viavai  di ferry boat che lo attraversavano e c’era il pericolo imminente di collisione. Verso  la mezzonotte venne l’ordine di andare a dormire e immaginerete la mia stanchezza ed il freddo subito (in coperta c’erano circa trenta centimetri di neve), caddi in un sonno profondo. Devo precisare che dormivo in un locale sotto il cassero di prua denominato “caserma” dove alloggiavano tutti i mozzi ed i giovanotti di bordo. All’improvviso fui svegliato da un fracasso altissimo ed un mozzo di Mazara del Vallo urlo: “Madonna Santa andiamo a fondo!” Il fragore era accompagnato da un rumore sinistro di lamiere che si contorcevano e un pioggia di bulloni mi cadde nella cuccetta. Li per li non mi resi conto di che cosa stava succedendo e mi sporsi un attimo all’oblo che avevo vicino, attraverso il quale vidi una nave, tutta illuminata, appoggiata alla nostra paratia. Non so, ancora, come abbia fatto a vestirmi cosi in fretta, ma in un baleno ero fuori e vidi venirmi incontro alcuni marinai che dal ponte di comando avevano visto bene come si era svolta la collisione e avevano temuto per la nostra vita dacchè la nostra prua era penetrata nel fianco della nave norvegese “mn Brott”. Fortunatamente non ci furono vittime, io mi recai in radio e il Signor Tolu ed il suo staff rt erano in attesa che il comandante desse loro l’ordine di lanciare l’SOS, anche perché, fra passeggeri ed equipaggio, c’erano più di mille persone a bordo; credetemi sono momenti concitati. Comunque l’SOS non fu lanciato ed il segnale di soccorso fu emesso, invece, dalla nave norvegese che aveva subito notevoli danni. Il mattino seguente rientrammo a New York ed andammo in bacino a Staten Island, noi ed i norvegesi, l’uno accanto all’altro. Ironia del destino, la collisione era avvenuta nello stesso punto in cui, nel 1956, era affondato, sempre per collisione, l’Andrea Doria e a bordo avevamo alcuni camerieri che avevano vissuto quell’esperienza e non si capacitavano come potesse essere accaduto di nuovo e nello stesso posto. Incredibile!  Un ultima cosa voglio dirvi. Il Nassau che era stato varato nel 1922 col nome ss Mongolia, poi ss Rimutaka nel 1938 ed ancora ss Europa nel  l950 e quindi ss Nassau nel 1951 aveva gia subito nel passato tre collisioni, un incendio grave ed era finito in secca nel porto di Anterwerp. Insomma un destino veramente avverso e terminerà  la sua esistenza finendo demolito ad Osaka ad iniziare dal 5 Gennaio 1965. Ma nel frattempo aveva ancora cambiato bandiera chiamandosi ss Acapulco, per una compagnia messicana; ma anche i suoi ultimi anni di navigazione, tra Los Angeles ed Acapulco, furono segnati da clamorosi incidenti. Io comunque ne serbo un bellissimo ricordo perché mi ha regalato delle giornate favolose trascorse sulle spiaggie delle “Islands of the sun”

 

      Franco Aledda  I5BYL

 

 

 

 

UNA IMMAGINE DEL NASSAU

 

 

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L'avevo a morte con la telegrafia!

Sì perché già a tredici anni trafficavo con il fantastico mondo fatto di voci e suoni della radio. La classica "gavetta" sulla CB ma poi il salto di qualità in HF è avvenuto solo parecchi anni dopo, proprio per la difficoltà di apprendere la telegrafia.

Ma si sa che tra odio e amore la differenza è sottile, affrontato il problema a testa bassa e superato l'esame è esploso un amore irrefrenabile per il tasto!

Un paio di anni più tardi nacque la mia seconda figlia Martina, tornai a casa la sera dall'ospedale, ancora con addosso l'emozione di ogni neo papà, accesi la radio e mi trovai in QSO con un altro OM con cui ovviamente finii a parlare della bella novità.

Terminato il QSO un bel segnale emerse dal QRM e qualcuno chiamò il mio nominativo facendomi gli auguri per la nuova nata, l'operatore aveva una manipolazione sicura e fluida, facile da capire anche per me che a quel tempo ero tutto tranne che esperto.

Ringraziai il mio corrispondente ma quando chiesi il suo nominativo mi sentii rispondere che, pur spiacente, egli non poteva identificarsi.

Seguì un breve scambio di saluti e lui trasmise una lunga serie di codici "Q", alcuni dei quali inusuali per noi OM e a me assolutamente sconosciuti.

Non ho mai saputo con certezza chi era il mio gentile corrispondente ma quella sera chiusi la radio con un'emozione in più, e con la fantasia che immaginava qualche operatore di bordo (si, ancora erano attivi) o forse un servizio di terra... chissà!

 

       

        Massimo Volpi  IK0ZTB

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

Negli anni 60 vivevo con la famiglia a Muggia (Trieste) ultimo paese Italiano prima di varcare il confine con la "allora" Yugoslavia, dato che mio padre era un Sottufficiale dei Carabinieri, lì trasferito per servizio.

 

Allora avevo 13 anni  quando cominciai a frequentare un gruppo di appassionati di speleologia. Si sa che Trieste con il suo Carso  e' un posto dove la natura ha fatto del sottosuolo un mondo a se.

Nelle varie spedizioni erano apparse delle radio trasmittenti portatili che usavamo per le comunicazioni. Io non avevo mai visto niente al riguardo e la cosa mi colpi' molto, tanto che cominciai a interessarmi con i colleghi piu' grandi della radio e di tutto quello che la circondava, forse uno, se non ricordo male, era un radioamatore.

Fu cosi' che per studio, dopo le medie, mi iscrissi ad una scuola professionale dove si sarebbe diventati, alla fine, dei radio tv riparatori. Nel frattempo cominciai a fare ascolto anche con una radio galena che mi ero costruito. Ricordo che attaccavo l'antenna alla rete del letto e al tubo dell'acqua.

Rientrati poi ad Arezzo, da allora mia sede, mi impiegai come tecnico riparatore presso una ditta di elettrodomestici dove, il caso volle, conobbi la donna che poi divento' mia moglie. Nel frattempo arrivo' l'eta' del servizio militare e dato che oltre alla radio ero molto appassionato di aviazione feci domanda per essere assegnato ai paracadutisti avendo sempre avuto un certo spirito di avventura. Fu cosi' che quando chiesero la mia disponibilità, sapendo che c'era la possibilita' di frequentare un corso per il brevetto di radiotelegrafista, non me lo feci dire due volte e cosi' mi ritrovai insieme ad una decina di colleghi al 6° battaglione trasmissioni di Bologna per un corso della durata di 3 mesi.

Chiaramente avevo gia' un po' maturato l'idea di diventare radioamatore e fu cosi' che una volta terminato il servizio militare, che poi avevo svolto come Radiotelegrafista presso la sala radio del  1°Reggimento Para' di Livorno, feci la domanda per sostenere l'esame per la licenza che, dato che conoscevo la Telegrafia, gioia e dolore di molti per affrontare l'esame, superai senza difficolta'.

Fu cosi' che acquistai un ricevitore Geloso G216 ed il trasmettitore lo autocostruii, sempre su schema geloso. Erogava  80/90 watts, ma ricordo che i qso piu' emozionanti sono stati prorio quelli dell'inizio. Nel frattempo mi misi in societa' con un amico ed aprimmo un laboratorio di radiotv riparazioni. La famiglia,il lavoro e le normali vicende della vita, mi hanno fatto operare in radio con alti e bassi, ma  dal 1970, quando ho preso la licenza, ho trasmesso come radioamatore convinto e appassionato del proprio hobby.
Alcuni anni orsono sono passato in pensione e questo mi ha dato la possibilita' di dedicarmi di piu' alla radio, ed e' qui che un giorno ho incontrato in un qso cw  IK5TSZ Patrizio.

Chi conosce Patrizio sa che persona sia, ed e' nato subito un reciproco affiatamento. Preciso che non sapevo neanche dell'esistenza dell'INORC quando nell'estate venne organizzato da Patrizio un meeting di telegrafisti,  vengo invitato a partecipare e non me lo faccio dire due volte.

Qui devo dire che davvero ho avuto la possibilita' di conoscere delle persone veramente  appassionate, collezionisti di tasti e abilissimi operatori.

Voglio citare Piero IT9PBR  cofondatore dell’INORC, Lino IZ0DDD, prima RT imbarcato e poi operatore di RomaRadio, Fabio IK0IXI grande collezionista di tasti Vibroplex, Eliseo IK6BAK anche lui un grande collezionista, e molti altri, insomma quanto di meglio ci sia nel nostro paese in fatto di Radiotelegrafia.

