Oggi non esistono più scuole statali con i corsi da Radiotelegrafista di bordo. Chi ha avuto la fortuna di formarsi in quelle Scuole è ormai, mi si passi l’espressione del tutto benevola, una razza in estinzione, in esaurimento. Ma i metodi di addestramento non erano standardizzati, differivano tra loro come vedremo dalla disamina che segue.

 

Per introdurre l’argomento credo sia utile leggere quanto scrive un ex RT di mestiere

Lino Pappalardo IZ0DDD

 

 

 

 

In questo periodo (2010) purtroppo, la radiotelegrafia è relegata solo sulle bande amatoriali. L’epoca dei telegrafisti e dei radiotelegrafisti che si guadagnavano il pane con questo mestiere, è tramontata. Il CW di oggi è solo un mezzo di divertimento, un passatempo. Non è indispensabile scrivere quello che si riceve. Non è obbligatorio essere precisi con il corrispondente, se si trasmette per errore una S al posto di una H non è un problema. L’importante è riuscire a capirsi, interpretare quanto si riceve.
Parecchi OM di oggi, non hanno mai scritto niente di quello che ricevono se non il nominativo, il QTH e il nome del corrispondente. E’ giusto che sia così, a che pro mettere nero su bianco tutto il QSO? Alcuni poi, amanti del CW ma impegnati con il proprio lavoro, riuscivano soltanto ad ascoltare i vari QSO e alla lunga si sono così tanto abituati a ricevere ad “orecchio” che questa è l’unica via per loro.
Dopo tutto si tratta di una chiacchierata tra amici su questioni che di solito riguardano il tempo, gli apparati, le antenne. Non certo la ricezione di documenti via marconigramma, bollettini meteo, stampa ecc. dove occorreva che tutto fosse scritto in chiaro.
La maggior parte degli O.M. non si cura eccessivamente degli errori, ne degli spazi trascurati fra carattere e carattere e fra parola e parola. Tanto gli OM, pensano di essere capiti lo stesso, perché il loro modo di ricevere prescinde dalla singola lettera e anche dalla singola parola. E’ tutto l’insieme della frase che conta.

Il radioamatore spinto dalla sua passione, sceglie di impegnarsi per apprendere quanto deve conoscere nell’ambito dell’attività che desidera svolgere senza subire costrizione alcuna.
Il professionista Radiotelegrafista di solito non sceglieva per una passione che gli bruciava dentro, optava o era costretto a scegliere un mestiere che gli permetteva un sostentamento economico.
Raramente avviene che la passione ed il lavoro coincidano.
Questo risulta anche dai pochissimi ex professionisti che si incontrano sulle frequenze amatoriali. Di solito questi radioamatori ex professionisti, sono soltanto dei nostalgici che si adattano alle procedure amatoriali semplicemente per poter ancora adoperare il Codice Morse, compagno di tanti anni di lavoro. Ne consegue che i veri O.M. amanti del CW, sono disposti a molti sacrifici per raggiungere alti livelli sia nel CW e sia in altre branchie attinenti la radio, a cui gli ex professionisti non pensano proprio.
Naturalmente in ambedue gli schieramenti ci sono i bravi e i cattivi operatori.
Gli ex professionisti, ignorando quanto sia vasto e complesso il mondo dei radioamatori, tendono a sottovalutarne la conoscenza e la preparazione classificandoli come dei principianti in materia del CW. Mentre i radioamatori, dopo aver conosciuto gli ex professionisti, rimangono delusi perché si aspettavano in loro una maggiore preparazione e conoscenza del CW. :- ma come? Non mi riesce a ricevere a 300 c.m? - Come mai non mi capisce? –
In realtà, i radioamatori sono coloro che hanno la voglia, il desiderio, il piacere di fare il CW semplicemente perché lo hanno scelto loro e quando una cosa piace davvero, non ci sono ostacoli che tengano. D’altra parte però questa passione, proprio perché è un hobby non è stata coltivata presso una scuola di radiotelegrafia come è capitato agli ex professionisti, è stata imparata un po’ alla buona, spesso sacrificando il tempo dedicato agli altri svaghi o addirittura al sonno. Come istruttori hanno avuto altri O.M più esperti che con volontà e spirito di sacrificio hanno insegnato loro quanto era possibile. (chi dice che è stato facile, quasi un divertimento, secondo me, non dice il vero).
Fra chi ha imparato per proprio conto, ci sono degli operatori veramente valenti che hanno dedicato molti sforzi e tempo per imparare al meglio il CW.
Con l’aiuto del PC sono riusciti ad avere una manipolazione corretta e precisa e ne fanno giustamente bella mostra quando si trovano in un QSO. Questi OM hanno imparato sia seguendo dei suggerimenti sia leggendo istruzioni trovate in riviste o in vari libri. Poi con l’aiuto di internet sono riusciti ad avere un mare di spiegazioni e notizie sull’uso dei vari tasti e sui vari modi di manipolazione. Pieni di conoscenza, satolli di sapere ed ormai esperti rispetto a chi si accinge per la prima volta ad usare un tasto, si prodigano in spiegazioni, suggerimenti e spesso in dichiarazioni, di come si deve regolare un tasto e di come lo si deve manipolare. Spesso inventandosi anche cose nuove non menzionate su nessun manuale. Quando si è a conoscenza della materia così profondamente che ci vuole a “scoprire” nuove cose?
In realtà i tasti telegrafici sono costruiti in modo che chiunque possa “adattarli” alle proprie esigenze e caratteristiche. Se così non fosse non ci sarebbe la possibilità di regolarli in modi diversi. Ci sarebbe una regolazione fissa e….basta.

Purtroppo questi operatori, non avendo avuto un vero istruttore che li ha seguiti dall’inizio, insegnandogli un “METODO” di manipolazione, hanno preso come riferimento un insieme di modi e di istruzioni che spesso sono in contrasto fra di loro. Da qui poi i “comandi” che impartiscono ai novizi che spesso non servono a nessun altro se non a loro stessi. Sicuramente il loro intento è quello di dare conoscenza ed istruire veramente gli altri con “quanto” e con “come” hanno imparato loro, dimenticando che ognuno è differente dall’altro e che quello che va bene per loro, non lo è affatto per tutti gli altri.
Certo se il fine è riuscire a trasmettere in qualche modo, beh allora tutto va bene, ma se il traguardo è arrivare a possedere una bella manipolazione, allora le cose cambiano e anche di molto.

Per parecchi, la loro considerazione non è per colui che si sta sforzando di comprenderli, ma solo per il proprio io. (Ma quanto sono bravo!) Purtroppo non si rendono conto che il CW non è soltanto uno scambio di informazioni. Se così fosse sarebbe già morto da molto tempo, bensì uno scambio di emozioni. Un passaggio di sensazioni intense per chi riesce a capirle e purtroppo di radioamatori che ci riescono ce ne sono pochi..
Eppure, anche se sempre meno, ci sono ancora persone innamorate del CW diciamo “vecchia maniera”ed è proprio per loro che mi sono deciso a scrivere questo pezzo, perché alcuni mi hanno chiesto ed ancora mi chiedono dei suggerimenti per come riuscire a manipolare bene il codice Morse con i tasti, con qualsiasi tasto. Mi hanno anche suggerito di scrivere qualcosa in merito e pubblicare un ennesimo manuale di manipolazione, come se già non bastassero tutti quelli che ci sono in giro! Non è di un manuale che la gente ha bisogno, non sono delle istruzioni che mancano, bensì degli addestramenti di base, semplicemente degli allenamenti fatti in un determinato modo ed il controllo sistematico della propria manipolazione attraverso il PC o altri sistemi. L’importante è controllarsi e allenarsi con degli esercizi che riescano a tirar fuori gli errori e quindi autoregolarsi in merito. Non esistono trucchi o effetti speciali o una maniera particolare di tenere il pomello o la paletta, soltanto esercizio e autocorrezione. Certamente un minimo di istruzione di base da parte di un esperto è necessaria ma, anche da soli, con caparbietà si riesce ad arrivare ad alti livelli.

I due modi di interpretare il CW, quello professionale e quello amatoriale sono molto diversi fra loro, e comportano quindi due diverse maniere di apprendimento. Tutto quello che oggi i radioamatori considerano come corretto, cioè ascoltare il corrispondente e addirittura anticiparlo nella ricezione avendo già interpretato dall’inizio della parola o addirittura della frase quello che si intende dire, per i professionisti è sbagliato. Gli istruttori si sforzavano di fare capire agli allievi che occorreva ricevere una lettera per volta senza mai anticipare con la fantasia quello che poteva venire dopo. Si doveva essere certi che quel carattere era solo quel carattere e non un altro. Per questo si ricevevano infiniti testi cifrati. Poi con l’esperienza si passava alle ricezione delle lingue, prime quelle straniere e poi, ma solo all’ultimo all’italiano, che in realtà creava molti problemi perché era quasi inevitabile interpretare quanto si stava ricevendo e solo con molti sforzi si riusciva a non curarsi di anticipare il testo. In velocità chiaramente si riusciva a scrivere qualche lettera se non alcune parole dopo averle ricevute, come se fossero in un Buffer, in una memoria tampone, per fare in modo che la mano riuscisse a scrivere in tempo.

Il professionista che si affaccia quindi sulle frequenze amatoriali rimane spesso interdetto nell’ascoltare gli errori non corretti o la classica “colla” come si usa dire che quasi tutti i radioamatori, chi più chi meno, eseguono nella loro manipolazione. Da qui la difficoltà di ricezione che incontrano non essendo abituati a trasmissioni “garibaldine” proprio perché ricevono carattere dopo carattere e non un insieme di storture che alla fine fanno intuire cosa stanno trasmettendo.

Non si deve scordare che quando il professionista doveva ricevere un lungo testo, magari degli avvisi ai naviganti o la stampa, si poneva in automatico cioè riceveva automaticamente senza capire cosa scriveva. In questo modo si aveva la certezza di non fare errori e di non stancarsi.
Naturalmente il cervello registrava i caratteri trasmessi bene, non certo le deformazioni. Magari si riceveva pensando ai propri amici o alla propria ragazza, alla famiglia, non era importante. Però alla fine della ricezione si aveva il testo perfettamente scritto come se lo avesse fatto un altro. A che pro ricevere per mesi testi cifrati? Il classico convenuto. Perché sforzarsi a trasmettere per lungo tempo un’accozzaglia di testi in convenuto? Tutto aveva una sua logica, almeno una volta. Già, una volta perché oggi tutto questo sembra obsoleto, antico. Adesso basta una tastiera e il gioco è fatto. Addirittura neanche con la tastiera si effettuano collegamenti con cui scambiare qualche parola, ormai è anche troppo trasmettere 599 a mano. Ci sono i Keyers con memoria che trasmettono tutto e mille software che ricevono al posto delle nostre orecchie e trasmettono al posto del nostro tasto.

