La parte anteriore del primo negozio sulla destra è il sito del primo

                 negozio di Martin nel 1900 a 75 Nassau Street a New York City.           

                 Sorprendentemente, oggi è una grande agenzia Western Union.

Verso i primi del 900 Horace Martin, per venire incontro alle esigenze dei telegrafisti afflitti dal Glass Arm intraprese la progettazione e realizzazione di una chiave telegrafica in grado di produrre i punti in modo autonomo e lasciando all’operatore il compito di variare i tempi e la lunghezza delle linee.

L’inventore Horace G. Martin brevettò, nel 1902, basandosi sul circuito del campanello elettrico, un nuovo tipo di tasto telegrafico orizzontale: il tasto semiautomatico elettromeccanico Autoplex, un sistema a bobine elettromagnetiche ma, per questioni pratiche ed economiche, Martin passò alla realizzazione di una chiave interamente meccanica che conservò il nome di “Bug” (insetto, scarafaggio) (anche a causa del  caratteristico ronzio emesso dalle bobine dell’Autoplex quando queste erano in funzione).

 

Però necessitava di batterie ed elettromagneti e questo mal si conciliava con un tasto economico, semplice e pratico da costruire, trasportare e manutenerlo.

 

Nel 1904 Martin brevettò un tasto semiautomatico completamente  meccanico e, a partire da 1915,  ad opera di J.E. Albright, diventò il modelllo base di tutti i tasti semiautomatici della Vibroplex.

       Due esempi di Autoplex costruito da Martin.

       A sinistra, una prima versione a base di legno fatta a 62 Cortlandt Street.

       A destra, una versione da 53 UEM Vesey Street.

       (Dalla collezione di Gil Schlehman, K9WDY.)

 

Il Tasto semiautomatico Vibroplex meccanicamente si presenta abbastanza complesso e viene utilizzato con movimenti orizzontali, diametralmente opposti a quelli del tasto verticale. Caratteristica di questo tipo di tasto è che i punti vengono prodotti automaticamente, tramite un meccanismo che vedremo in seguito, e le linee dall’operatore singolarmente (chiamato appunto semiautomatico).

L’utilità di questo meccanismo era, come tutti sappiamo, alleggerire il lavoro degli operatori, aumentare la velocità di esecuzione e ridurre il rischio del “Glass Arm”, braccio di vetro, epicondilite e molte analoghe espressioni.


Inizialmente fu usato diffusamente e di esso ne vennero costruiti moltissimi esemplari oltre a molte imitazioni e repliche dei modelli più illustri.

Alcuni modelli producevano automaticamente anche le linee tramite un secondo braccio oscillante. Addirittura gli operatori australiani, nel 1946, erano equipaggiati con semiautomatici provvisti di tre pomelli, due adibiti ad altrettanti bracci oscillanti, uno per i punti e l’altro per le linee in modo automatico ed il terzo per produrre le linee manualmente e, gli stessi pomelli, erano posizionati in modo da favorire sia che si operasse con la mano destra che con la sinistra.

 


Per capire meglio l'automatismo del Vibroplex leggiamo le parole di Martin:


La mia invenzione riguarda i trasmettitori telegrafici e si propone essenzialmente di fornire uno strumento che mantenga tutti i meriti del tasto Morse, ma che sia costruito in modo da fare tutti i punti automaticamente, lasciando in facoltà dell’operatore di prefissare la lunghezza dei punti e mantenendo totalmente sotto il suo controllo la lunghezza degli spazi e delle linee – vale a dire, l’operatore può allungare o accorciare i punti, lasciando sotto il suo controllo gli spazi e le linee, oppure allungare gli spazi e le linee a volontà, mantenendo fissi i punti. La mia invenzione, in altre parole, fornisce un semplice ed efficace sistema di trasmissione che evita del tutto l’intenso sforzo nervoso del tasto Morse pur mantenendone i pregi.