Cosi' mi fu data la possibilita' di far parte di questo esclusivo club al quale sono onorato di appartenere.
Mi sono poi dedicato negli ultimi anni, precisamente dal 2007 al 2010, a spedizioni DX in Mongolia dove ho trasmesso in cw dal Radioclub di Ulaanbaatar JT1KAA, oltre che da varie zone del paese insieme al mio amico JT1DN Nekhiit  e  JT1DA Enkhbayar, anche lui abilissimo RT come molti altri OM Mongoli. La telegrafia in quel paese e' molto praticata. (alcune foto sono su QRZ.com  JT1NOC).

Questa in sintesi e' la mia modesta storia di Radioamatore. Ancora oggi ho sempre una emozione quando faccio un qso in cw, so di appartenere a quella schiera di OM che hanno il  privilegio di saper usare la telegrafia come mezzo di comunicazione.

 

Come dice Italo I0YQX nella sua prefazione a questo sito: "non e' importante dove si puo' arrivare  ma e' il percorso quello che conta".


Io vorrei aggiungere che  il percorso, ognuno di noi, se lo costruisce secondo la sua capacità e dedizione.

Fa piacere vedere che ci sono giovani OM che si dedicano a questa disciplina. Questo fa ben sperare che la telegrafia viva ancora per molti anni a venire.

In ultimo voglio ringraziare Italo I0YQX e complimentarmi con lui per il suo bellissimo sito dedicato alla Radiotelegrafia........grazie Italo........73      

 

               Giampiero  I5NOC

 

 

 

 


 

 

 

 

 

“Galeotto fu il libro….”: per me iniziò proprio così la passione per la radio. A 13 anni (era il ’61), su un libro di scuola, una foto di una valvola termoionica, con una breve descrizione di ciò che la sua invenzione aveva rappresentato, fu per me folgorante!

 

Decisi che avrei frequentato l’istituto tecnico ad indirizzo Radiotecnica (era poi cambiato in Telecomunicazioni).

 

La mia attività però iniziò subito, con la lettura delle riviste periodiche dedicate all’elettronica. Iniziai con la radio a galena col suo tubicino di vetro e il baffo, sostituito poi da un OA81, aggiungendo in seguito una amplificazione BF con  OC71 e OC72 per ascoltare in altoparlante. Per l’antenna non c’era problema, fuori casa c’erano spazio e alberi; la terra era meno curata  ma tanto i segnali erano forti. Ricordo che la sera sentivo anche molte stazioni straniere.

 

Ormai l’interesse per la radio era diventato irreversibile e cominciai ad indagare sulle possibilità della radio di casa che aveva le onde corte. Sentivo  la sera, in AM, i radioamatori locali sugli 80 metri e le loro descrizioni di apparati, antenne e prove varie. Qua e là sentivo segnali telegrafici ma solo come “soffi”.  Il  primo acquisto  fu un ricevitore AR18 a cui modificai la sintonia per allargare la banda dei 40 metri (gli era dedicata quasi tutta la scala). Comprai da un rivenditore surplus un Tx  BC-459, credo, gli costruii un modulatore e fui pronto per uscire in AM ; qualche prova (qso) … la effettuai con successo!

 

Nel frattempo ad mio amico era venuta la stessa passione per le trasmissioni ed insieme decidemmo di sostenere l’esame per la patente. Quasi ogni giorno, per tutta una estate, facemmo esercizi di telegrafia con un oscillofono,  trasmettendo/ricevendo a turno gruppi di 5 caratteri, senza nessuna guida esperta, mirando al livello minimo richiesto,  40 car/minuto.

 

Superato l’esame per la patente, pochi mesi dopo, compiuti i 18 anni necessari per operare da una stazione propria, ebbi la licenza. Mio padre mi venne incontro, per l’acquisto di un ricevitore G4-214; per il trasmettitore risistemai un G-222 semi smontato, trovando i pezzi mancanti, e fui pronto per fare le cose sul serio. La voglia di parlare era tanta, usavo molto la fonia, ma mi resi subito conto delle possibilità della telegrafia che non abbandonai mai, anche se i  miei qso di allora erano quelli classici (rst, nome, qth,  pse qsl, saluti).

 

La banda dei 15 metri era aperta, con un semplice dipolo fold a sei metri da terra c’era da divertirsi! La mattina andavo a scuola, ma a volte mi alzavo una mezza ora prima per fare un qso; ricordo ancora l’emozione quando ad un mio CQ  in telegrafia rispose un OM dalle Hawaii. Quelli sono i tempi della mia “nascita” come radioamatore. Nei quaranta e più anni seguenti, fino ad oggi, ci sono stati periodi in cui ho potuto più o meno essere attivo, ed anche dieci anni di inattività completa, nel periodo con i figli piccoli, pur avendo la stazione funzionante. Ripresa l’attività, mi sono dedicato sia alla fonia che alla telegrafia, per poi optare, in modo pressochè esclusivo, per quest’ultima.  

 

      

          Roberto I1GIS

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

A volte, quando neanche te lo aspetti, in questa società contorta dove i buoni sentimenti sembrano non esistere più, siamo testimoni privilegiati di  ricordi, testimonianze e stati d’animo che hanno il potere di emozionarci.

 

L’amico Piero Begali I2RTF  e l’amico Silvano I2MDI mi hanno fatto pervenire, ognuno per suo conto e all’insaputa dell’altro, un tratteggio di quando fecero la loro conoscenza tanti anni fa.  

 

Credo sia giusto non tenere solo per me questi ricordi ma di farli conoscere.

 

Di seguito quanto hanno scritto i due nostri amici RT.    

 

 

 

Quando ho conosciuto Silvano  I2MDI.

Nel 1958 lavoravo come aggiustatore meccanico presso una ditta costruttrice di macchine per calze.
Addetto al montaggio delle teste, brave persone i titolari dell'azienda, goliardico il comportamento dei compagni di lavoro. Ottimo ambiente quindi.
Non c'erano piani di lavoro o disegni, si lavorava secondo l'esperienza ed informazioni verbali. Solo più tardi arriverà un disegnatore a pianificare la produzione, il mio compagno di scuola Massimo. "Era un asino, come avrà fatto a superarmi ?"
Pur se interessante il lavoro mi annoiava, avrei dovuto assemblare sei teste la settimana ma sempre avevo del tempo libero che impiegavo costruendo attrezzi che mi sgravassero dalle incombenze più noiose e ripetitive, il tempo libero quindi aumentava.
In una fila parallela ai banchi del montaggio si trovava il reparto "campionatura"  (collaudo finale delle macchine prodotte). Ogni qualvolta ci fosse un problema elettrico  sentivo gridare: "chiamate Silvanooo!!".
Si trattava di un elettricista esterno che interveniva secondo il bisogno, mia opinione quindi che questi fosse un uomo maturo pieno di esperienza, capace di risolvere i problemi più complessi, come erano in realtà.
Grande sorpresa quando, qualche anno fa, parlando con Silvano I2MDI, scopro come lui lavorasse presso una ditta che curava gli impianti elettrici delle macchine per calze.
Fornitrice di servizi di assistenza anche per la ditta F.lli Ongari dove io lavoravo.
Più giovane di me di qualche anno, era già all'epoca un mostro di esperienza.
Io frequentavo nel frattempo la scuola serale di radiotecnica e qualcosa credevo di sapere, mi  scappò quindi un giorno di suggerire la sostituzione di una catena programmatrice a dentini  con un nastro magnetico contenente le informazioni atte a comandare un elettromagnete. "Il solito Pierino" è stato il commento di tutti ed ho dovuto portarmelo dietro per anni.
Solo nel 1984, con tecniche più mature, sarei riuscito a rendere elettronica la programmazione delle macchine per calze, mediando anche informazioni dalla Giapponese "Nagata" che già aveva prodotto qualcosa di simile.
 

           Piero Begali  I2RTF

 

 

 

 

 

 

Ciao Italo

Piero Begali, I2RTF, è un caro amico e noto costruttore di magnifici tasti telegrafici e sponsor membro INORC, grande mago della meccanica di precisione, lo conobbi molti anni fa quando lavorava per un'azienda meccanica che costruiva macchine per calze di nailon, macchine esportate in tutto il mondo. In quel periodo ero studente, frequentavo l'avviamento industriale ma i pomeriggi dal lunedi al sabato lavoravo per una ditta di impianti elettrici ed in quell'azienda, allora in espansione, avevano bisogno quasi ogni giorno di continue riparazioni, di allacciamenti, di macchinari come torni, frese, rettifiche ed altro.

Cosi mi mantenevo agli studi, oltre alla moto, e la sera studiavo alternando nel tempo studio ed esperimenti radio.