Coloro che provengono dalla professione, quando si affacciano a questo nuovo modo di concepire il CW hanno un gesto di rifiuto per l’approssimazione che inevitabilmente ascoltano in frequenza. Naturalmente questo è quanto succede agli ex professionisti all’inizio, poi una volta capito qual’ è l’andazzo a poco a poco si mettono “alla via” come si dice in Marina. In questo mondo sarebbe veramente assurdo rispettare le regole rigide che esistevano nel Servizio Radio Mobile Marittimo. Non avrebbe alcun senso.
Infatti comprendono e sopportano volentieri quanti stanno iniziando la lunga strada della radiotelegrafia, facendo di tutto per mettere a proprio agio il corrispondente. Il fine che hanno imparato durante la loro istruzione e il lavoro effettuato in tanti anni, era quello di far capire, agevolando in tutti i modi possibili, il corrispondente. Quando però si incontrano in frequenza, e se ne incontrano molti, operatori ormai esperti con tanti anni di pratica alle loro spalle che, infischiandosene del corrispondente, si preoccupano esclusivamente di “far vedere” la propria bravura magari velocizzando quanto stanno trasmettendo perché in definitiva si crede, a torto, che più si corre, più bravi si è, cadono le braccia a terra, come si usa dire.


Qualche volta si incontrano operatori molto bravi ma incapaci di variare il loro standard di manipolazione. Non riescono neanche sforzandosi a ridurre un poco la velocità con cui sono abituati ad andare. Vorrebbero adattarsi al corrispondente ma non ne sono capaci.
Comunque, anche questi operatori stanno sparendo dalle frequenze. Difficilmente si incontrano persone che sono disposte a fare quattro chiacchiere in CW. Guai a volte chiedere qualcosa in più del nome e del QTH, di solito la risposta è: TKS MANY 73 naturalmente in inglese.
Pare che la cosa più importante sia il “CONTATTO”. Ci si vanta di avere nel proprio log migliaia e migliaia di QSO. Certo è una bella soddisfazione! Anche se poi non si riesce a ricevere il nome e il QTH. Che importa? C’è sempre internet che ci aiuta in qualche modo.

La difficoltà che si incontra nello scambiarsi qualcosa in più delle solite formalità spinge gli O.M. di oggi a specializzarsi nei Contest. In quel modo è possibile fare CW basta rispondere 599 e il gioco è fatto. Si fanno esercizi anche di un certo impegno per la ricezione dei nominativi.
Esistono software che imitano perfettamente tutte le difficoltà che si possono incontrare in un PILE-UP vero. Vi sono addirittura dei record mondiali che attestano a che velocità questo o quell’altro O.M. ha ricevuto i nominativi. Cose spaventose che a sentirli si direbbe che siano computer non uomini . Salvo poi non riuscire neanche a scambiarsi qualche parola in chiaro a velocità ridotta. Che cosa strana! Come se il cervello imparasse a ricevere solo determinate cose a determinate velocità. Basta cambiare alcuni parametri e, anche se la ricezione in linea di principio sia più facile, addirittura elementare, rispetto a quella a cui sono abituati, ed ecco che si è in difficoltà. Gli esercizi che si eseguono per imparare a ricevere i nominativi e a trascriverli sul pc sono fini a se stessi. Non è vero, infatti, che se si riesce a ricevere una sfilza di nominativi ad altissima velocità, si riesca anche a ricevere un testo cifrato oppure in italiano e a trascriverlo. I cervello impara solo quello che gli si insegna per raggiungere un dato obiettivo. Anche tra nominativi di OM e nominativi del Servizio Radio Mobile, ci sono delle differenze che il cervello avverte. Chi è abituato a sentire sempre i soliti nominativi acquista una scioltezza meravigliosa nel riceverli. Basta cambiare il tipo dei nominativi e tutto si fa difficile. Naturalmente mi assumo la responsabilità di quello che scrivo perché prima l’ho verificato e non solo sulla mia persona. Quindi il QRQ, (cioè come si usa dire tra O.M). la ricezione e la trasmissione ad alta velocità è una delle varie possibilità che l’operatore ha per esprimersi in Morse, non certo la più prestigiosa. Perché basterebbe non ricevere a mente ma scrivere quanto si sente per mettere subito in difficoltà chi è abituato alla “chiacchierata”. Bisognerebbe avere installato un software che invece dei caratteri scrivesse direttamente le parole perché l’abitudine all’alta velocità consente di ricevere direttamente il suono delle parole se non addirittura delle frasi.
Per la manipolazione poi, a seconda del tasto che si usa, inevitabilmente cambia anche il tipo di trasmissione che ne deriva. Impossibile seguire i parametri del Morse esattamente come devono essere con un verticale, un semiautomatico, un tasto doppio (sideswiper) o un automatico con tutte le varianti che il proprio keyer gli permette. Con ognuno l’operatore si esprimerà al meglio compatibilmente col tipo di tasto che sta adoperando in quel momento. Il tutto è legato alla manualità dell’operatore ed essendo umano, anche il più bravo di tutti, per chi sa ascoltare, commette delle imperfezioni legate anche al tipo di tasto usato in quel momento. Ci sono poi operatori che non seguono esclusivamente i parametri imposti dal Morse, ma una loro musicalità esagerando con alcune caratteristiche dei vari tasti che utilizzano. Ne deriva una personalizzazione che spesso è anche piacevole ascoltare. Altri invece, malgrado l’impegno, non sono affatto divertenti da sentire. Quindi, nonostante ogni operatore abbia una sua spiccata caratteristica che si può definire “calligrafia” questa cambia in qualche modo a seconda del tipo di tasto usato. Ci sarà sempre un tasto con cui l’operatore si troverà meglio. Spesso però, a seconda dello stato d’animo o di varie esigenze, è piacevole, per chi ne è capace, cambiare tasto.

La propagazione non ci sta aiutando per niente in questi ultimi anni. Però come mai durante i Contest del sabato e della domenica si “aprono”anche le bande alte? Persino sulla 28 Mhz e di sera si sentono O.M. con il loro 599.
Man mano che si va avanti, sempre di meno saranno coloro che risponderanno ai CQ trasmessi sui 40 e 80 metri. Cosi va il mondo cosi bisogna prenderlo anche se a me fa male, molto male.
Come già scritto sopra ci sono operatori ed operatori. Alcuni radioamatori autodidatti hanno talmente appreso lo spirito del CW che quando si sentono in aria si confondono con i professionisti.
Mentre altri professionisti si sono talmente immedesimati nello spirito amatoriale che spesso “dimenticano” la vera essenza del CW confondendosi con i radioamatori standard nella loro approssimazione. Rimane comunque fermo solo un punto: il CW. A prescindere da come lo si faccia e lo si interpreti, LUI rimane sempre inalterato. I suoi parametri non cambiano anche se qualcuno dice che in questi ultimi tempi si sta EVOLVENDO. Ebbene si, dopo un centinaio d’anni, adesso, improvvisamente, con l’avvento dei nuovi amatori, qualcosa di nuovo è arrivato all’orizzonte. Sta crescendo un embrione che si trasforma con l’aiuto di nuovi strumenti e di nuovi operatori formidabili, in qualcosa che ancora non si riesce a definire. Per cortesia! Chi afferma questo è nato ieri, malgrado tutti gli studi effettuati leggendo libri e altro, non ha nessuna memoria personale di quello che era il CW professionale. In definitiva non sa neanche cosa sia stato per non averlo mai conosciuto come fa a dire che sta cambiando?
Come tutte le cose che sono state e che improvvisamente finiscono mi duole pensare che anche il CW venga dimenticato. Per fortuna in virtù dei radioamatori ancora esiste e forse continuerà a sopravvivere per lungo tempo. Purtroppo coloro che adesso lo fanno vivere, tolto un numero sempre più sparuto, credono quasi che lo abbiano inventato loro, (quanto sono bravo, quanto sono bravo) non tenendo in nessun conto coloro che con il CW ci hanno vissuto tutta la vita. Quest’ultimi, sia perché solo alcuni sono radioamatori mentre la maggioranza sono solo nostalgici, difficilmente si mettono in mostra cercando di contrastare quanto secondo loro ci sia di sbagliato in quello che vanno ascoltando. Molti, anche per la loro veneranda età lasciano perdere rendendosi conto che non ne vale affatto al pena di prendersela o di farsi sentire.
Alcuni di questi nuovi formidabili operatori su alcuni forum radioamatoriali spadroneggiano monopolizzando purtroppo ogni discussione non consentendo a chi non sia d’accordo con loro di dire come la pensa su un determinato argomento. L’informazione in un solo senso non è mai corretta e questo porta discapito a chi cerca di capire ed avere informazioni a 360°. Ne fa le spese il novizio che è quasi obbligato a mettersi nelle mani di questi “esperti” che con i loro “suggerimenti” li portano inevitabilmente verso un CW dove l’unica cosa buona è la velocità fatta con qualsiasi mezzo ed ad ogni condizione specialmente a discapito della precisione. Da qualche tempo è di moda possedere tasti particolari studiati e realizzati per le alte velocità. Se non si possiede un tasto del genere, è inutile sforzarsi per arrivare a certi livelli. Invece possedendo uno di questi gioielli, come per magia, ecco che anche il più somaro degli operatori riesce a volare. Beato chi ci crede!
La meccanica di questi tasti è talmente sofisticata che non basta più una regolazione “manuale”, che scherziamo? Ci vogliono dei comparatori di esattezza, sempre dopo aver effettuato un corso per meccanico di precisione. Insomma la cosa diventa difficile, è solo per pochi eletti. Eppure girando fra i vari siti degli O.M. via internet alla voce “i miei tasti” ne ho visti molti di questi “mostri di velocità” però solo dentro le vetrine, via radio quasi tutti i proprietari andavano avanti alla meno peggio con solito automatico doppia paletta. Non si sono resi conto che non è il tasto che fa l’operatore, ma il contrario.