È ovviamente ben noto che le lettere del sistema Morse consistono di punti, spazi e linee. Per esempio [NdT - nel Morse Americano]:  la lettera  P  consta di  punto, punto, punto, punto, punto; la lettera  C  consta di  punto, punto, spazio, punto; la lettera  B  consta di  linea, punto, punto, punto.  Come esempio di dispendio di forza nervosa richiesta a un operatore dal sistema Morse si può dire che la parola Mississippi richiede 32 pressioni del tasto e 32 rilasciamenti di pressione, ossia di movimenti all’insù. L’operatore per ogni parola media trasmessa deve fare 24 sforzi nervosi. Un operatore che trasmette 15.000 parole in 8 ore, come molti fanno, è costretto a premere il tasto 180.000 volte e a rilasciarlo per altre 180.000 volte (movimenti di ritorno) – cioè una media di 360.000 sforzi nervosi in 8 ore. Il risultato è che spesso gli operatori perdono del tutto il controllo del loro tasto, divenendo vittime di quella che è nota come “paralisi del telegrafista”. Infatti è fuori discussione che il terribile sforzo nervoso della trasmissione a moderata velocità col tasto Morse porta a vari disturbi dei sistemi fisici, mentali e nervosi, e, inoltre, che quando la capacità di chi trasmette inizia a venir meno lo sforzo di chi riceve è molto più grande.I predetti inconvenienti hanno portato a vari mezzi per diminuire lo sforzo nervoso di chi trasmette e per aiutare gli operatori negli stadi iniziali della paralisi del telegrafista, mezzi più o meno efficaci, ma tutti rimasti ancorati al fondamentale principio del tasto Morse, con l’eccezione del sistema a tastiera, le obiezioni al quale sono talmente note che non occorre menzionarle.

In pratica i buoni operatori Morse enfatizzano la loro trasmissione come fa con le parole una persona che parla. La condizione del filo richiede l’enfasi di certe lettere, o parti di lettere, alla volta, mentre l’operatore si basa sul “feel (sensazione tattile, feeling) del filo nell’istante in cui una lettera, o una sua parte, deve essere formata e sull’abilità di chi riceve. L’enfasi è ottenuta quasi interamente allungando o accorciando le linee e gli spazi, mantenendo costante la velocità dei punti. È una importante caratteristica della presente invenzione che l’operatore può mantenere questo perfetto controllo dello strumento e la possibilità di enfatizzare la sua trasmissione, mentre al contempo si può produrre un qualsiasi numero di punti con un solo sforzo nervoso. Poiché vi sono operatori di tutti i tipi, si è trovato che il miglior tempo può essere ottenuto trasmettendo in un modo a un operatore e in un altro modo ad altri, dipendendo i differenti stili di trasmissione non tanto dalla velocità di trasmissione globale quanto dalla variazione di certi impulsi nel fare linee, e anche dall’abilità di variare la velocità di parole o parti di parole. Queste caratteristiche, e altre simili, sono state la roccaforte del tasto Morse e la causa del fallimento pratico di tutti i trasmettitori automatici sinora progettati.

Per mettere in grado gli operatori di aumentare molto la loro velocità di trasmissione con un minor dispendio di forza nervosa, e per metterli in grado di trasmettere, a una velocità ordinaria, molto più facilmente di quanto finora è stato possibile, e permettere agli operatori colpiti dalla paralisi del telegrafista che in pratica con un ordinario tasto Morse sono incapaci di fare un buon lavoro, ho progettato un nuovo trasmettitore telegrafico… Questo mio nuovo trasmettitore telegrafico si usa così: supponiamo, per esempio, che si debba fare la lettera B che è composta da una linea e tre punti. Si sposta la leva sul lato sinistro (lato linee) e la si tiene in questa posizione per il tempo adeguato; indi si sposta a destra (lato punti) e la vi si tiene finché il vibratore produce tre punti. In pratica l’operatore dipende dal suo orecchio per sentire quando il numero appropriato di punti è stato prodotto. Questo può essere fatto con grande esattezza, persino da un principiante. La velocità dei punti e la loro lunghezza può essere cambiata variando la tensione delle due molle dello schema e lo “sbraccio” dell’armatura. La variazione di ognuno di questi tre parametri influisce sull’intensità e sulla fase della spinta (calcio) data al pendolo e lascia ampia libertà di regolazione secondo le preferenze dell’operatore”.

Nel 1906 furono prodotti i primi tasti semiautomatici,ad angolo retto, dalla Mecograph, un escamotage per aggirare il brevetto della Vibroplex la quale, ad opera di Horace Martin, suo fondatore, acquisterà  la Mecograph a seguito di una disputa legale.

Da quel momento i tasti prodotti saranno marcati con la dicitura “Albright Bug” per certificare l’autenticità dei tasti prodotti.

Ai giorni nostri, con la scomparsa della Telegrafia ufficiale, la Vibroplex costruisce i suoi gioielli solo per i Radioamatori.

BLU RACER DE LUXE
BLU RACER DE LUXE

Tuttavia i semiautomatici avevano una limitazione nella meccanica, non si potevano raggiungere velocità superiori a 40 WPM e in seguito la  meccanica fu coadiuvata dall'elettronica.

Furono messi a punto appositi keyer elettronici con i quali si poteva trasmettere il codice morse in modo perfetto. In una prima fase questi dispositivi  implementavano la manipolazione Ultimatic, poi  quella Iambic attualmente usata. I due sistemi però sono sfruttabili unicamente con i tasti a doppia leva o twin paddle.