 

Ricordo con piacere uno dei tanti accrocchi autocostruiti, era un ricevitore a superreazione con tre valvole, era stato publicato in una rivista del tempo, WOSTOK ricevitore per satelliti, avevo 18 anni, ora ne ho 68, troppi, e cosi con il WOSTOK ascoltavo aerei in volo, torri di controllo ecc. e come antenna un folded dipole di piattina 300 ohm sul tetto e con l'IMCA le onde corte.

 

Con l'amico Piero ci siamo persi di vista e ci siamo ritrovati da OM dopo il militare alla fine degli anni ‘60. Ora siamo buoni amici e vicini di casa.

Purtroppo ha nel suo podere tre grossi cani agguerriti e come mi avvicino sono guai.

 

Ho grande stima per l'amico Piero, per la sua capacità, tenacia e generosità. Ho un key Begali simplex regalatomi da lui e da un altro Piero I2BZN altro grande amico.

 

Piero I2RTF  predilige il tasto verticale ed i qso rilassanti, in passato amava i contest vhf a

differenza del sottoscritto da sempre RT schivo.

 

Complimenti Caro Italo, nel tuo sito ho letto magnifiche storie vissute, penso che ognuno di noi abbia innumerevoli storie, ma forse riemergono in stati d'animo particolari.

 

         Cari 73  Silvano   I2MDI

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

La mia passione per la telegrafia nasce da ragazzo quindicenne quando mi capitò tra le mani un libro di scuola di mio fratello maggiore che frequentava il Nautico, in quegli anni i frequentatori di quell’ Istituto dovevano imparare un minimo di telegrafia, ne volli sapere di più, mi copiai in un quaderno l’alfabeto Morse, lo studiavo con vera passione, mi informai circa l’attività dei Radiotelegrafisti sia a bordo che a terra, ricordo che solo la parola Radiotelegrafista mi affascinava e anche oggi che questo mestiere, viste le nuove tecnologie, è sparito, mi affascina ancora, fu proprio allora che nacque in me il desiderio d’imparare la telegrafia.
Visto il mio interessamento, mio fratello un giorno mi comunicò che presso la sua scuola era programmato un corso per telegrafisti della durata di sei mesi e che le iscrizioni erano aperte, non me lo feci ripetere due volte e corsi ad iscrivermi e così per sei mesi frequentai quel corso, uscivo di casa alle 19 e rientravo intorno alle 2330. Le materie erano ricezione - trasmissione Morse, elettrotecnica, radiotecnica e procedura radiomobilemarittima, mi applicavo con passione, per esercitarmi più spesso, mi costruii un cicalino con una vecchia radiolina e con i miei piccoli risparmi comprai un tasto e una cuffia, ho imparato a trasmettere con le vecchie macchine telegrafiche a corda. L’istruttore, lo ricordo ancora oggi con grande affetto e stima, era il Prof. Besson; ci seguiva con pazienza e a uno a uno ci correggeva, facendoci leggere sul nastro quando la linea o il punto erano troppo distanti tra loro o troppo vicini e si provava e si riprovava. Quando la sera finiva la lezione ero immerso in una montagna di nastro che dovevamo raccogliere in sacchi. Furono sei mesi bellissimi e a giugno sostenni gli esami che superai brillantemente, specialmente quello di trasmissione. L’entusiasmo che provai in quei giorni era tanto, così in me maturò che il mio mestiere sarebbe stato la Radio, lavorare in Radio.
Nel 1965 mi arruolai in marina come allievo Radiotelegrafista, allora ero un ragazzo molto timido, introverso e di riscontro trovavo molta difficoltà nell'inseririmi, i metodi di insegnamento erano diversi e più consistenti sia per le materie pratiche, ricezione e trasmissione che per quelle tecniche, radiotecnica, impiego degli apparati Radio e delle varie procedure Radiotelegrafiche, Radiotelefoniche e Radiotelescrivente, tra i miei istruttori c’era C°Mazzola (I7MZN) che ho incontrato in Radio diverse volte ora che sono Radioamatore, non nascondo che grande è stata l’emozione nel collegarmi con il mio istruttore, mi sembrava di esser tornato allievo e quasi mi venne la paura di sbagliare una battuta.
Iniziò cosi il mio lavoro, con fatica ero diventato RT e con orgoglio portavo la mia categoria sul braccio, posso dire di appartenere all’ultima generazione che ha impiegato il CW in Radio, a bordo di Nave Duilio dove sono stato imbarcato per quattro anni ho svolto sempre servizio in cuffia, c’erano dei mostri di Ricezione e Trasmissione, Campioni Mondiali in campo Nato, in quegli anni c’erano degli ottimi operatori in Trasmissione e posso dire che non eravamo secondi a nessuno neanche ai tanto decantati Americani, Inglesi e Russi, a noi c’è stato sempre insegnato di trasmettere mantenendo sempre una buona e costante cadenza a saper spaziare bene le parole tra l’una e l’altra e mantenere una velocità costante, si trasmetteva per ore e ore e un nostro istruttore di una grande umanità, parlo di C°D'Autilia, ci controllava e ci bacchettava le mani “tieni bene quel tasto, non zappare “ ci diceva, il tasto impiegato era ed è stato sempre quello verticale, che io uso tuttora, ormai tutti usano i nuovi tasti elettronici, automatici e semiautomatici, non metto in dubbio che sono più veloci più pratici, in quanto ti stanchi meno il polso, ma se usi il tasto verticale stai uscendo tu in aria è la tua firma, riesci a conoscere il corrispondente dalla sua battuta, col tasto verticale sei tu che fai il punto e la linea, che li unisci sino far un suono unico e se lo fai bene questo diventa una musica.
Ricordo la grande emozione che provai quando una notte, sempre a bordo di nave Duilio c’era da trasmettere un messaggio alla stazione di Roma, erano le tre del mattino, avrei dovuto chiamare il Capo Turno, in quanto giovanissimo operatore, avevo 18 anni, ancora non ero abilitato a tale servizio se non in accoppiata con un operatore più esperto, ma quella notte dentro di me decisi di fare tutto da solo, presi il coraggio a quattro mani, feci la sintonia sul trasmettitore che non era cosa semplice, un ANARC 32 1000 Watts di Potenza massima, sintonizzai il ricevitore sulla frequenza di Roma e preso il tasto iniziai a chiamare, ero molto emozionato ma andai avanti e quando ricevetti la risposta dall’operatore di Roma che mi dava QRV, avevo la fronte sudata, trasmisi il messaggio, il tutto durò una decina di minuti e terminato diedi il K, ci fu un attimo di silenzio poi ricevetti AS dall’operatore di Roma, e finalmente quando mi richiamò mi diede R R R AR, ci scambiamo il mitico ti ti che per noi non era previsto ma riuscivamo sempre a scambiarcelo in maniera furtiva. Quella notte provai una gioia incredibile, avevo superato un muro e così da quel giorno divenni Operatore RT. Il 90% del traffico si svolgeva in cw e quando dovevi trasmettere un messaggio o viceversa riceverlo, doveva avvenire nel più breve tempo possibile, quindi l’operatore doveva essere allenato a ricevere in qualsiasi situazione, disturbi di ogni genere, segnali deboli, evanescenti e se il mare era agitato dovevi fare i conti con la nausea i capogiri l’odore nauseabondo delle racate sui buglioli a fianco agli operatori, ti era consentito chiedere una due ripetizioni altrimenti ti arrivava il segnale “cambiate operatore mettete un operatore più competente” la stessa cosa o forse peggio quando trasmettevi male ti arrivava un QSD (la vostra manipolazione è difettosa) era umiliante ricevere questi segnali che ti marcavano per sempre, ed era poi duro risalire la china. Una volta non nascondo è accaduto anche a me, avevo avuto l’ordine di trasmettere un messaggio di una certa importanza a una stazione terrestre, era un aereoporto militare, il mio Capo Posto mi aveva raccomandato di trasmettere adagio in quanto il messaggio doveva essere trasmesso una sola volta senza ricevere eventuali richieste di ripetizioni, iniziai a trasmettere a una velocità moderata, diciamo lenta, la cadenza era buona, quando dall’altra parte ricevo il segnale di interruzione, una serie di punti e una linea continua trasmesso in modo molto nervoso, da quelle batutte si capiva il suo disapunto, interrompo la mia trasmissione e con mio grande stupore ricevetti il segnale “cambiate operatore mettete un operatore più competente” mi fermai sudavo freddo cercai di mantenermi calmo, capii subito che il segnale l’avevo ricevuto solo io, in quanto per fortuna il Capo Turno non stava monitorizzando, diedi un forte respiro, misi la mano di nuovo sul tasto e ripresi a trasmettere, ma a modo mio con la mia abituale velocità e cadenza, trasmisi tutto il messaggio, non ci fu nessuna interruzione, arrivai fino in fondo e quando dall’altra parte ricevetti la conferma di ricevuto strinsi forte il pugno e con grande soddisfazione comunicai che il messaggio era stato trasmesso e ricevuto. Quel giorno mi salvai con le mie mani, la fortuna volle che gli altoparlanti erano spenti, sarebbe stato tremendo e umiliante sentirsi dire “alzati dalla sedia e cedi il posto a un altro” con la conseguenza che quel posto me lo avrebbero tolto chissà per quanto tempo, invece continuai a stare su quella sedia e su quella frequenza come niente fosse accaduto, in seguito venni a sapere che dall’altra parte a ricevere c’era un maresciallo e sentendo una trasmissione lenta, giustamente aveva difficoltà nel ricevere. Questa è la prima volta che racconto questo episodio, e lo racconto con piacere, anche perchè è stato un bene per me, perché da quel giorno acquistai più sicurezza nei miei mezzi. Se l'altoparlante del Capo Turno fosse stato acceso, adesso raccontavo un'altra cosa.