Non essendo in grado di scrivere un manuale inappuntabile sulla manipolazione, perché pur essendo radiotelegrafista fin da ragazzo ed avendo ottenuto il brevetto di R.T. internazionale di 1 cl. (non esistevano certificati superiori). Pur essendo stato radiotelegrafista per due anni in Marina Militare e per oltre vent’anni nel Servizio Radio Mobile Marittimo sia sulle navi (bananiere, merce varia, carboniere, petroliere, gasiere, passeggeri) sia presso Stazioni Radio Costiere (Anconaradio/ICA e Romaradio/IAR), mi sento ancora un ignorante, consapevole che molte cose ancora non le conosco. Conscio di queste mie limitazioni, spero che, raccontando le mie esperienze provate durante la mia istruzione come R.T. possa, in qualche modo, aiutare quanti abbiamo necessità di imparare qualcosa che forse non c’è scritto su nessun manuale. Mi chiedo però con quale professionalità (coraggio? Incoscienza?) alcuni, che non sono stati neanche istruiti, siano stati in grado di scrivere addirittura libri su questa materia.
Prima di iniziare il racconto dei miei ricordi, che risalgono al 1967, vorrei aggiungere che la mia esperienza mi suggerisce di sostenere che al fine di una buona manipolazione qualsiasi metodo è buono, qualsiasi modo di impugnare il tasto è corretto, a prescindere da quanto dicono i vari professori, che bisogna fare così e bisogna fare cosà. Questo l’ho verificato ascoltando operatori bravissimi che impugnavano il pomello e muovevano il polso in maniera completamente diversa l’uno dall’altro, senza tener conto di chi non appoggia neppure il gomito sul tavolo o di chi trasmette addirittura in piedi. In definitiva è l’abitudine, la continuità di adoperare il tasto in una data maniera che consente all’operatore di manipolare bene in una maniera invece che in un’altra.

Io non essendo a conoscenza, se non nella stessa misura di quanti hanno letto sulle riviste, libri o attraverso internet, e l’hanno fatta loro, (proprio bravissimi) di altri metodi di manipolazione, descriverò solo quello che conosco bene perché mi è stato insegnato da un istruttore che a sua volta l’ha appreso da un altro istruttore.
Sono consapevole che oggi quasi nessuno più insegna a manipolare con il tasto verticale. Perché adoperare la “zappa” quando esistono i tasti automatici? (Ha scritto qualcuno). Già e allora
perché trasmettere ancora con il Morse, apparati, antenne, quando c’è il telefono? Forse il perché sta semplicemente nella difficoltà che si incontra per imparare a manipolare bene e ancor di più nell’allenamento assiduo che si deve effettuare per non perdere….il “polso” … ma vogliamo mettere il piacere che se ne ricava?......Perchè dopo tutto, questo, cioè il CW, non lo facciamo per il nostro piacere?
Comunque nonostante l’impegno che oggi possiamo metterci per l’apprendimento e la manipolazione corretta del tasto verticale, non riusciremo mai a d avvicinarci a coloro che ci hanno preceduto. Nel senso di velocità di esecuzione e scioltezza nella manipolazione.
Ieri, e per ieri si intende coloro che lavoravano giornate e nottate intere col verticale, avevano raggiunto una padronanza che oggi non si può avere perché non esistono più le condizioni. Accontentiamoci di quello che riusciamo a raggiungere con i nostri esercizi, il piacere sarà comunque senz’altro assicurato.

 

        Lino IZ0DDD

 

 

 

     

Il tasto telegrafico

        (straight key in anglossassone)

     

Quando andavo a scuola di RT,  su ogni banco c'era un tasto telegrafico tipo ministeriale, tasto di ottone su una pesante base di legno, erano posizionati e imbullonati nella parte laterale destra in alto cosi' che, manipolandolo, il gomito poggiava comodamente sullo stesso. Per manipolarlo in modo agevole, erano inutili tutti i tentativi di regolazione per renderlo piu' leggero e veloce. Arrivati alla fatidica velocita' di circa sessanta caratteri al minuto, ovvero, all'inizio della seconda classe, dove già c'era stata la selezione naturale delle "orecchie dure", il professore ci indirizzava per manipolare il tasto in modo perfetto. Egli inseriva la banda perforata con un testo ricavato dal libro di Bruno Viola, e iniziava a trasmettere in codice morse con la classica nota a 800Hz. Ci costrinse a stare dentro i tempi della  banda seguendo il testo scritto e ascoltando con le cuffie in testa, si manipolava il tasto ministeriale con il solo ticchettio dello stesso. La "macchinetta", come la chiamavamo noi allievi, emetteva il suono dei vari segnali telegrafici. Tutta la classe immersa in un ticchettio infernale, cercava di seguire la cadenza della banda telegrafica. Dopo un pò' di tempo, la maggior parte si arrendeva e solo un ristretto numero di allievi continuava. Io a quei tempi gia utilizzavo il tasto semiautomatico, dopo aver iniziato con un tasto elettronico in tecnica squeeze. Tasti che mi portavo da casa come una reliqua. Con i semiautomatici malgrado un buon rendimento sul rapporto dei punti, tiravo sempre troppo le linee.  Nella scuola, i grandi allievi, mostri della manipolaizone erano: Micheloni di Carrara e Cancogni di Marina di Carrara, divenati a loro volta ottimi RT, ma che furbamente lasciarono la vita di mare per impieghi tecnici nelle industrie di terra, appena si accorsero del "male da ferro". Sicuramente il collega Daniele Pannocchia RT e radioamatore di La Spezia si ricordera' di quando mi portavo i tasti da casa.  Un giorno visitando una nave inglese impegnata nelle operazioni commerciali nel porto di Marina di Carrara, porto che era a un centinaia di metri dalla scuola, vidi che in stazione radio usavano il tasto telegrafico sul bordo della consolle degli apparati radio, ovvero trasmettevano esclusivamente di polso. La stessa cosa la notai su un marconista americano della LYKES Linee americana (register port di New Orleans) che aveva il tasto semiautomatico proprio sul bordo della consolle. Capii d'intuito, senza chiederlo  che quello era la vera maniera di manipolare e da quel momento adottai quel metodo.  La perfezione della manipolazione non era' eccellente come la desiderava il nostro professore, in compenso raggiungevo elevate velocita' una volta imparato il trucco del solo polso. Siccome i tasti ministeriali erano imbullonati al banco, mi procurai presso un rivenditore di oggetti nautici di La Spezia, in via Sant'Agostino angolo via Prione un tasto telegrafico ad asta lunga, pagato cinquemila lire nel 1972. Lo scopo era raggiunto con un lightining standard e un telegrafo tipo tasto inglese ad asta lunga. Avevo due tasti che mi fecero veramente imparare il morse come piaceva a me. Logicamente, per motivi di studio, pur essendo apprezzato dai professori per queste mie iniziative, in particolar dal defunto signor Bellofiore Mario che, oltre a farci lezioni di RT era anche il nostro insegnante di Pratica Apparati. Nel tempo, grazie ad avere sempre uno scambio di idee con gli altri colleghi di navi straniere che andavo a trovare quando eravamo ormeggiati nei vari porti, potevo carpire sia i  tipi di apparati e modi di operare che hanno contribuito notevolmente nella mia formazione personale.

Un giorno a Baton Rouge in Louisiana, salii di nuovo su una nave della Lykes americana, la nave era abbastanza grande come tonnellaggio, ma era tipo  Victory C3. Ricordo che da qualsiasi angolo mi giravo le paratie erano di colore nero, la maggior parte dell'equipaggio era di colore, salito di un piano c'era la stazione radio e a differenza di tutte le navi dove  la SRT era dietro il ponte di comando, questa si trovava al piano delle mense e segreteria di coperta. L'unica cosa che ricordo era il tasto semiautomatico  tipo Mac-Elroy, riconobbi il solito HF- 400 della ITT e relativo ricevitore ITT-3020, complesso  che avevo anche sulla nave dove ero imbarcato per la SSB. Unica differenza,  quella era una nave da carico, mentre io ero su una petroliera di circa sessantamila tons di DWT. Anche su quella nave il tasto era posizionato vicino al bordo della consolle, quindi anche quell'operatore manipolava di polso.  Devo dire che solo noi italiani utilizzavamo i tasti telegrafici manipolando con il gomito poggiato sul banco. Mi viene da paragonare le discussioni tra ufficiali di coperta di chi voleva che a bordo ci fossero i cavi di canapa e gli altri che dicevano che i migliori erano quelli sintetici. Certo far cambiare ai radioamatori il modo di manipolazione dei tasti verticali e' come toglierci i video giochi.  Questo mi ricorda che, quando entro' in vigore il GMDSS inviai a molti armatori una lettera dove si doveva cercare di fare il traffico di chiamata e di soccorso sul canale 16 VHF 156.800 MHz predisposto, semplicemente apportando una modifica alle antenne VHF, al posto dell'utilizzo del tasto rosso di soccorso del satellite.
Queste antenne, molto comuni a noi radioamatori, dovevano essere nel numero di cinque, l'antenna trasmittente al centro e a circa mezza lunghezza d'onda, le altre quattro antenne disposte a circolo ogni 90 gradi una dall'altra. Il solido di irradiazione sarebbe stato migliorato e i 25 Watt che uscivano dal tx trasferiti in modo da ottenere un ottimo guadagno in trasmissione e pertanto in ricezione. Consigliavo anche l'armatore che all'atto dell'installazione dell'apparato, curasse in modo particolare  il R.O.S., in modo che, tutta la potenza andasse effettivamente in antenna. In tanti anni di mare ne  avevo viste di cotte e crude dai colleghi della  Telemar-Sirm o delle ditte subappaltatrici durante la messa in servizio dell'apparato VHF.   L'importante per loro era chiamare la piu' vicina Capitaneria di Porto e farsi dire come ricevevano. Certo, a 2/3 miglia di distanza bastavano 10 milliWatt per farsi sentire molto bene. L'armatore era contento e pagava subito senza far storie. Mia intenzione verso gli armatori, era sensibilizzarli in modo da portare la portata del VHF almeno a meta' copertura, in miglia marine, di quella di una trasmissione telegrafica in pessime condizioni. Se molte navi avessero avuto antenne ad alto guadagno, si sarebbe dimezzato il tempo di soccorso causato dal rimando nei centri di controllo terrestri e il via all'organizzazione dei soccorsi stessi. Ma le lettere, penso, siano state strappate in quanto, quando si tratta di tirare fuori soldi per un nuovo impianto/sistema, gli armatori diventavo immediatamente tirchi, eppure ben sanno che adesso qualsiasi problema che hanno a bordo, il costo dell'assicurazione navale aumenta (ed aumenta di svariati zero). Ecco perche', forse su quella nave americana con la stazione radio al secondo piano dove c'era anche il ponte lancia, qualcosa rientrava nell'ottica che, non sempre avere la SRT all'ultimo piano e' tanto conveniente, tanto lassu' ci stanno solo le antenne.  La stessa tecnica fu impiegata da una delle sette sorelle sulle superpetroliere. Non per questo oggi le moderni navi hanno le segreteria coperta e macchina allo stesso piano insieme alla cucina, sale mense, zone di soggiorno e saletta per fumatori.   Anzi, alcune nuove navi hanno anche la centrale di controllo di piattaforma e la centrale di controllo del carico allo stesso piano. Non si tratta di innovazioni, ma di avere subito tutti i dati disponibili al capo operazioni, inoltre tutto l'equipaggio si troverebbe gia' radunato alla Muster Station per l'imbarco sulla lancia di salvataggio in brevissimo, con  la stazione radio GMDSS remotata funzionante fino all'abbandono nave o nel caso piu' frequente al buon  fine delle operazioni di emergenza (incendio, fuoriuscita idrocarburi in coperta o a mare etc). I radioamatori mi sembrano siano passati dagli ultimi supertasti elettronici tipo logitec, direttamente alla tastiera del computer per trasmettere e ricevere il morse (via rs232c/usb) ed essere gia' predisposti per gli altri modi operativi con la sound card, ovvero la telegrafia, che e' un modo digitale di comunicazione che viene elaborato al pari di un psk31. Pertanto, diventa inutile il ricordo della manipolazione dei tasti verticali...................