Ma questa è un’altra storia.

 

              

USO DEL BUG

 

Un ottimo tasto deve essere anche pesante per evitare di spostarsi continuamente e la sommità delle palette non deve superare i 6 cm. dal piano di appoggio né essere  inferiore ai 5 cm. La mano che opera va poggiata sul tavolo con la parte esterna tra l’attaccatura del mignolo e l’attaccatura del polso. La manipolazione va fatta con tocchi leggeri del pollice e del dito indice e medio, ma nulla vieta di usare solo due dita se si preferisce, in sinergia con la rotazione del polso.


Usare poca energia assecondando il tasto lasciando a lui il lavoro in modo continuo e scorrevole, non servono movimenti ampi della mano o delle dita come spesso si osserva in alcune dimostrazioni, e nemmeno colpire con forza le palette con l’unico risultato di spostare da una parte all’altra del tavolo il bug.

 

Le palette vanno accarezzate con le dita assecondandone lo spostamento.


Tra i punti e le linee prestare attenzione alla velocità di esecuzione, producendo i punti molto veloci e poi le linee più lente queste risulteranno oltre che più lente anche più lunghe.

Molto probabilmente ne risulterà un suono sgradevole fatto di saltelli, un certo ringing prodotto dai contatti, un rapporto  molto diverso dal canonico 3:1 ed un errato timing. 

 

E' importante affidare una parte del lavoro alla semi  rotazione del polso e toccare le palette con delicatezza senza colpirle con forza per coordinare meglio la proporzione tra punti e linee.

 

Alcuni caratteri composti da molte linee come ad es: la o e lo 0 (zero) richiedono un’accortezza particolare in quanto la molla di richiamo del contatto delle linee  lavora in condizioni di precarico e la risposta non è sempre omogenea, spesso la paletta non ritorna indietro in tempo utile per staccare due linee successive correttamente.

Per questo è sufficiente imparare la semirotazione del polso anziché schiacciare indice e medio sulla paletta delle linee.                                           

 

La manipolazione, come per gli altri tipi di tasti, deve essere perfetta, il rapporto tra punto e linea è, e rimane sempre, il solito 3:1 ed in definitiva deve assomigliare alla manipolazione prodotta con un tasto automatico, salvo i gusti e le preferenze individuali e sempre in relazione alla velocità in quel momento prodotta tenendo presente che una regolazione fatta allo strumento per trasmettere a 30 WPM mal si concilia con una per trasmettere a 20 WPM. Ai giorni nostri è facile monitorare la trasmissione con il bug tramite un computer con apposito software, ma se il PC non decodifica significa che trasmettiamo con una cadenza non corretta o con un rapporto molto diverso dal 3:1 o che  la cadenza e la spaziatura non sono stati assimilati correttamente.


Una manipolazione un po’ particolare, che si discosta dalle regole canoniche, viene tollerata e chiamata fantasiosamente "swing", forse può piacere a qualcuno, magari solo allo stesso operatore e che sicuramente capirà solo lui.

 

Alcuni dicono che il bug va suonato, ma l’espressione “suonato” va presa "cum grano salis", come in tutte le cose, è solo una metafora come lo è l’espressione “il Bug è uno strumento meccanico che va suonato praticamente con tutto il corpo, un pò come un pianoforte”.  

                 

Ancora una volta è da sottolineare la necessità di un training di apprendimento che inizia necessariamente con il tasto verticale per assimilare il rapporto, la cadenza, il timing corretti.


Il suono prodotto dal bug è unico ed inconfondibile.



Oltre al classico bug furono inventati altri tasti  che tramite un motorino, frizione e ruotismi vari  producevano punti e linee, chiamati anche equable key, ma richiedevano una abilità eccezionale per sincronizzare la battuta dell’operatore con la cadenza propria di generazione dei caratteri del tasto stesso, pertanto presto vennero abbandonati. Nel dopoguerra vennero i primi bug elettronici a valvole fino ai giorni nostri con i semiconduttori, transistors, integrati cmos, poi il Curtis 8044 ecc.


Senza usare tante parole il funzionamento del bug è molto semplice: l’indice sulla paletta forma le linee manualmente ed il pollice i punti automaticamente. Un apposito contrappeso determina la velocità di esecuzione mentre la velocità della sequenza delle linee sarà determinata da quella dei punti ma adattata manualmente e ad “orecchio”, dipendendo il tutto dall’orecchio e dall’abilità dell’operatore.