  

    Piergiorgio Nonnis  IS0SDX

 

 

 

 

 

 

 

Visitando il sito di Lino IZ0DDD ho notato un suo scritto molto interessante che descrive la figura del moderno Radioamatore.

 

Mi piace proporlo in questa “sezione” del Sito

 

    

 


         Radioamatori  Moderni

 

 

Con l’avvento di nuovi strumenti sempre più sofisticati, l’O.M. moderno è costretto ad adeguarsi se vuol tenere il passo coi tempi attuali.

Oggi appena si accede nella propria Stazione Radio, la prima cosa che si accende è il PC. Alcuni ne mettono in moto anche due o tre contemporaneamente perché le cose da conoscere sono tante e tutte devono essere sott’occhio se si vuole essere pronti a cogliere l’attimo.

Occorre sapere com’è la propagazione nella nostra zona e come sarà fra qualche ora,  conoscere tramite i Radio Cluster chi è in aria, su quale banda e frequenza e da chi viene ascoltato, dare un’occhiata ai Radio Skimmer  per rendersi conto chi sta chiamando e dove e nel caso essere a conoscenza se il nostro segnale viene ricevuto e con quale intensità dalle stazioni automatiche che ci interessano. Insomma le cose che un radioamatore moderno deve sapere, per un semplice collegamento in CW sono tante.

Naturalmente il Log  elettronico che ci assiste, riconoscendo per noi il nominativo dell’eventuale corrispondente nel caso sia stato già lavorato, quando e su che frequenza, non può mancare, così come sempre più spesso si può scegliere di non far intervenire il tasto nella chiamata e/o nella risposta che si intende effettuare, basta schiacciare il pulsante preposto con la registrazione del messaggio precedentemente memorizzato e il gioco è fatto, oppure si usa la tastiera.

Perché perdere tempo cercando manualmente una stazione lontana, magari girando e rigirando la sintonia del ricevitore, cambiando continuamente gamma e antenne per poter collegare uno Stato che a noi manca, oppure una spedizione o una stazione rara? Questo si faceva una volta, ormai è preistoria, non lo fa più nessuno neanche il più sprovveduto.

Con l’aiuto del computer ci infiliamo in un bel pile-up e con “l’esperienza acquisita”, cercando di capire il modo di lavorare dell’operatore che sta dall’altra parte, ci sintonizziamo in split pronti per ricevere il bellissimo 599 tanto agognato. E’ una gara all’ultimo sangue tra noi e quanti stanno chiamando la stessa stazione da tutto il mondo.

E’ tutto lecito, ogni trucco è ammesso, ogni potenza, ogni antenna, tanto chi ci controlla? Poi, a volte, anche dopo qualche ora, a seconda della fortuna o dell’esperienza acquisita, ecco che si fa centro.

Ho letto poco tempo fa su un Forum di telegrafia, che un grande esperto di queste cose spiegava ad un principiante, che collegare delle stazioni attivate da squadre di specialisti, in regioni lontane, non è certo una passeggiata. Occorre esperienza, pratica, in sostanza occorrono le palle altrimenti non ci si riesce. Mi chiedo, che tipo di “palloni” dovevano avere coloro che, nel passato e quindi senza internet, riuscivano lo stesso a fare questi collegamenti?

Comunque oggi ci sono parecchi O.M. con ottime stazioni e ancor meglio antenne, che fanno tutto per gli amici, anche collegare la stazione interessata usando un altro nominativo, il tutto per poter mostrare a tutti, sempre sul PC, il LOG dove risulta il QSO effettuato.

Comunque sia è un divertimento, una gara dove di solito vince chi ha di più sia mezzi e sia fortuna,. la competenza, quella la lascerei all’ultimo posto anche se non può non esserci.

Un’altra gara molto interessante è il Contest. E’ talmente interessante e sentita che non c’è fine settimana che non ve ne sia uno. Ormai i Contest solo all’ordine del giorno, si fanno per qualsiasi cosa, anche per la festa del proprio paese, magari di poche centinaia di persone. Che importa? Quello che conta è la gara, la partecipazione, il misurarsi con gli altri, avere punteggio e forse anche la vittoria. Tra la ricerca delle stazioni rare, i collegamenti con le spedizioni create apposta per questo, i vari Contest, il radiotelegrafista moderno non ha quasi tempo per dei semplici QSO come si facevano una volta. Ormai le chiacchiere si fanno via SKYPE o si chatta con altri software appositi, magari mentre insieme con gli altri si cerca di “centrare il bersaglio”, succede in pratica quello che accade oggi in genere fra gli amici che abitando magari in quartieri differenti della stessa città, si incontrano sempre meno frequentemente DE VISU, magari davanti ad una bella pizza. Purtroppo il tempo è quello che è, fra  bambini piccoli,  genitori anziani, le riunioni di condominio ecc. si preferisce inviare un bel SMS, fare una telefonata magari rimandando alla prossima occasione l’incontro di persona.

Eppure, nonostante tutto, anche se sempre meno, qualcuno ancora si trova pronto a fare un semplice QSO. Il radioamatore può scegliere di attivarsi in diverse modalità di esercizio, alcuni poi, essendo poliedrici, riescono ad interessarsi a tutto o quasi. Esperti in ogni attività, in ogni settore sia nel CW, in SSB, RTTY  e chi più ne ha più ne metta. Altri invece preferiscono dedicarsi ad una sola attività o comunque a pochi settori del radiantismo.

 

Per quanto riguarda il CW, anche se può sembrare riduttivo esprimersi solo in questo modo, conoscendolo bene, entrando nel mondo del CW, ci si rende conto che in realtà all’interno di questa attività c’è tutto un universo da scoprire. Per questo motivo probabilmente alcuni operatori non hanno interesse ad andare oltre il “semplice” CW,  già trovano nel suo interno ogni soddisfazione.

Purtroppo non tutto oggi va come dovrebbe, infatti il mondo esterno influisce comunque con il piccolo mondo amatoriale del CW, la fretta, la velocità, sembra essere l’unica maniera giusta per farsi avanti nel CW. Prima, e parlo solo di pochi anni fa, c’era ancora la radiotelegrafia marittima con tutte le stazioni radio costiere ben attive che, in un modo o nell’altro, erano un punto di riferimento per i novizi che prendevano a piene mani quanto ascoltavano, ora, essendo scomparso quel mondo, i radiotelegrafisti alle prime armi sembrano smarriti. Sono alla ricerca di un faro che li guidi e li istruisca nel piccolo ma complesso mondo del CW e non trovandolo, vengono attirati da coloro che, già esperti si trovano sulle frequenze amatoriali. Purtroppo non c’è altro mezzo per poter imparare se non buttarsi nella mischia dopo aver appreso in qualche modo i rudimenti  del CW tanto amato.

I novizi, affacciandosi sulle bande amatoriali, vengono colpiti dalla possibilità di poter collegare stazioni lontane e quindi si adoperano con i vari software che indicano come e dove possono riuscire ad ascoltare tali stazioni. D’altra parte poter dire di essersi collegati con la Cina, la Nuova Zelanda o addirittura con un’isoletta sperduta nel Pacifico riempie d’orgoglio, senza contare la soddisfazione personale. Il QSO che ne deriva è quanto di più semplice esista al mondo, basta riuscire a sintonizzarsi in ricezione sulla frequenza interessata indicata dal Cluster, predisporre la frequenza di trasmissione di qualche kilohertz, di solito superiore, e quando si sente che la stazione è in ascolto, iniziare a manipolare il proprio nominativo radio. Se si riesce a farsi sentire, tutto il QSO consiste nel trasmettere 599 e al massimo un 73. Tutto fatto! Si mette a Log il collegamento effettuato e nel caso si scrive anche la QSL inserendo almeno due dollari dentro la busta se si desidera una risposta di conferma.