         

         Adolfo Brochetelli  - IK1DQW

 

                  

 

 

 

 

Il metodo Leone

 

I – Attitudine

Da quando la telegrafia elettrica cominciò ad avere un serio sviluppo si faceva dell’attitudine per apprendere il maneggio dell’apparato Morse, in specie quello fonetico, una qualità specifica individuale: si diceva che bisognava nascere telegrafisti come si nasce poeti, tanto che parecchi buoni zonisti, forti di questa convinzione, non provarono mai di apprendere a ricevere a udito, ritenendosi assolutamente refrattari. Nel fatto ho trovato il contrario: nulla vi è di assoluto, e la voluta refrattarietà, con un metodo razionale di insegnamento e buona volontà da parte dell’alunno, si vince.

La maggiore o minore attitudine può ridurre o prolungare il periodo d’insegnamento; essa, che fa nella classe emergere gli ottimi sui buoni e sui mediocri, assai più che dalle qualità individuali dipende dall’età degli alunni: nei giovanetti da 14 a 17 anni l’attitudine è pronunziatissima; i mediocri sono eccezioni; buoni sono tutti e la percentuale degli ottimi è bene elevata; la mano leggiera si presta ad eseguire con regolarità e con la massima disinvoltura i movimenti del trasmettitore; l’elasticità della mente freschissima permette loro di seguire senza sforzo i segnali acustici; essi nella quasi totalità si sentono trasportati ad apprendere una materia che si presenta loro come uno studio-divertimento, simile alla musica e alla ginnastica.

Oltre il 17° anno la buona attitudine cessa di essere una qualità quasi generale, essa, per gradi decrescendo in valore a misura che l’età aumenta, si mantiene nondimeno abbastanza pronunziata fino ai 20 e 21 anni …

A 30 anni gli ottimi sono rare eccezioni…

Varcato il 40° anno essere obbligati ad apprendere il servizio telegrafico significa essere sottoposti ad una tortura; e se, contrastando con ogni possa l’opera deleteria del tempo sulle forze fisiche, si ottengono, con l’applicazione di metodi razionali, dei risultati sufficientemente positivi, ciò è da attribuirsi esclusivamente ad un eccesso di amor proprio da parte dell’alunno, che sforza la volontà e mette la pazienza a dura prova.

Ciò, s’intende, si riferisce a persona addirittura profana in materia di telegrafia. Per il perfezionamento di coloro che già sono allenati al servizio telegrafico la cosa è un po’ diversa; così chi conosce bene il servizio Morse scrivente non troverà grande difficoltà ad apprendere il ricevimento auditivo, anche se ha raggiunto il limite di 40 anni innanzi citato.

 

II. Insegnamento

L’arte di insegnare la telegrafia pratica è stata trascurata come una quantitè negligeable dello scibile umano. Non si ritenne necessaria l’opera assidua dell’insegnante, e molto meno un metodo d’insegnamento; eppure questo insegnamento è virtualmente diffuso in circa diecimila uffici: un quadro dei segnali Morse e un gruppo di apparati a circuito locale, che permettesse su una macchina scrivente la riproduzione dei propri segnali, era sovente tutto ciò che per il passato si dava all’apprendista, il quale si doveva poi ingegnare ad eseguire da solo col tasto tali movimenti fino ad indovinare la produzione dell’alfabeto convenzionale.

E questo sistema, d’altronde molto comodo per chi aveva la veste d’insegnante senza averne le funzioni e le qualità, ha preso così profonde radici che anche adesso, che l’insegnamento è sostanzialmente progredito, si pensa da non pochi di non poter risparmiare a chi apprende il contemporaneo esame dei propri segnali a misura che la zona si svolge.

Ora questo è un gravissimo errore, cagione di viziature nella trasmissione; viziature che una volta acquistate è assai difficile correggere: la zona Morse, prodotta a circuito locale, apparentemente buona, può mascherare gravi difetti della trasmissione, che poi si rilevano quando l’apprendista passa dalla scuola agli uffici. Ed è questa tal ragione che io credo non sia abbastanza cosciente il giudizio che dallo esame delle zone si possa dare sulla trasmissione di un candidato, mancando all’esaminatore vari elementi che non si possono avere se non assistendo all’atto della trasmissione.

L’udito, quest’organo delicatissimo che dei movimenti del trasmettitore scopre le più piccole imperfezioni, che nel ritmo dei segnali acustici misura le variazioni irregolari per infinitesimi spazi di tempo, dev’essere la sola guida di chi apprende a trasmettere; il richiamare l’attenzione immediata di lui sul documento scritto, effetto del proprio lavoro, è cagione di diversi inconvenienti:

-         sottrae una parte della attività mentale allo studio vero che è quello di modulare i movimenti del tasto fino a produrre quel ritmico suono, al quale l’apprendista si deve rendere familiare;

-         deforma la postura del corpo il quale, a seconda delle potenzialità dell’organo visivo dell’apprendista medesimo, si inclina più o meno incomodamene sull’apparecchio ricevente; circostanza questa che ha grande influenza sulla regolarità o meno della trasmissione;

-         toglie agli alunni il principio educativo dell’orecchio, che è la scuola degli ottimi, rendendoli sordi e indifferenti ai segnali acustici.

È la scuola insomma dei peggiori e dei mediocri, e non di meno essa ha ancora i suoi sostenitori, i quali apportano la loro azione disturbatrice ai progressi dell’insegnamento, sobillando gli alunni fino a far loro credere irrazionali i principi didattici moderni. E l’insegnante è tante volte obbligato a cedere e adattarsi ad un sistema misto, perocchè la suggestione è tale che l’alunno diversamente non si piegherebbe ad apprendere.

Ciò per l’abilitazione al maneggio dell’apparato Morse scrivente; quanto al maneggio dell’apparato Morse fonetico, i competenti della materia sanno bene di poterne fare un insegnamento a parte; e cioè, per apprendere e tradurre i segnali acustici, non è indispensabile che l’alunno sia pratico già nella traduzione delle zone; e i corsi tenuti dall’Amministrazione dei Telegrafi dello Stato ne danno una prova di fatto.

Ma questo sistema, come svolgerò in altra parte del mio lavoro, risponde soltanto ad una ragione di convenienza da parte dell’Amministrazione stessa, e la possibilità di conseguire uno scopo per una via determinata, non è l’indice della razionalità del mezzo.

Al caso nostro il sistema di principiare i corsi di telegrafia elementare coll’insegnamento del maneggio dell’apparato Morse fonetico è irrazionale; esso rovescia i principi della didattica moderna.

Un alunno, che colla guida dell’insegnante apprese a trasmettere bene i pochi segnali semplici dell’alfabeto Morse, potrà facilmente, e con relativa esattezza, da sé stesso produrre i segnali derivati, senza peranco sentire in precedenza il suono per imitarlo. Così chi sa trasmettere le lettere a, m ed n riesce, anche senza l’imbeccata dell’istruttore, a manipolare la p; e chi ha appreso la manipolazione delle lettere u, m e d riesce pure a trasmettere il punto interrogativo; tutto sta a formarsi un concetto esatto del legamento fonico dei segnali elementari: punto e linea.

E così pure per il ricevimento all’apparato Morse fonetico: educato l’orecchio a distinguere i segnali semplici, è facile riconoscere a quali segnali scritti corrispondano quelli derivati. Non è però così facile ricordare a volo quali lettere o cifre, o segni ortografici, quei segnali scritti rappresentano. E qui è il nodo della quistione.

I segnali acustici sono rapidi, fuggevoli, e se l’alunno si ferma un attimo soltanto a considerarli, per dar luogo al doppio lavorio di cui innanzi, altri segnali si accavallano nella sua mente, senza che egli abbia il tempo di decifrarli.

Per un metodo razionale d’insegnamento, da applicarsi nelle scuole vere e proprie di telegrafia, è necessario dunque che la traduzione delle zone preceda l’audizione dei segnali acustici. Così quando i segnali scritti saranno resi familiari agli alunni, eliminata la maggiore difficoltà, si vincerà l’altra con minore fatica, risparmiando agli apprendisti una eccessiva tensione di mente.

 

III – Il libro – Guida

E fin qui accennammo alla disposizione delle varie parti del programma della scuola pratica elementare; quanto alla estensione ed al modo di svolgere il programma stesso non posso che riferirmi a quel metodo d’insegnamento dell’apparato Morse fonetico con applicazione all’auto-insegnamento della traduzione delle zone, che mi costò lungo studio ed enorme fatica.

Esso, prima che fosse presentato all’Amministrazione dei Telegrafi dello Stato, ha subito non poche modificazioni, in specie relativamente alla estensione degli esercizi, modificazioni che furono successivamente sottoposte a svariate prove: volendo riprodurre un libro rigorosamente informato ai principi didattici moderni, ho eliminato le difficoltà pratiche a misura che si sono presentate, e dagli effetti ho rilevato con soddisfazione il continuo perfezionamento del metodo.

Gli esercizi sono graduali: si va sempre dal semplice al complesso, dal facile al difficile; ogni esercizio è basato generalmente su di un segnale nuovo, poche volte su più segnali e la lettera cui il segnale si riferisce è ripetuta indistintamente in tutte le parole; per cui l’alunno, tanto nella traduzione delle zone, quanto nel ricevimento auditivo, sa preventivamente di trovarla, e la riconosce facilmente.