 

 

 


                        LA REGOLAZIONE


Si sono spesi fiumi di parole per la regolazione dei bug ma non  sempre chi inizia ha un aiuto concreto, credo che le prime esperienze vadano fatte per tentativi in modo da capire il funzionamento dell’attrezzo, in seguito si avvertirà l’esigenza di qualcosa di più preciso, scientifico, come vedremo tra poco.


Un Bug è composto da un pendolo, sormontato da una sovrastruttura chiamata Mainframe e smorzato da un Damper.


L'operatore muove il braccio in direzione del contatto dei punti e la molla fornisce una spinta di repulsione dal contatto stesso che avvia un moto pendolare, controllato dalla posizione del peso sul braccio che produce una serie di contatti corrispondenti ai punti.

Le linee vengono invece prodotte manualmente dall'operatore avviando il braccio verso il contatto delle linee.


Inizialmente tutto il discorso ruota attorno al vibratore dei punti, sistemato questo tutto il resto della regolazione diventa facile.

E’ importante standardizzare le operazioni da compiere per avere sempre lo stesso  punto di riferimento.

Molta importanza assumono le sensazioni personali e l’orecchio musicale per la regolazione dei punti e delle linee.  

 


LA REGOLAZIONE


Il funzionamento del tasto semiautomatico è molto semplice, il pollice sul pomello forma i punti automaticamente e l’indice sulla pagaia le linee manualmente. La velocità di esecuzione dei punti è affidata ad un contrappeso scorrevole sul pendolo e la velocità della sequenza delle linee, determinata da quella dei punti, adattata manualmente  dalla sensibilità e dall’abilità  dell’operatore.

Ho notato due cose nel campo dei semiautomatici,  una moltitudine di operatori che non sono in grado di regolare, sia pure in modo passabile, il proprio tasto e che molti ritengono una cosa molto complicata effettuare le regolazioni.

Credo che la presunta difficoltà nella registrazione dei tasti semiautomatici sia un retaggio di un recente passato dovuto forse ad una scarsa diffusione di questo tipo di tasto.

Ma dopo le indicazioni di seguito esposte e la vasta bibliografia esistente   non dovrebbe essere difficile per nessuno venirne a capo.


  Prima di ogni altra cosa munirsi di una livella come quella usata nei lavori edilizi e assicurarsi che il tasto sia in bolla perfettamente.

  Oliare tutti i registri e le parti in contatto con l’alberino del Mainframe esclusi i contatti punto/linea che saranno debitamente  puliti. Questa preliminare operazione conviene effettuarla prima del settaggio del tasto e non dopo.


Personalmente non uso nessuno strumento ma     procedo in una maniera molto semplice e riesco a regolare il tasto benissimo. Si tratta di manovre di poco conto senza, in linea di massima, svitare o allentare registri indiscriminatamente.

 

  Dopo aver verificato che l’alberino del Mainframe sia registrato correttamente,  ovvero che ruoti liberamente ma senza giochi eccessivi regolo l’alberino flessibile in modo che sfiori appena il damper (lo smorzatore dei punti) e subito blocco la vite di registro. Poi regolo il registro dei punti a non più di 0,4/10 di mm., mando in esecuzione i punti e, aprendo o chiudendo il contatto dei punti tramite la vite di registro, trovo l’istante in cui la serie di punti diventa netta e con un suono cristallino, in pratica trovo il punto migliore di risonanza o che più mi piace ascoltare. Quindi blocco la vite di registro dei punti. Subito dopo regolo la distanza tra i contatti delle linee lasciando tra essi uno spazio dello stesso spessore di una cartolina qsl (non sempre si dispone di spessimetri). La tensione della molla dei punti e delle linee va lasciata relativamente lenta. Eventuali ritocchi vanno fatti con quarti di giro in più o in meno.


Utilizzo questo procedimento con il Vibroplex Blu Racer de luxe e con il J36 Frattini e va benissimo, con altri tipi di tasti non potrei dire.


E' possibile effettuare le regolazioni anche tramite un ohmmetro o un tester commutato su ohm e connesso ai terminali del bug. Eseguendo una serie di punti, o linee,  la deflessione non deve superare la metà scala dello strumento considerando che punti corti danno una lettura minima e viceversa per punti che si smorzano, in tal caso si agisce sul registro dei punti accostando o meno i contatti. A volte nulla può sostituirsi all'orecchio ed alla sensibilità dell'operatore.


Queste indicazioni di massima sono rivolte a chi si avvicina per la prima volta al semiautomatico.


E' importante acquisire una manualità nelle regolazioni e questa la si ottiene con la pratica, smanettando, provando e ricercando la sonorità che più ci appaga rispettando i principi già passati in rassegna.