A forza di fare questo tipo di collegamenti si riesce a trovare una dimestichezza tale da diventare molto competenti in questa materia, ma non per quanto riguarda altri tipi di collegamenti, come per esempio la classica chiacchierata in chiaro.

Purtroppo riuscire a fare quattro chiacchiere per un novizio è molto complicato. Sia perché ciò presuppone una conoscenza del  CW notevole e sia perché è difficile trovare corrispondenti che siano disposti ad eseguire un QSO in maniera molto lenta.

Sento sempre lamentele in questo senso: “correvano come treni, impossibile stargli dietro”. Tutto ciò naturalmente è sempre accaduto, da sempre i novizi hanno trovato difficoltà a seguire coloro che ormai avevano acquisito esperienza, però prima potevano trovare aiuto magari ascoltando i vecchi collegamenti dei professionisti. Capitava spesso di sentire una trasmissione molto lenta, forse causata da difficoltà di collegamento e tutto ciò era oro per il novizio che doveva imparare, però mancando la radiotelegrafia marittima, i novizi adesso, devono obbligatoriamente imparare con i soli radioamatori, che di solito pensano più al proprio divertimento che mettersi a fare didattica. Perché l’hobby che cos’è in fin dei conti? Una distrazione, un piacere, un passatempo, ecco cos’è. Senza contare che oggi, in virtù della frenesia, della fretta e anche dalla voglia di mettersi in mostra, è veramente difficile trovare un QSO di radioamatori che manipolano a velocità medio-bassa.

Oggi, c’è competizione anche in un semplice collegamento, anche per dire che tempo fa nella propria zona, occorre trasmetterlo con grande velocità, e questo non perché non ci sarebbe il tempo necessario per farlo più lentamente, assolutamente, solo per dimostrare al corrispondente e anche ai numerosi ascoltatori, quanto si è bravi e capaci nell’uso della manipolazione veloce che impropriamente viene chiamata QRQ. E’ ormai assodato (per taluni) che velocità vuol dire bravura. Qualcuno ha messo in testa alle nuove leve che si è bravi solo se si corre, altrimenti non c’è gusto. Riuscire ad arrivare a livelli altissimi dà comunque una esclusività che pone i velocisti come se fossero sul monte Olimpo, come se fossero Dei  a cui tutto è permesso, mentre i comuni mortali devono accontentarsi di “zappare” a velocità medio-bassa sognando un giorno di poter salire fino alla vetta dell’Olimpo.

Purtroppo questi radioamatori moderni, penso solo italiani, perché si tratta di uno sparuto gruppetto con la mania della velocità che imperversa solo su alcune frequenze ben definite, pontificano in tutti i modi che la radiotelegrafia vera è quella che fanno loro. Ci sono è vero tra costoro che professano il “QRQ”  anche personaggi che non disdegnano di alternare alla velocità, anche l’uso di altri tasti e quindi, per ovvi motivi, rallentano di molto la velocità di esercizio, però la maggior parte spinge gli allievi e i novizi a cercare, innanzi tutto, ad andare più veloci possibile. Quest’ultimi impressionati dalla velocità con cui questi esperti riescono  a manipolare, seguono ogni loro direttiva sperando di raggiungere presto un risultato simile, sognando di arrivare anche loro a correre, correre ed ancora correre. Sui forum si leggono tante cose a questo proposito, cioè che una volta imparato il CW non resta altro da fare che buttarsi nella velocità.

Continuano dicendo che è proprio nell’uomo il desiderio di misurarsi con gli altri, è proprio dentro di noi la voglia di provare l’ebbrezza della velocità, da sempre infatti l’uomo si è spinto sempre più in là, è assurdo pensare che un uomo possa accontentarsi di restare al palo, di fermarsi, di non competere, un’idea assurda solo pensarlo. Come si può, infatti, rimanere per anni, sempre ancorati alla stessa velocità, quale piacere può esserci ad addormentarsi nel ricevere e trasmettere alla velocità (chiamiamola così) commerciale? Invece bisogna sforzarsi di andare oltre, sempre più in là, oltre i limiti, oltre il possibile. Come se il semplice camminare, la semplice passeggiata poi venisse a noia, bisogna mettersi a correre, altrimenti ci si addormenta.

Ma non è tutto, infatti, adesso ho scoperto che  molti miei ex colleghi R.T. ed io stesso, non tutti però, non siamo  radioamatori, malgrado il nominativo radio e malgrado si sta spesso in aria. Siamo semplicemente operatori radio, gente che ha speso una vita  con la radio, sulla radio e per la radio, ma sempre malvolentieri. Eravamo costretti a lavorare e sinceramente non vedevamo il momento di smontare e chiudere tutto. Vuoi mettere invece un amatore della radio? Uno che si sacrifica per lei, uno che la ama appassionatamente, uno che tutto farebbe, anche notti in bianco. Come rispondere a simili concetti? Forse facendo presente che l’operatore radio può fare il radioamatore, mentre il radioamatore non può fare l’operatore radio, non per incapacità, soltanto perché quel mondo, quel modo di operare è finito. Come si fa a scrivere di cose di cui non si conosce niente?  Come si fa ad affermare, scrivendo e firmandosi che le cose stanno esattamente così? Bisognerebbe aver almeno conosciuto quel mondo, aver operato, averlo vissuto. Solo fumo, nient’altro che fumo.

Senza contare che ultimamente il sentimento predominante nei vecchi R.T è l’invidia. Sicuro, i dinosauri, buoni solo per una buona casa di riposo, sono invidiosi dei radioamatori moderni che volano addirittura nell’etere. Noi “vecchi cammelli”, non possiamo in nessun modo aspirare a tanto, siamo ancorati al nostro mondo antico, alla carta e alla penna, scriviamo, come possiamo quindi elevarci a velocità superiori? Sono tanto convinti che forse ci credono veramente a quello che scrivono e dicono nei QSO, eh si perché forse credendo di non essere ascoltati a quelle folli velocità  dicono certe cose….. Vorrei in breve chiarificare alcuni semplici concetti.

La radiotelegrafia è una forma di comunicazione, semplice, facile, che è stata utilissima, anzi indispensabile per il mondo marittimo ed aereo. Come sempre succede quando una cosa diventa importante e l’uso diventa fondamentale, divulgandosi in tutto il mondo, la sua stessa natura viene interpretata a secondo delle esigenze diverse che possono intervenire. Così  in alcuni settori, il CW si è anche prestato ad  una forma di agonismo per rendere più accattivante il suo uso, instaurando competizioni varie.

I campionati regionali, nazionali, europei e mondiali, di alta velocità, si sono sempre svolti. Non è certo una novità di questi ultimi anni! Il tutto però rimane nell’ambito delle gare, delle competizioni, che niente avevano a che fare con il lavoro di ogni giorno, per quanto riguardava il servizio commerciale o il servizio militare o il puro divertimento nell’ambito dei radioamatori sia di ieri che di oggi..

Una cosa è prepararsi per effettuare una competizione e perciò incrementare la propria velocità di ricezione e di trasmissione e un’altra cosa è diffondere come “l’unica cosa buona e giusta” che, se non si raggiungono dei livelli velocistici, si è buoni a nulla.

Come già scritto in un mio precedente articolo (IL CW OGGI), l’abbandono delle attività commerciali e militari hanno di fatto reso il CW molto più semplice. Infatti non essendo più  indispensabile scrivere quanto si riceve, perché non bisogna presentare a nessuno ne radiotelegrammi, ne bollettini meteo, ne avvisi ai naviganti, ne articoli di stampa, si può tranquillamente aumentare la velocità di esercizio anche se con essa di solito si commettono più errori. Normalmente con i tasti automatici si discorre tranquillamente oltre i 150 c.p.m  mentre con gli altri tasti, come i verticali o i semiautomatici la velocità scende di parecchio. Nessuno vieta a chi è predisposto o semplicemente agli amanti della velocità di andare oltre, ognuno è libero di fare ciò che più gli piace, naturalmente senza denigrare chi invece preferisce limitarsi all’uso di velocità più basse oppure a tasti manuali che non permettono di andare a Mach 3.

Un altro concetto che vorrei mettere bene a fuoco è proprio l’uso dei tasti verticali che alcuni radioamatori adoperano. La maggior parte degli amanti di questi tasti sono ex professionisti sia civili che militari. Hanno imparato dagli istruttori come fare e poi hanno continuato durante il loro mestiere, però esistono anche degli autodidatti che si sono innamorati di questi tipi di tasti arcaici. Il loro piacere è comunicare alla vecchia maniera, sentire la musica che il vecchio tasto produce.