I segnali simmetrici  ▪ ▬  ed  ▬ ▪ ,  ▪ ▪ ▬  e  ▬ ▪ ▪ , ▪ ▪ ▬ ▪  e  ▪ ▬ ▪ ▪   ecc., che gli apprendisti facilmente confondono, si succedono immediatamente l’uno all’altro in due esercizi contigui; gli esercizi stessi sono compilati per 2/3 circa in lingua italiana e per 1/3 in cinque lingue diverse: latina, francese, spagnola, inglese e tedesca, le più comuni tra noi e le più usate nella nostra corrispondenza telegrafica internazionale.

Il linguaggio dei primi 40 esercizi, non in forma di telegrammi, è una imitazione di quello convenuto (art. 136 Guida telegrafica amministrativa); e cioè, è bensì formato di parole vere e proprie di ciascuna lingua, ma aggruppate insieme disordinatamente, senza nesso logico e senza regole grammaticali.

Da questa forma deriva un notevole vantaggio: l’alunno non potendo dal senso, il quale manca, indovinare la parola prima che l’istruttore abbia finito di trasmettere, è obbligato a continuare la lettura o l’audizione, secondo i casi, dei relativi segnali fino a trasmissione completa: si evita così la dannosa abitudine, quasi istintiva negli apprendisti, di precorrere nella traduzione la formazione stessa dei segnali; difetto questo che è cagione di frequenti errori che svisano e spesso rendono inintelligibili i telegrammi, e che, una volta acquistato, è difficile correggere.

E qui è da mettersi in rilievo che sono in questi esercizi raccolte e messe insieme parole non comuni di speciale struttura, proprie delle varie lingue, perché l’alunno vi si abitui e non creda ad un errore del trasmittente, come pur troppo avviene anche nella pratica del servizio, dando luogo ad interruzioni della corrispondenza e ad inutili ripetizioni.

Non dirò del gruppo ph comune a molte lingue, ne del doppio u, e dei gruppi bs, bg, bv frequenti nel latino, né del gruppo sh, della doppia o e della doppia e frequenti nell’inglese, accennerò soltanto ad alcuni aggruppamenti comuni nella lingua tedesca, come la doppia h: bruhheis; il doppio ch: Burschchen; la tripla s: Fussschamel; la u in mezzo a due h: Bohuhase; la t in mezzo a tre n: Erkenntniss; la p in mezzo a tre f: Schiffpfund; la s semplice o doppia in mezzo a due gruppi ch preceduti e seguiti da altre consonanti  

ed altri aggruppamenti che chi non conosce la lingua tedesca crede quasi impossibili, come:

mtspfl, ptschl, pfb, rtschl, rbstl, ndschl, lzsch, chtkn, ftschl, gdz, rschg, tzr, ldschw, pfschm, sschw (seguono esempi di parole tedesche).

E così pure metterò in evidenza i gruppi kn, pf, pfl, zw iniziali di parole in uso della stessa lingua tedesca (seguono esempi); nonché il doppio l iniziale di parola nella lingua spagnola (lluvioso, llamada).

Ora parole di struttura così complessa o anormale, mentre son rare nella corrispondenza ordinaria, s’incontrano con sufficiente frequenza nei nostri esercizi e del pari con frequenza s’incontrano, perché state espressamente ricercate, parole nelle quali coesistono dei segnali simmetrici o inversi, come flauto, bivio, nano, subveho, Douvre, paix, Gewer, wenig, pyrique, quarry; nonché parole composte in massima parte di punti, come: ossessi, heissein, o con una stessa sillaba ripetuta coma entgegengegangen e in generale tutte quelle parole che contengono i più disparati aggruppamenti di consonanti.

Nel quarantesimo esercizio sono poi condensate tutte le difficoltà che si trovano sparse negli esercizi precedenti, difficoltà che l’alunno è già abituato a superare e vi è in aggiunta la maggiore di tutte, l’ultima parte dell’esercizio essendo compilata in un linguaggio ad imitazione di quello cifrato (art. 138 Guida telegrafica Amministrativa), composto cioè di vari aggruppamenti di lettere apparentemente non formanti sillabe ed aventi un significato convenzionale. È provato che tale esercizio, se eseguito ripetute volte, riesce all’alunno di somma utilità.

Ora altra cosa debbo fare emergere: nel mio “metodo” vi sono anche esercizi su segnali poco adoperati nella pratica telegrafica, come à, ñ (tilde usatissima nella lingua spagnola), ; (punto e virgola), : (due punti), apostrofo, sottolineazione, virgolette, lineette di unione.

Vi è un gran numero di impiegati telegrafici, specie nei nostri centri minori, che ignorano addirittura l’esistenza di questi segnali; essi nella trasmissione adoperano il segnale ä (vocale raddolcita dei tedeschi) per à (a accentato); n comune per ñ e quando non omettono i segnali ortografici, ciò che per l’apostrofo e per la lineetta d’unione avviene quasi sempre, sostituiscono nella trasmissione il punto ai due punti, la virgola al punto e virgola e indicano, con una nota in fondo al telegramma, quali parole debbano essere sottolineate o comprese tra virgolette.

In fine la maggior parte dei ricevitori e dei supplenti addetti ad uffici nei quali soltanto incidentalmente si verifica il caso di un telegramma proveniente dall’estero o all’estero diretto, ignorano finanche la formazione delle lettere k, x, y, w e tante volte pure la j; e sono nell’imbarazzo quando si dà il caso di un telegramma anche in lingua francese.

Quanto ai segnali di punteggiatura, vero è che, salvo che il mittente non ne abbia fatto espressa richiesta, possono essere omessi nella trasmissione (art. 146); ma se questa richiesta è fatta e il telegramma è diretto ad ufficio del regime europeo, essi debbono essere riprodotti come sono, e non deformati a fantasia del trasmittente. E con tutte queste licenze procede anche oggigiorno l’insegnamento della telegrafia pratica nella maggior parte dei casi.

Ora una delle due: o la conoscenza e l’uso di questi segnali, che più di raro s’incontrano nella pratica, non sono necessari, e allora non sarebbe giustificata l’esistenza dei medesimi nel quadro dei segnali regolamentari concordato dalle Amministrazioni telegrafiche dei vari Stati, ed inserito nella Convenzione internazionale, o si riconoscono necessari e allora, specie nella corrispondenza diretta con l’estero, non potremmo a meno di accettarli.

Semplificare è bello, e convengo anch’io, sopra tutto per noi italiani, nella utilità delle soppressioni di parecchi segnali; ma l’insegnamento dev’esser fatto su quel che è, non su quel che dovrebbe essere. Che se dovesse sottoporsi ogni cosa al criterio dell’insegnante, ognuno farebbe a modo suo, e così l’abolizione di fatto dei segnali voluti non necessari avverrebbe con maggiore o minor larghezza, a seconda dei giudizi e mancherebbe nell’insegnamento l’unità d’indirizzo.

Ora se dai nostri sommi competenti è ritenuto che per migliorare il servizio s’imponga una semplificazione del quadro dei segnali Morse, io penso che sarebbe opportuno di prendere sul riguardo degli accordi con le Amministrazioni telegrafiche estere, per le modificazioni da introdursi alla convenzione internazionale. Finché ciò non sarà un fatto compiuto, non è giusto, né conveniente, a parer mio, che sia mutilato l’insegnamento: non può dirsi completa l’istruzione pratica di un telegrafista che di questi segnali, per quanto poco adoperati, non abbia alcuna conoscenza.

Tornando al metodo di cui innanzi, metto in evidenza come lo stesso sia stato da parecchi semplicemente adoperato come Guida dell’insegnante, rovesciando gli intendimenti dell’autore; esso è invece il libro-guida dell’alunno. Il solo titolo manifesta già il doppio scopo che l’autore si è prefisso di raggiungere; l’insegnamento dell’audizione dei segnali acustici e l’auto-insegnamento della traduzione delle zone; senonchè l’utilità di questa seconda parte a me sembra che non sia stata ancora sufficientemente compresa.

E su questo argomento mi rivolgo non a teorici puri, che nei loro apprezzamenti potrebbero ingannarsi, né a fanatici conservatori dei sistemi primordiali: mi rivolgo ai nostri sommi competenti, che prima di coprire le alte cariche che degnamente rivestono, hanno consumato sugli apparati negli uffici attivi, la parte più rigogliosa della loro esistenza. Essi ben sanno come procede l’insegnamento nei piccoli uffici e come si svolge il servizio nella quasi totalità dei circuiti omnibus. Che vale rendere esperto il personale degli Uffici Centrali se questo nello svolgimento delle sue funzioni incontra ostacoli ad ogni passo? Volendo fare il paragone con un servizio moderno, dirò di una comunicazione telefonica, che se uno soltanto degli apparati è difettoso, la conversazione o non si verifica o procede assai stentatamente, comunque l’altro apparato e la linea sieno in perfette condizioni.

Quanto al servizio sui fili semi-diretti e diretti serviti a morse, i nostri egregi funzionari competenti non avranno dimenticato la vecchia massima dei Morsisti “si deve trasmettere colla stessa celerità con la quale si sa ricevere”, massima che veniva ripetuta sovente ai neo-telegrafisti che facevano i frullini (gergo telegrafico), si precipitavano, cioè, nella trasmissione e poi impiegavano un secolo a ricevere quando si trasmetteva loro nella stessa guisa. Ciò dipendeva dal fatto che entravamo negli uffici non sufficientemente preparati e il lato più debole era appunto il ricevimento. Il perché è evidente: a fare lunghi esercizi di trasmissione un tasto di legno o di ghisa, del prezzo di L. 2 a 5, è bene adatto per gli apprendisti, i quali possono perfezionare con poca spesa la loro trasmissione; ma pel ricevimento anche adesso le scuole sono insufficientemente provvedute di apparati, e ciò per il loro costo ben elevato.

Per una scuola ben arredata sarebbero necessarie tante macchine scriventi quanti sono gli alunni, o almeno quant’è il numero di ciascuna sezione, se la classe è divisa in sezioni, sia che esse debbano funzionare con unica, ovvero con più trasmissioni.