A loro non importa correre, perché poi? A quale scopo? Oggi, da alcuni radioamatori moderni, costoro sono considerati quasi dei principianti, anche se hanno alle loro spalle anni e anni di esperienza. Questi radioamatori appena sbocciati, che riescono a correre, magari inciampando spesso quasi ad ogni parola, che non conoscono quasi la cadenza, spesso mozzicando caratteri o addirittura saltandoli, senza correggersi quasi mai, cercando in tutti i modi di andare il più veloce possibile diminuendo anche lo spazio tra carattere e carattere, rendendo la propria manipolazione la più attaccata possibile, quasi marmellata pur senza esserlo, se non con qualche carattere che si sposa molto bene come MA che diventa Q oppure MI che diventa Z per non parlare poi della doppia T seguita da O, credono di essere migliori, più bravi  degli “zappatori” che “arrancano” con il verticale. Ancora una volta confondono la competizione con il fare semplicemente radiotelegrafia. Purtroppo la colpa non è solo la loro, ma specialmente di chi ha inculcato loro che per essere bravi occorre essere corridori.

C’è da dire che i radioamatori in genere sono autodidatti, imparano a trasmettere e a ricevere praticamente da soli. Certo chiedono a chi è più esperto, si informano ma, in definitiva fanno tutto da soli. La maggior parte non si rende conto del livello di preparazione che hanno raggiunto perché non hanno un istruttore vero che li controlla e li segue, quindi appena riescono a ricevere in qualche modo con i vari software, subito si buttano nella mischia per effettuare qualche QSO. Giustamente non hanno altra via per imparare, però questo li mette in difficoltà a causa delle manipolazioni manuali che inevitabilmente ricevono sulle varie frequenze.

Purtroppo non tutti riescono ad esprimersi in forma corretta, non siamo tutti uguali, quindi il novizio ascoltando il Morse con parametri molto approssimati e con velocità probabilmente superiori a quelle a cui è abituato, entra in crisi demoralizzandosi. Se poi gli operatori non manipolano tasti automatici, quelli che in qualche modo aiutano a rientrare nel protocollo Morse, ricevono sempre meno e sempre con maggiori inconvenienti. Questo è sempre avvenuto, e anche per i radioamatori moderni le cose non cambiano. Forse però oggi una differenza c’è rispetto al passato, infatti i tempi moderni costringono ad ottenere tutto e subito. Ottenere il massimo col minimo sforzo. Perché perdere tempo a “zappare” col verticale quando con un bel paddle si manipola presto e bene? Tanto più che i radioamatori moderni predicano proprio questo – Lascia la zappa è uno strumento di altri tempi, non potrai mai andare bene e veloce, mentre con il paddle…..poi diventerai bravo e veloce come me in breve tempo -. Quale ragazzo oggi si sacrificherebbe a fare esercizi continui per sciogliere il polso e acquistare una certa cadenza con il tasto manuale, quando in quattro e quattr’otto potrebbe “volare” con l’automatico?   Sempre meno infatti si trovano persone che “viaggiano” a scartamento ridotto con i vecchi tasti, a meno che non si parli dei vecchi operatori.

Ritorniamo sempre sul tema velocità, dove più velocità significherebbe più bravura. Questo è anche vero, non si raggiungono certe velocità  se non ci si applica e non ci si allena continuamente. Naturalmente il tempo per arrivarci varia a seconda della predisposizione, dell’impegno e della volontà. Certamente non è facile arrivarci bene, senza commettere ne troppi errori ne troppa “marmellata”. Però la bravura non è data solo dalla velocità e poi in definitiva ognuno si esprime come può e con i mezzi che reputa più opportuni.  Proprio perché si è nel mondo amatoriale e non in un mondo di professionisti dove occorreva fare traffico, far “pezzi”, come si diceva in gergo. L’importante nel mondo attuale della radio è il divertimento, la passione e la sensazione che si ha nell’ effettuare un QSO  di qualsiasi genere.  Se si dovessero tener conto solo delle cose moderne, gli amanti delle vecchie radio surplus dovrebbero nascondersi e cosi tutti coloro amanti delle cose classiche e tradizionali.

Dicevo prima che i novizi quindi, trovano difficoltà nel ricevere operatori che adoperano i verticali oppure i semiautomatici. Non capiscono e non solo alcuni novizi, ma anche esperti operatori amanti dei paddles, perché mai costoro che usano  questi “ferri vecchi” insistono a manipolare in maniera quasi incomprensibile, accontentandosi di trasmettere ad una velocità tutto sommato bassa mettendo in difficoltà coloro che, in definitiva non hanno molta pratica e che producono certi suoni non conformi a quanto stabilisce il Morse. Certamente qualche rara eccezione esiste, infatti, qualcuno riesce ad andare discretamente bene con i manuali ma, nel coro degli “stonati” uno intonato neanche si calcola. Si può spiegare una passione? Si può descrivere cosa si prova mentre si guarda un quadro o si ascolta una certa musica,  o si scala una montagna o…..mille altre cose? Difficile spiegare, però un appassionato in un campo, non dovrebbe avere difficoltà a “capire” l’interesse di un altro per cose che a lui non interessano, d'altronde si tratta pur sempre di passione. Eppure parecchi vedono solo la loro “passione” come l’unica buona, l’unica che valga la pena di praticare.

Colui che si diverte ad andare con un tasto verticale lo fa unicamente per il piacere che ne ricava. Trasmettere con un tasto simile è in realtà una fatica rispetto ai tasti automatici. Occorrerebbe un esercizio giornaliero continuo e un controllo sistematico della propria manipolazione che purtroppo oggi nessuno o quasi, può fare. Eppure, malgrado la difficoltà, coloro che continuano imperterriti a preferirli agli altri o comunque ad adoperarli si sentono più in comunione col Morse, come se fossero un tutt’uno con quanto stanno facendo, come se, per il semplice fatto di manipolarli completamente da soli e senza aiuto alcuno degli automatismi,  hanno la possibilità di esprimere tutto ciò che hanno dentro. Perché, e questo molti operatori moderni non lo sanno, la radiotelegrafia non è solo un modo per comunicare un messaggio, è anche la maniera per scambiarsi sensazioni. Ma tutto questo è sconosciuto per gli amanti della TAV, loro interpretano quanto stanno ricevendo  a prescindere dalla maniera di manipolare, basta che sia veloce, il più veloce possibile.

Altri operatori preferiscono fra tutti i semiautomatici, che come si intuisce sono una via di mezzo tra i manuali e gli automatici. La caratteristica principale consiste nella trasmissione automatica dei punti mentre soltanto manuale per le linee. Ne viene fuori una manipolazione che potrebbe anche essere molto precisa se l’operatore si applicasse sforzandosi di stabilire il classico rapporto 3 a 1  (tre punti equivalgono ad una linea)  però a seconda della velocità che desiderano raggiungere, man mano che si va più velocemente, è sempre più difficile controllare questo rapporto. Di solito gli amanti di questi tasti non  desiderano manipolare il “BUG” come se fosse un automatico, infatti quello che piace soprattutto a loro è il suono che produce mentre lo manipolano senza star troppo attenti al classico rapporto citato prima. Il suono caratteristico reso dalle linee più lunghe rispetto ai punti lo contraddistingue rendendolo caratteristico rispetto a tutti gli altri tasti. Ci sono poi degli operatori che addirittura deformano il rapporto suddetto in maniera esagerata provocando un suono molto musicale ma completamente fuori da ogni protocollo Morse. Quest’ultimi operatori si rendono benissimo conto di quello che stanno facendo eppure non fanno niente per correggere la loro manipolazione perché in definitiva, a loro piace così. E’ una caratteristica propria dei possessori dei semiautomatici. Naturalmente non tutti si comportano allo stesso modo, altri infatti, si sforzano di andare per quanto è possibile con il rapporto canonico anche se, un orecchio esercitato, nonostante gli sforzi fatti per andare al meglio, coglie sempre la “voce” del tasto impiegato. Naturalmente non tutti sono capaci di manipolarlo, tanti operatori sono un vero disastro, non hanno “orecchio” per tale musica, però questo si può dire per tutti gli altri tasti compreso il tanto decantato paddle. Alcuni riescono a rendersi incomprensibili perfino con quest’ultimo.

Probabilmente fra qualche tempo i Radioamatori moderni passeranno alla tastiera, più veloce, più precisa e meno impegnativa, contenti loro…..

Prima mi riferivo ai radioamatori poliedrici che si dedicano a molte attività amatoriali, a coloro che hanno tempo, voglia e passione, a persone predisposte, a fenomeni quasi extraterresti, però esistono anche altri radioamatori che non sono poliedrici, che hanno poca predisposizione, che non hanno tempo da dedicare al loro hobby, non quanto vorrebbero almeno e che non sono fenomeni, ebbene ognuno fa quello che può, come può. Non tutti possono essere bravi o bravissimi, non tutti possono essere al top e allora? C’è da condannarli? Ma non facciamo questo per divertirci? Fra i radioamatori di ieri e di oggi ci sono un’infinità di personaggi che spaziano in tutta la gamma dei mestieri, delle professioni, dal più umile al più prestigioso. Ci sono ricchi,  poveri, intelligenti,  stupidi ed ignoranti . Come ho scritto prima, ognuno fa quello che può, dove sta scritto che per essere un radioamatore bisogna essere per forza uno studioso, uno scienziato? Certamente nella categoria ci sono anche questi personaggi che hanno dato ed ancora danno lustro, ma non tutti possono essere persone tanto prestigiose. Fra gli amanti della radio ci sono anche alcuni che, nonostante abbiamo lavorato nell’ambito delle telecomunicazioni, specialmente in CW, non si sono affatto stancati tanto da abbandonare il mezzo che hanno usato per tanti anni, anzi hanno continuato ad adoperarlo diventando dei radioamatori, cioè come dice la parola amanti della radio. Naturalmente il mondo dei professionisti non è certamente quello degli amatori, tante cose sono differenti, un mondo nuovo con tante sfaccettature e cose da scoprire che in principio hanno sorpreso l’ex professionista per la vastità degli interessi che la radio, in questa nuova ottica offre, pur con tutte le sue contraddizioni, però sempre molto affascinanti.  Mi piace e contemporaneamente mi sconcerta  nel mondo amatoriale,  la ricerca continua  verso qualsiasi cosa, anche per la cosa in più. La migliore antenna, il migliore apparato, il miglior tasto, insomma come il classico pescatore che ha pescato il pesce più grosso o il cacciatore che ha preso più cinghiali. Occorre sempre essere un passo davanti agli altri, essere più bravi, migliori. Spesso poi basta far finta di esserlo, molti infatti  preferiscono apparire che essere, come in ogni ambito, anche nel mondo amatoriale piace mettersi in mostra. Naturalmente  se non ci fosse la continua curiosità tutto si fermerebbe, ma per fortuna malgrado i nuovi mezzi per comunicare, primo fra tutti internet, ancora il vecchio CW resiste e affascina.

A volte però ho dei seri dubbi che alcuni radioamatori lo facciano veramente per passione, dubbi molto seri. Mi sembra che credano di essere su un palcoscenico a recitare la parte di una commedia, una commedia buffa, anche se  loro credono sia una cosa seria e che alla fine, gli applausi  che ricevono, soltanto dai loro amici, li credono ovazioni assordanti  che li ripaga del grande tempo speso per cercare di essere sempre protagonisti. Per loro sfortuna, non riescono ad essere altro che delle semplice comparse.

 

Natale Pappalardo op. Lino Febbraio 2011

 

 

 

 

 


 

 

 

L'amico Eliseo IK6BAK, a seguito di mie reiterate richieste mi ha finalmente inviato alcune note circa il suo percorso nel campo della Radio raccontandomi quanto segue:


Classe 1959, agli inizi degli anni '70 iniziai a giocare con un paio di Walkie-Talkie CB, 2 canali quarzati e pochi mW in antenna.

Regalo di uno zio che allora lavorava in Libia ed  aveva riportato quelle radioline prima che il Colonnello (Gheddafi) provvedesse ad espellere dalla Libia tutti gli italiani.


Per ragioni imponderabili quanto arcane iniziai da subito ad essere attratto da questa 'cosa'.

Quindi anni di CB che, in quell'epoca, era ancora in grado di mettere assieme le persone, cene, raduni e quant'altro, un momento unico e irripetibile.


Il passo successivo, del tutto naturale, fu quello di studiare e prendere la licenza di radioamatore e, neanche a farlo apposta, il CW diventa subito sfida e attrazione fatale.


Nel giugno del 1982 il primo qso, in cw ovviamente, e

così è stato fino ad oggi, con parentesi sui satelliti, fonia, modi digitali e nel 1983 mi dedicai alla RTTY con il Commodore VIC20 e modem autocostruito.

Però alla fine sono sempre tornato al caro vecchio Morse.

La passione si è quasi radicalizzata ed al momento faccio solo Telegrafia con veloci puntate su altri modi giusto per restare al passo con la tecnologia.


A chi leggerà questo scritto auguro tanti anni di sereno hobby in compagnia del cw e dei tanti amici che lo praticano.

Chi ha tasti telegrafici da alienare o scambiare mi faccia cortesemente sapere, sono in continua ricerca di vecchie glorie per la mia collezione.

 

            Eliseo IK6BAK

 

RICORDI DI RADIO E DI TELEGRAFIA.

                 Cari amici OM ed SWL,

sono ancora giovane, ma non giovanissimo, eppure sento il desidero di rievocare i tempi da me vissuti, in cui la “musica” della telegrafia era ancora molto diffusa.

                Quanto segue vuole essere la narrazione autobiografica della mia esperienza di appassionato di radio, diventato radiotelegrafista e poi radioamatore. La dedico in particolare ai novizi radioamatori ed swl e a coloro che stanno avvicinandosi al nostro mondo fantastico.

                 Il primo impatto, “caloroso”, con la radio l’ho avuto all’età di circa 6 o 7 anni quando, attratto dalle valvole accese della Unda casalinga, tolsi il pannello di masonite e mi scottai le dita nel tentativo di sfilarne una. Poteva andare peggio, ma nonostante ciò restavo comunque sempre estasiato dalla scala parlante colorata e dal suo indice che riuscivo ad azionare con la manopola. Andavo su e giù con la sintonia ascoltando voci e musiche, canzoni in lingue strane che, mi era stato detto, venivano dal continente; luogo che nel linguaggio sardo, e di altri isolani, indica la penisola. Nel mio immaginario infantile era invece il paese di fronte al mio con le sue tremule luci notturne viste all’orizzonte. Quando avevo modo di vedere anche la circuiteria di qualche radiolina a transistor restavo affascinato e pieno di curiosità. A circa 16 anni, per soddisfare questo mio desiderio di conoscenza, mi iscrissi ad una nota scuola per corrispondenza. E così, da autodidatta, mi avviai nei meandri della radio, che in seguito avrei  percorso anche professionalmente.

                   Nel 1974, infatti, fui ammesso a frequentare un corso di R.T., o radiotelegrafista, presso la Scuola Tecnica di Polizia di Roma. Fu un gran giorno perché finalmente entravo nel vivo delle comunicazioni radio. Il corso durò circa un anno tra lezioni di telegrafia, radiotecnica, pratica operativa, regolamenti ecc. ed alla fine ottenni la tanto desiderata specializzazione di R.T. Mi classificai molto bene e ciò mi valse per l’assegnazione, su mia richiesta, alla stazione radio presso la Prefettura di Cagliari, situata ad un tiro di schioppo da casa mia. In una luminosissima giornata d’agosto del 1975 giunsi in quella sede a rapporto dal comandante capoposto (anch’egli ovviamente R.T. ma….. con qualche marcia in più) e, come di prassi per i novelli, mi assegnò il cosiddetto posto di “seconda cuffia” alle “prese”, è proprio il caso di dirlo, del noto ricevitore americano BC312 e del Racal RA17. Ricevitore quest’ultimo di costruzione inglese, meno noto del primo ma tecnologicamente più moderno, anche se il BC 312 ha per me un valore affettivo particolare essendo il ricevitore con il quale ho iniziato i primi ascolti. Anni dopo ne acquistai uno, che ancora conservo integro e funzionante. E lì a Cagliari, dunque, iniziai veramente l’attività radio. Quale secondo operatore ero d’appoggio ad un collega più esperto. Rammento ancora la prima volta quando l’anziano collega, dopo avermi valutato a fondo, mi consentì di trasmettere con il centro radio nazionale presso il Viminale in Roma, che per noi sbarbatelli era il tempio dei radiotelegrafisti. Il polso si era irrigidito ed io sudavo per l'emozione. Ecco intervenire l’anziano con una pacca sulla spalla: <<fatti sotto e non avere paura, là c’è gente che ha iniziato come te>>. Come d’incanto, seppure con qualche zoppicamento, riuscii a fare il mio primo QSO da radiotelegrafista. Perfezionai  “l’arte” con mesi di “palestra”, ovvero turni di sette ore, giorno e notte, ricevendo e trasmettendo con il tasto verticale, fino ad essere anche in grado di scrivere i messaggi direttamente con la macchina per scrivere. Dalla manipolazione del tasto, ognuna diversa dall’altra, cominciai col tempo anche a riconoscere “in aria” i colleghi. Tempo dopo gestivo autonomamente la stazione radio, macinando note telegrafiche a volontà, dando il cambio turno al collega, come si diceva nel nostro gergo, “ in cuffia”, cioè senza interrompere la ricezione in corso. La trasmissione avveniva con l’altrettanto noto TX BC610 Collins, dal “profumo” di fungicida protettivo emanato da certi componenti, che si sprigionava delicatamente ancor più con il riscaldarsi delle valvole; belle da ammirare con il loro filamento acceso color rosso ciliegia, in particolare quel bel valvolone trasmittente 250TH. La preparazione alla trasmissione era tutto un programma. Dalle apposite tabelle bisognava scegliere la frequenza desiderata e quindi la corrispondente unità di sintonia e la sua bobina ed infine accordare lo stadio finale. Al riguardo ci si serviva anche di un ottimo accordatore di antenna che, qualcuno diceva,…. poteva accordare pure la branda di un letto. Per testare la bontà dell’accordo, oltre gli strumenti dello stesso BC610, facevoriferimento anche ad un altro strumento, un po' empirico: un tubo al neon appoggiato sopra la linea irradiante, che più si accendeva e più l’accordo era perfetto. La potenza di uscita del TX, situato a pochi metri di distanza dall’operatore, era di circa 400W ..…..alla faccia dell’inquinamento elettromagnetico di cui oggi si parla tanto. Si lavorava nelle frequenze basse, più o meno sui 40 e 80 metri, e le antenne erano delle filari ad L invertita. Per alcuni anni, specie nelle ore notturne, mi trattenevo volentieri oltre il fine servizio per ascoltare con piacere le eleganti trasmissioni dei marconisti a bordo delle navi, le agenzie di stampa in telegrafia, i bollettini meteo, le broadcasting alle quali inviavo anche rapporti di ricezione, qualche CB locale ecc. Devo evidenziare che era veramente un piacere ascoltare i CB di allora. C’era molta correttezza ed in molti anche competenza tecnica. Parecchi di questi, poi, hanno fatto il grande passo ed oggi sono OM, così come è stato per molti. Nel 1979 mi trasferirono presso il centro radio della Prefettura di Modena, dove successivamente divenni capoposto. La telegrafia, come nel resto del mondo, stava ormai andando in disuso, per scomparire gradualmente e definitivamente negli anni successivi. E così avvenne anche in quella amministrazione. La vecchia e gloriosa stazione radio, attivata nei primi anni 50, batté con me gli ultimi colpi di tasto il 22.5.1985 e per l’occasione feci immortalare l’evento. Con essa si concluse di fatto, con un pizzico di tristezza, la mia professione di radiotelegrafista e l’uso della telegrafia in quella stazione radio. Venne smantellata lo stesso giorno per far spazio, come naturalmente deve essere, al nuovo. Venne installata una stazione ricetrasmittente a stato solido che continuò l’attività radio, ma solo in fonia.