Ma si abbiano pure questi apparati disponibili, vi è altro da osservare: le zone si svolgono quasi uniformemente, e data un’unica trasmissione, si produrrebbero in esse contemporaneamente i vari segnali; ma gli alunni non hanno tutti la stessa attitudine e per conseguenza non tutti possono seguire nella traduzione la formazione dei segnali stessi. Ne viene di conseguenza che, se l’insegnante accelera la trasmissione, favorisce i migliori e li mette in condizione di fare rapidi progressi; ma danneggia i più lenti per i quali la zona si accumula sempre più sul tavolo, senza che essi abbiano la possibilità di tradurla. Viceversa, se la trasmissione è lenta, si favoriscono i più deboli, i quali possono così seguire la produzione dei segnali; ma si sacrificano i migliori, i quali non possono in questo modo trarre dalle lezioni quel maggior profitto di cui sono capaci.

Inoltre per eventuali assenze, per cagione di malattie o altro, alcuni alunni, restando indietro nelle lezioni, non potrebbero più seguire il corso, se non in modo assai male; essi turberebbero il regolare svolgimento delle lezioni.

Né per queste ragioni vi sarebbe successivamente convenienza di suddividere gli alunni in gruppi, secondo la loro capacità ad apprendere, perocchè bisognerebbe raddoppiare e triplicare il personale insegnate o ridurre l’esercizio di ricevimento fino ad essere insufficiente. Sarebbe insomma costoso l’impianto, costosa la spesa di manutenzione degli apparati e rilevante la spesa per il personale insegnante.

Coll’auto-insegnamento delle zone preventivamente preparate e raccolte sugli anelli di legno, di cui a pag. 14 del metodo suddetto,

la spesa d’impianto della scuola diventa trascurabile;

quasi nulla la spesa di manutenzione degli apparati;

- diminuisce notevolmente la spesa del  personale             insegnante;

- l’esercizio di ricevimento è praticamente regolato;                  

-  ognuno svolge la sua zona secondo la propria

   attitudine e capacità;

gli alunni che sono stati assenti riprendono le lezioni al

   punto in cui le hanno lasciate;

-  nella classe si delineano e proseguono ciascuno per la

  sua via gli ottimi, i buoni, i mediocri senza che nessuno nuoccia agli altri. Chi ha perduto delle lezioni è messo così in condizioni di potere, con buona volontà, raggiungere i più progrediti – Non è più insomma un vero e proprio insegnamento in classe; sono tanti corsi individuali.

Anche l’insegnamento della trasmissione dovrebbe essere individuale; né si creda che ciò sia praticamente non fattibile: poche lezioni bastano per ciascun alunno; conviene però che esse siano date con molto accorgimento. È utile che alla lezione impartita ad un alunno assista altro alunno, e anche due altri, perché ciascuno tragga profitto dalle correzioni fatte al compagno; si guadagna così del tempo. In ogni caso è necessario che l’insegnamento della trasmissione abbia luogo in una sala a parte, per quanto possibile lontana da rumori che possano distrarre gli apprendisti. Per dare principio a tale insegnamento ed anche, quando è richiesto, al ricevimento auditivo, non è detto già che gli alunni debbano aver terminato di tradurre dalle zone la serie degli esercizi dal primo all’ultimo.

Resta al criterio dell’insegnante di determinare caso per caso, quando questo principio debba aver luogo; solo si avverte che non è bene affrettare di troppo, perocché è provato che quanto più l’alunno è progredito nel ricevimento, tanto più facilmente, più rapidamente e più esattamente apprenderà a trasmettere.

Per l’insegnamento del ricevimento auditivo non è proficuo, né conveniente fare corsi individuali; solo gli alunni dovrebbero, a parer mio, esser divisi in gruppi e secondo le norme inserite nel volume più volte ricordato.

Quanto all’estensione degli esercizi solo qualcuno non si mostrò molto persuaso della necessità di dare agli stessi quello svolgimento che figura nel mio volume, sembrandogli di trovarli oltre misura. Ma il dubbio di chi è a priori così impressionato, svanirà certamente quando egli avrà eseguito, come io ho fatto, in misura diversa ripetute prove, ed avrà dato il suo giudizio sulla comparazione dei risultati.

Da quanto si è fin qui svolto risultano ad evidenza gli intendimenti che si è prefisso l’Autore nella compilazione del Metodo ecc.

Egli ebbe la soddisfazione di vedere il suo lavoro favorevolmente accolto tanto dall’Amministrazione dei telegrafi, quanto da altre amministrazioni di Stato ed elogiato da accreditati giornali nazionali ed esteri che s’occupano di servizi elettrici.

Si riportano tre autorevoli giudizi, omettendone per brevità molti altri non meno lusinghieri.

Schanzer (problema vitalissimo, istruzione rapida e perfetta).

Giornale francese (lettura delle bande e lettura al suono, estratto)

Majorana (il suo metodo si è mostrato veramente efficace, anche per gli anziani)

 

IV – Durata dei corsi

Anche sulla durata dei corsi vi è un grave errore diffuso tra le masse: si pensa generalmente che l’idoneità al servizio telegrafico si possa acquistare in un tempo brevissimo; e quello che più monta è di vedere quest’errore insinuarsi nel giudizio di persone colte e di spiccate personalità.

Un distinto alto funzionario noto per la sua alta capacità, ma che non si è mai occupato di telegrafia, avendo sentito da me che, per chi non conosca già qualche cosa, quattro mesi non sono sufficienti per una buona preparazione nel maneggio dell’apparato Morse fonetico, mi confessò con un senso di meraviglia che fino a quel momento egli aveva creduto che 15 o 20 giorni sarebbero stati bastevoli.

Ed altro funzionario superiore, da tempo collocato a riposo, il quale teneva in poco conto la conoscenza del maneggio dell’apparato Morse, affermò, e nessuno osò affermarsi incredulo, che egli in soli tre giorni aveva appreso a trasmettere e a leggere la zona. Che cosa abbia potuto apprendere io lo chieggo ai veri competenti della materia!

Ora questo errore deriva da due cause diverse ed opposte: negli Uffici minori si crede che saper leggere stentatamente la zona, sia pure sillabando come i bambini e senza trascrivere il telegramma (sistema quest’ultimo molto comune negli uffici con lavoro limitatissimo) e saperne trasmettere qualcuno storpiatamente, sia pure con continue interruzioni, ma in modo da rendere possibile la decifrazione dei segnali da parte del corrispondente, sia quanto basti perché il candidato possa presumere di essere abbastanza idoneo al servizio dell’apparato Morse.

Esso, sollecitato dal corrispondente, dà le frasi (il benestare e la ricevuta) senza contare le parole e traduce poi con comodo la zona, salvo a chiedere schiarimenti quando il numero delle parole non corrisponde a quello indicato in preambolo o quando trova oscuro il senso del telegramma, ciò che è spesso cagione di perdita di tempo, di alterchi e di disservizi. Fategli osservare la sua insufficienza e vi risponderà che per la misura del lavoro che dà l’Ufficio la sua istruzione è bastevole. “Anche ad impiegare un quarto d’ora per telegramma, vi dirà, il servizio procede bene lo stesso”. E intanto egli paralizza spesso per delle ore intere il servizio d’un intero circuito ed assorbisce l’opera d’un impiegato di ruolo! È certo che per apprendere a far servizio in questo modo basta poco tempo.

Negli Uffici centrali invece, dove le attitudini spiccate hanno modo di mettersi in evidenza, si prova compiacenza da parte di valentissimi operatori, se vogliamo, non molto modesti, ad asserire che essi hanno appreso a far servizio e bene, anche a sounder, in un tempo notevolmente minore di quello che in realtà loro occorse; e poiché data la grande attitudine di questi Mozart della telegrafia, questo tempo è relativamente breve, così ne viene di conseguenza che quello da loro indicato corrisponde pressocchè all’impossibile. Ed è strano poi che di questo tempo breve, e dimezzato per giunta, si voglia fare la misura comune del tempo occorrente per l’insegnamento.

Nelle scuole vi è poi l’una o l’altra tendenza: vi è chi sa qualche cosa e chiede di essere esonerato dall’esercizio pratico, pretendendo di conoscere già abbastanza il servizio; vi è chi sa anche di più e mostra di saper nulla, perché sia messo in rilievo per lui un’attitudine assai più spiccata di quella che è effettivamente e quindi una capacità di apprendere in un tempo notevolmente minore. Queste incognite mistificano il risultato d’una classe; per cui si deve avere grande accorgimento, nel fare paragoni dell’efficacia di diversi metodi applicati su soggetti diversi.

Altre cause d’errore nel giudicare il tempo occorrente per una buona preparazione, per chi non ha presente gli scopi dell’amministrazione, sono gli stessi corsi accelerati governativi:”Se l’amministrazione dei telegrafi dello stato, dicono gli interessati, fa dei corsi di preparazione della durata di quattro mesi, è segno che quel tempo è sufficiente per la preparazione ad un esame sul maneggio dell’apparato morse fonetico e poiché, soggiungono, nel corso governativo si fa a meno o quasi dell’insegnamento della traduzione delle zone e sulla lettura di questa non vi è esame, si può fare anche a meno di questo insegnamento”.

E’ opinione generale, e sta nel fatto, che da un corso individuale tenuto da un insegnante privatista, chi ha buona volontà ricava più profitto che non stando in classe, così cadendo in doppio errore, gli interessati vengono alla conclusione che due mesi siano più che sufficienti per la preparazione all’esame di cui innanzi. Essi, forti di questa opinione, al primo concorso, pure ignorando che l’alfabeto morse si compone di punti e linee, presentano la loro domanda corredata di documenti abbastanza dispendiosi e per ultimo senza fretta si presentano ad un privatista, pretendendo di essere preparati in quello scorcio di tempo.

Alle dichiarazioni che si fanno loro della impossibilità materiale di prepararsi, si mostrano increduli; sorridono finanche, ed affermano con una convinzione che indispettisce chi è invecchiato manipolando il tasto morse che essi con la buona volontà suppliranno alla ristrettezza del tempo e che hanno tutta la fiducia di raggiungere lo scopo.

Si fa loro osservare che soltanto uno ogni cento (ed è anche troppo) riesce a prepararsi convenientemente in quattro mesi e che in tempo minore non è umanamente possibile, dipendendo ciò né dalla volontà, ne dalla cultura dell’apprendista; che neppure giova prolungare le ore di studio ,che altro non potrebbe apportargli che uno stordimento dipendente dalla natura del lavoro a cui non è abituato, ed essi rispondono, ritenendo sempre esagerata la dichiarazione: “E chi sa che io non sia una eccezione, proviamo! ” E così chi non vuole ingannare il prossimo è obbligato a licenziarli senza dargli altre spiegazioni.

Quanto ai corsi dell’amministrazione è una convenienza farli accelerati e una necessità non seguire un metodo puramente razionale. Anzitutto è da ricordare che questi corsi servono esclusivamente per l’arruolamento del novo personale; non sono quindi scuole vere e proprie con regolare insegnamento , destinate ad educare la gioventù volenterosa alle discipline telegrafiche.

Il numero dei concorrenti rispetto al numero dei posti in concorso è normalmente stragrande, tante volte il decuplo, e tra essi sono numerosissimi i supplenti degli uffici di seconda e terza classe, i quali a seconda del maggiore o minore servizio prestato, si presentano come supplenti o come estranei; così gran parte di quelli ammessi nelle scuole governative conoscono già il servizio morse e possono ben seguire il corso accelerato.

Inoltre tra gli estranei ve ne sono non pochi caduti nei concorsi precedenti e che quindi hanno già una semi-preparazione. Tal che è ristretto il numero di quelli che cominciano dall’abicì e tra essi sono coloro che, non potendo seguire le elezioni nuocciono alla regolare procedura dell’insegnamento e che , dopo un periodo di prova, se non abbandonano spontaneamente la classe, dovrebbero essere radiati dal ruolo degli iscritti. E anche in questo l’amministrazione trova la sua convenienza: con la eliminazione dei meno adatti al servizio diminuisce il numero dei concorrenti, che dietro l’esame preliminare viene ad essere ridotto circa alla metà. Sono alle volte tante migliaia di temi scritti risparmiati all’esame della commissione, la quale è in grado di procedere così più rapidamente al suo lavoro di revisione.

E qui metto in evidenza che se i candidati ammessi al concorso sono sempre esuberanti in numero rispetto ai posti disponibili, ciò è dovuto al fatto del voto unico sulle tre prove: di trasmissione, di ricevimento auditivo e orale. Quelli capaci di prendere 7 decimi al ricevimento auditivo non possono essere numerosi, viceversa non è difficile riportare 8 o 9 decimi alla trasmissione e all’esame orale; in quel risultato vi saranno quindi molte compensazioni.

Che se per l’ammissione al concorso i 7 decimi dovessero essere riportati su ciascuna prova, forse i vincitori del concorso non basterebbero a coprire i posti vacanti: così difficile soprattutto per telegrammi in lingua estera è la prova del ricevimento auditivo, in seguito ad un corso accelerato come quello che impartisce l’Amministrazione.

Nell’abilitazione poi dei ricevitori e supplenti al servizio telegrafico si pensa da non pochi che si potrebbe essere più larghi e generosi nella considerazione che con la pratica del servizio essi possono successivamente completare la loro istruzione del maneggio dell’apparato Morse.

Anche questo, a parer mio, è un errore: l’impiegato postale si forma negli uffici, l’impiegato telegrafico si fa nella scuola. Una scuola elementare postale non lo saprei concepire, come penso che, dato lo sviluppo attuale del servizio telegrafico, non si potrebbe a meno di istituire delle vere scuole pratiche elementari, con determinati programmi, sia governative, sia privatiste con l’appoggio e la sorveglianza dell’Amministrazione.

E persuadiamoci una buona volta: un difetto di trasmissione acquistato nella scuola per la frenesia di accelerare il corso di insegnamento non si corregge con la pratica degli uffici, che anzi il difetto si accentua sempre più, e prova ne sia che abbiamo avuto ed abbiamo impiegati anche con 30 e 40 anni di servizio, che ebbero sempre ed hanno una trasmissione mostruosa, i cui segnali solo i vecchi e provetti impiegati saprebbero a gran fatica decifrare. Ma rientriamo nel giusto: perché da una scuola vengano fuori, come masse e non come casi isolati, i futuri campioni di telegrafia pratica, non bisogna lesinare sulla durata della preparazione, checché ne pensino i sostenitori dei vecchi sistemi.

 

V – Scritturazione e lettura dei telegrammi.

Altra cosa sulla quale è opportuno richiamare l’attenzione degli insegnanti è il modo di scritturazione dei telegrammi. È un fatto quasi comune che gli alunni entrando in una scuola telegrafica deformano la loro scrittura ordinaria, che viene arruffata e confusa, ovvero slegata e disordinata, spesso inintelligibile; la deformazione è generalmente più accentuata agli esami, ed è un indice di poca capacità del candidato. Infatti questi scrivendo speditissimamente pretende:

-         se all’apparato scrivente, di rifarsi del maggior tempo impiegato per la lettura dei segnali, che non ha ancora familiari; se non che il tempo che perde è molto, quel che guadagna, arruffando la scritturazione, è trascurabile;

-         e se all’apparato fonetico, egli scrive a volo isolatamente le lettere, allo scopo di restare perfettamente libero e preparato a ricevere la lettera successiva; questo fatto dipende dalla percezione tardiva del segnale acustico, e denota la poca abilità del candidato: l’atto materiale della scritturazione non deve distrarre l’attenzione dell’apprendista dai segnali successivi; esso può quindi fare scorrere la penna con una lentezza commisurata alla velocità della trasmissione.

Basta tener presente che il perfetto orecchista può quasi, con la celerità ordinaria di scritturazione, seguire la trasmissione più rapida di un morsista perfetto.

Ora il più delle volte i difetti di cui sopra acquistati nella scuola, si conservano negli uffici, per quanto attenuati con la pratica del servizio, e sappiamo purtroppo come tante volte nelle ritrasmissioni i telegrammi vengono travisati.

Altra causa di travisamento dei telegrammi è il modo di leggerli mentre si trasmettono: l’attenzione dell’alunno nella trasmissione essendo concentrata sulla formazione e manipolazione del segnale è addirittura trascurata la lettura della parola e la si scorre con l’occhio lettera per lettera a misura che si procede nella trasmissione, leggendole non per quello che sono ma per quello che sembrano, a giudicare dalla prima impressione.

Si trasmette così con la più grande facilità tenne per tenue, gola per gota ed anche qualche parola senza significato come grono per grano. Ed è tale l’abitudine di leggere a lettere isolate che gli alunni cadono negli stessi errori anche se i telegrammi sono compilati con una scrittura sufficientemente chiara e anche se la scritturazione è stata fatta da loro stessi.

Si ovvia a tale inconveniente facendo trasmettere agli alunni nel primo periodo d’insegnamento degli esercizi a stampa, abituandoli alla preventiva lettura delle parole, e continuando il sistema su esercizi manoscritti, prima chiari, poscia di non facile lettura.

L’attenzione per una buona scritturazione e per una esatta interpretazione deve essere massima quando trattasi di esercizi in lingua estera. Poiché il tempo che si guadagnerebbe arruffando è assai trascurabile, è da chiedersi sempre all’alunno di eseguire il lavoro con esattezza, impiegando pure il tempo necessario, data la sua attitudine e capacità. Il difetto della cattiva scritturazione si evita con l’auto-insegnamento della traduzione delle zone.

 

VI – Procedura degli esami e modo di arruolamento del personale.

Anche sulla procedura degli esami tenuta attualmente dall’Amministrazione crederei necessaria qualche riforma. Anzitutto, dato il numero stragrande dei candidati, sarebbe opportuno, penso, dare nei concorsi la preferenza a coloro che hanno una migliore attitudine per il servizio telegrafico, che d’altronde sarebbe il loro mestiere, procedendo ad una più larga eliminazione dei meno capaci.

Ciò potrebbe raggiungersi facilmente non ammettendo compensazioni tra le votazioni che essi riportassero sulle tre prove preliminari per l’ammissione al concorso: ricevimento auditivo, trasmissione, orale; votazioni queste che, a parer mio, dovrebbero essere ciascuna non inferiore a 7 decimi.

Quanto alla procedura di questo esame, io credo, che per uniformità di trattamento, la trasmissione debba essere fatta a mezzo di una trasmittente Wheatstone contemporaneamente a tutti i candidati di una data sede e, se questi sono in numero stragrande, in due o tre volte tutt’al più.

I concorrenti potrebbero all’uopo essere distribuiti in numero di 10 o 12 per ogni sala, anche in locali diversi collegati elettricamente. Per ogni sala occorrerebbe un sounder ben sonoro, collocato in modo che i segnali acustici giungessero chiari e distinti in ogni angolo della sala stessa. La trasmissione dovrebbe essere continuata, con un brevissimo intervallo tra un telegramma e l’altro, quanto basti per staccare il foglio scritto dal blocco degli stampati.

I candidati sarebbero avvertiti che anche le parole monche od omesse sarebbero computate per altrettanti errori.

Il tempo impiegato essendo costante per tutti riuscirebbe più agevole il computo della commissione esaminatrice perocchè, eliminato questo elemento dal criterio che deve regolare la votazione, questa dovrebbe essere basata esclusivamente sul documento scritto e dipendente dalla natura e dal numero degli errori, nonché dal modo di scritturazione dei telegrammi.

Se si volesse essere ancora più scrupolosi si potrebbe disporre che i candidati coprissero con la solita linguetta scura in uso presso l’Amministrazione la loro firma su stampati appositamente preparati. Il giudizio della Commissione sarebbe così più esatto ed assolutamente imparziale, pure essendo il lavoro di revisione, molto facilitato e sensibilmente ridotto.

Poiché gli esami avrebbero luogo contemporaneamente in diverse sedi, così dovrebbe essere stabilita a priori la velocità da darsi alla Wheatstone trasmittente: i telegrammi potrebbero essere in numero di tre e brevi, in media di 10 parole per ciascuno, e redatti uno in lingua italiana, uno in lingua francese e uno in lingua inglese e tedesca.

Per coloro che aspirassero a elevate votazioni questa prima prova potrebbe essere seguita da altra con trasmissione più celere; la velocità sarebbe anche da stabilirsi precedentemente. La revisione dei lavori di questa seconda prova, che non ha influenza sull’ammissione o meno dei candidati ai successivi esami, potrebbe essere effettuata quando sarebbero espletati quelli preliminari; ciò per non protrarre nella sede di esami la dimora di coloro che non dovessero essere ammessi al concorso.

La difficoltà dell’esame fa prevedere che normalmente i due terzi dei candidati cadrebbero, e per un terzo soltanto essi sarebbero sottoposti agli esami di trasmissione: un solo e breve telegramma, lo stesso per tutti, compilato in francese con qualche frase in lingua inglese o tedesca, o viceversa, sarebbe sufficiente perché gli esaminatori potessero farsi un concetto esatto della capacità del candidato.

La votazione sarebbe basata sulla maggiore o minore regolarità dei movimenti, sulla disinvoltura con la quale questi vengono eseguiti ed anche sulla postura del corpo del candidato, e sul numero delle interruzioni; mai sulla produzione dei segnali sulla zona, potendo questa, come si è fatto osservare innanzi, mascherare i difetti della trasmissione, ed essere un elemento fallace per una votazione coscienziosa.