                      Nel 1983, per continuare a praticare la telegrafia, chiesi ed ottenni la licenza di radioamatore, figura con la quale, secondo me, si estinguerà la telegrafia (auspicando il più tardi possibile). Mi associai da subito alla locale sezione A.R.I. dove incontrai molti amici. Un giorno con sorpresa ebbi il piacere di incontrare Emilio, I4ZZM, radioamatore e prevalentemente tecnico elettronico sperimentatore e “bacchettatore” di pierini. Lo avevo già conosciuto circa 15 anni prima, ma in modo…...virtuale! Qualcuno dei meno giovani forse ricorderà la rubrica “la pagina dei pierini”, che veniva pubblicata su “CQ elettronica” con i suoi vari progetti: radio sincrodina, alimentatori, strumenti di misura ecc. Ero ancora adolescente in Sardegna quando ho cominciato a leggere quella rubrica e non vedevo l’ora che in edicola uscisse il numero successivo. Leggevo avidamente gli articoli scritti da Emilio e sorridevo per l’ironia con la quale redarguiva garbatamente i pierini, nei quali io mi identificavo e nella cui figura l’importante, come egli diceva, era di non restarci più a lungo del dovuto. Caro Emilio ti ringrazio di cuore perché, a tua insaputa, hai contribuito nel farmi toccare con mano le meraviglie della radio e dell’autocostruzione. Custodisco con riguardo uno dei tuoi capacimetri, ancora funzionante, che avevi realizzato e descritto su CQ elettronica che, dietro mie pressioni, mi hai ceduto a patto di non demolirlo o di cederlo ad altri. Un altro amico radioamatore (only CW) Antonino, I4BBC, ex R.T. dell’Arma, allora istruttore di CW per i novizi della sezione, mi invitò a casa sua a vedere la stazione radio. Per me era la prima volta che vedevo una stazione di radioamatore e, sorpresa delle sorprese, non c’erano le apparecchiature ultramoderne che mi ero immaginato, tipo le belle linee giapponesi che spesso vedevo su radio rivista. Non ci crederete ma il suo pezzo forte era la ricetrasmittente surplus canadese 19MK3, con la quale ancora effettuava parte dei suoi QSO. Vi era anche una bella linea radioamatoriale Geloso che sembrava tolta dall’imballaggio poco prima. Volle a tutti costi che provassi la 19MK3 e così feci il mio primo QSO da radioamatore. Anche io, successivamente, avevo attrezzato una buona stazione radio: linea Drake C, poi TS940AT Kenwood, corredata di antenna vert.40/80, yagi 2 el.40 e tribanda 5 elementi, installate con l’ausilio dell’amico e collega Franco, IK6PTK, a cui avevo trasmesso la passione per la radio. Ho operato prevalentemente nelle bande basse sempre e solo con 100 W, stabilendo ottimi collegamenti, spedizioni comprese e contest vari. A proposito di spedizione (!) mi viene in mente quella effettuata nell'estate del 1985 in IS0 col mio caro amico Andrea, IK4DZB, e rispettive consorti. Non fu una spedizione vera e propria ma vi posso assicurare che lo spirito radioamatoriale che ci aveva animato era fortissimo. Ci eravamo divertiti tanto ed avevamo messo a segno anche dei buoni collegamenti, lui in fonia ed io in CW. Il tutto corroborato da vitamine nostrane: cannonau (che non è un lineare sardo ma un vino piuttosto robusto), maialino arrosto ecc.

                  Ero un irriducibile sostenitore del tasto verticale fino a quando l’amico Giovanmaria, IK4LHC, anche lui only CW, traviandomi, riuscì a convincermi ad usare il tasto paddle della Bencher. Successivamente Mauro, IK4UOP, mi introdusse all’uso del PC nei contest. Rimasi stupefatto nel provare questi nuovi modi di operare. Ecco quando si dice aprire la mente alle novità e spazzare via ogni prevenzione. L’unica prevenzione che ha sempre resistito è il rifiuto per la fonia. Alcuni collegamenti li ho effettuati per pura prova e nient’altro. Da un lato mi dispiace perché mi sento un radioamatore un po’ incompleto. Ho sempre ammirato gli amici OM che padroneggiano bene anche in fonia. Tra questi Alessandro, I4YNO, ed Alessandro, IK4ALM. Quest’ultimo, non più giovanissimo neanche lui, motivato da una passione per la radio, che credo ha pochi eguali, ha ripreso non molto tempo fa a praticare la telegrafia che, come molti, aveva tralasciato dopo aver superato l’esame per OM. E’ risaputa la difficoltà ad intraprendere tale disciplina quando non si è più giovanissimi. Lui c’è riuscito brillantemente con la sua tenacia e la continua ricerca nel migliorare le prestazioni sue e dei suoi mezzi. Ed è stato sempre un piacere ascoltare le sue esperienze da fonista, anche per me ex radiotelegrafista. Ho avuto il piacere di conoscere tanti altri OM e qualche SWL e tutti sono stati utili per arricchire il mio bagaglio radioamatoriale. A volte è bastato anche il racconto di un'esperienza personale vissuta.

Oggi, per le varie vicissitudini che la vita pone davanti (famiglia, lavoro, casa, ecc), ho temporaneamente accantonato l’attività radioamatoriale. Quando posso accendo il saldatore e pasticcio un po' con qualche radio da riparare e mi tengo anche allenato con un programma di CW su PC in attesa, non appena possibile, di installare nuovamente un antenna e quindi rientrare nei ranghi. Per restare aggiornato sul nostro mondo radioamatoriale leggo, ancora con immutato interesse, la nostra bella radiorivista ed altre del settore.

                          Da un po’ di tempo ho cambiato anche lavoro, di tutt’altro genere, e devo dirvi che ogni tanto rivedendo le foto in bianco e nero della vecchia stazione radio surplus, con me radiotelegrafista, provo molta nostalgia ed il pensiero corre a quei tempi, ormai andati, ma non dimenticati. La passione per la telegrafia non si può dimenticare. Ricordo le parole di un vecchio collega R.T., oggi ottantaduenne ancora in forma, che diceva: il radiotelegrafista è come il prete che una volta imparata la messa non la dimentica più.

                          Così sia e cordiali 73 a tutti.

 

IK4COH

Michele PODDESU

MODENA