La produzione dei segnali scritti essendo quindi non soltanto non necessaria, ma anche dannosa, potrebbe essere soppressa con notevole economia di tempo della Commissione, che così si risparmierebbe la cura della relativa conservazione.

I candidati, da esaminarsi ad uno ad uno, dovrebbero essere invitati a procedere con una trasmissione moderata. Scompare così anche dai criteri, che debbono servire di base nella votazione, l’elemento tempo, il giudizio restando così basato sulla regolarità dei movimenti.

S’intende già che la trasmissione precipitata del frullino, che non si sa in nessun modo moderare, è da considerarsi come difettosa, anche quando sembra procedere con una certa uniformità.

È questa il più delle volte una forma morbosa di movimenti irregolari dovuta a nervosismo permanente, che il candidato non riesce suo malgrado a dominare. Si conoscono già gli effetti di simili trasmissioni che, se producono dei segnali facilmente decifrabili a circuito locale e su linee brevi in buone condizioni elettriche, rendono impossibile la corrispondenza su linee lunghe e difettose.

In contrapposto a queste trasmissioni viziate vi sono quelle rapide e perfette dei provetti telegrafisti, che sanno modularle a seconda i casi, tenendo conto delle condizioni speciali della linea e adattandosi alla capacità del corrispondente. Qualunque sia la velocità di siffatta trasmissione, noi troveremo tra i segnali elementari punti e linee e relativi spazi una costante misurata proporzione.

Sarebbe opportuno quindi, dopo il primo esperimento, far ripetere al candidato poche parole dello stesso telegramma con trasmissione più rapida, per tenerne eventualmente conto in suo favore nella votazione.

S’intende che gli esaminatori dovrebbero essere tutti orecchisti.

Il numero di coloro che cadono nella prova di trasmissione è generalmente scarsissimo: i buoni orecchisti sono normalmente buoni trasmettitori, le deficienze essendo limitate a quelle di cui innanzi, dipendenti da difetti fisici, che il candidato non può eliminare, per quanto procuri di attenuarli.

I concorrenti di poco ridotti in numero si presenterebbero così all’esame orale. Per eguaglianza di trattamento sarebbe opportuno di suddividere in tesi il programma governativo, come si pratica nelle scuole secondarie ed universitarie, stabilendo a priori su quante di quelle sorteggiate il candidato dovrebbe rispondere.

Per ragioni diverse, che qui non è il caso di svolgere, è da presumersi che coloro che cadrebbero in questo terzo esperimento non sarebbero in numero così limitato come nel secondo; talchè quelli che risulterebbero ammessi al concorso, tutto elemento scelto per il servizio dell’apparato Morse fonetico, non sarebbero più in numero esorbitante rispetto ai posti messi a concorso, e così sarebbe enormemente diminuito per la Commissione esaminatrice il lavoro di revisione dei temi scritti.

Per l’esame a Ricevitore e Supplente possono, in quanto applicabili, essere adattate le medesime norme con una relativa lunghezza di criteri.

E passiamo ora ad esaminare in qual modo potrebbe venire migliorato l’arruolamento del personale.

Nei suoi corsi preparatori per concorsi a posti di alunno telegrafico la nostra amministrazione ammette indistintamente supplenti abilissimi al maneggio dell’apparato morse scrivente, altri meno abili con poco tempo di servizio che si presentano come estranei, ed altri infine effettivamente estranei dei quali la maggior parte non ha nessuna conoscenza dell’apparato morse.

Raggiunto un determinato numero di iscrivendi, non si fanno altre ammissioni alla scuola. I concorrenti rimasti fuori provvedendo diversamente alla loro preparazione possono però a suo tempo insieme agli altri sostenere l’esame preliminare per essere ammessi al concorso.

Ora in questa procedura troverei due inconvenienti:

vi è troppa disparità nel grado d’istruzione tra gli   ammessi al corso, perché questo possa procedere inappuntabilmente in modo da trarne i migliori vantaggi;

tra i concorrenti ritardatari non ammessi alla scuola per la chiusura nelle iscrizioni vi possono essere molti buoni elementi, che sostituiti a quelli addirittura profani in materia di telegrafia, potrebbero far procedere il corso con maggiore uniformità e migliorarne i risultati.

E qui domando a me stesso: Non sarebbe opportuno far precedere l’iscrizione al corso da un esame di ammissione dal quale risulti l’idoneità del candidato al maneggio dell’apparato morse scrivente?

Il corso dell’amministrazione sarebbe allora un vero corso complementare d’insegnamento, con risultati, ritengo, incomparabilmente migliori, e che potrebbe aver ridotto l’orario di esercitazione in classe con economia di personale insegnante.

Infatti, io penso, i giovani volenterosi con l’insegnamento mutuo potranno fuori classe aiutarsi vicendevolmente e mettersi in grado di trarre il maggior profitto della lezione. Questo provvedimento risulterebbe anche a vantaggio dei supplenti; e gli estranei che non hanno nemmeno una preparazione embrionale si risparmierebbero almeno una disillusione: quella di non poter seguire il corso accelerato che avrebbero ritenuto normale.

E un’altra domanda fo a me stesso: Sarebbe opportuno per l’Amministrazione riservare esclusivamente ai supplenti il detto corso complementare, sottoponendoli per la iscrizione, alla prova eliminatoria, innanzi citata e facilitando la loro ammissione al concorso, nella categoria dei supplenti, col ridurre opportunamente il tempo di servizio prestato, che nel caso di esito favorevole li esonererebbe del tirocinio gratuito: e nello stesso tempo aprire per gli estranei un corso elementare completo, nel quale possano essere iscritti soltanto dei giovanetti dai 15 ai 18 anni muniti come gli altri del titolo di studio richiesto dal regolamento?

Questa idea sarebbe basata su due considerazioni:

I supplenti possono prendere parte ai concorsi fino al loro trentesimo anno di età; si presume che l’età media dei vincitori del concorso oscilli tra i 24 e i 25 anni:

I giovanetti tra i 15 e 18 anni hanno al massimo grado l’attitudine ad apprendere; essi con un indirizzo perfetto, quale quello che, con suoi mezzi, potrebbe dare loro l’Amministrazione, raggiungerebbero un risultato certo superiore a quelli finora ottenuti. Si eviterebbe così che dottori, avvocati e ingegneri concorrano per posti di semplice telegrafista, formando una classe di spostati, i quali una volta entrati mal si adatterebbero a prestare servizio all’apparato, siccome una attribuzione on adeguata alla loro coltura.

Il corso durerebbe un anno scolastico, e trattandosi di giovanetti, il tirocinio gratuito potrebbe essere sensibilmente prolungato.

Di più, per i primi sei mesi questi neo-impiegati potrebbero, con orario ridotto essere assegnati in soprannumero agli uffici allo scopo di addestrarli bene alla pratica del servizio ed evitare che essi per lungo tempo vengano addetti a circuiti di minimo lavoro. Per il rimanente orario, potrebbe esser fatto loro un corso d’insegnamento sul maneggio dell’apparato Huges e sulla perforazione Wheatstone e successivamente sul maneggio degli altri sistemi celeri in uso presso l’Amministrazione.

Per gli esercizi pratici graduali potrebbe essere adattato l’istesso volume che serve per l’insegnamento del maneggio dell’apparato Morse fonetico; applicazione questa che da qualche prova è risultata utilissima.

L’Amministrazione farebbe in tal modo facile acquisto di un personale che tra i 18 e i 20 anni sarebbe già sufficientemente abile ai più importanti servizi, e la scuola modello sarebbe il vivaio dei futuri campioni della telegrafia pratica italiana.

 

VII – L’insegnamento mutuo e le gare a premio.

Con l’istituzione e la diffusione del metodo razionale d’insegnamento e con utili modificazioni nel sistema di arruolamento del personale, si raggiungerebbe lo scopo di fare acquisto di un ottimo elemento giovane. Ma prima che sia rinnovato tutto il personale non idoneo al servizio a Sounder, specie degli uffici minori (ricevitori e supplenti) molto tempo dovrebbe decorrere.

Con opportuni incoraggiamenti, simili a quelli che l’Amministrazione fa già per il miglioramento del servizio agli apparati celeri, si potrebbe diffondere il perfezionamento del servizio all’apparato Morse fonetico, nella grande massa del personale esistente.

Il mezzo sarebbe il mutuo insegnamento: gli impiegati che conoscono già il servizio Morse scrivente potrebbero aiutarsi scambievolmente tra loro, alternando nella esecuzione degli esercizi le funzioni di alunno e di istruttore.

A favorire la diffusione di tale insegnamento, io penso, sarebbe molto efficace l’istituzione di gare periodiche provinciali e centrali con diversi premi. Le gare provinciali sarebbero da farsi in tante sedi proporzionalmente al numero dei candidati, secondo condizioni e programmi da stabilirsi volta per volta. Alla gara sarebbero ammessi tutti gli impiegati di ruolo e fuori ruolo senza distinzione di grado e di classe.

I vincitori delle gare provinciali sarebbero i candidati della gara centrale da tenersi nella capitale.

Il personale che fa servizio all’apparato Morse è in numero forse cento volte maggiore di quello addetto agli apparati celeri; si giudichi da questa sproporzione quanta necessità non vi sia di diffondere il perfezionamento anche nell’esercizio di questo apparato. Curare il miglioramento del personale degli uffici centrali è ottima cosa; però non basta: perché un organismo funzioni in modo inappuntabile è necessario che esso sia perfetto in ogni sua parte.

Ed auguriamoci che questo miglioramento si verifichi al più presto; in tal modo elevandosi il rendimento del personale, aumenterà notevolmente la capacità pratica di lavoro dei fili; e rendendosi sufficiente, o quasi, la rete secondaria a sopportare il conseguente aumento di lavoro, sarà agevolata la soluzione, che ormai si impone, di una grave questione, quella del ribasso della tariffa telegrafica, da lungo tempo sospirata dalle popolazioni italiane.

 

 

 

 

Il metodo Poggi e Cavallero

 

 

   Introduzione

Le esigenze moderne, ponendo in valore le singole energie per un fine unico di Civiltà e di Progresso, hanno stimolato le ricerche per accelerare, rendere intensiva la corrispondenza e per abbreviare le distanze con sistemi di scrittura che raggiungano la velocità della parola.

Le scoperte scientifiche, le grandi invenzioni del secolo XIX, hanno conferito autorità di scienza alle applicazioni pratiche dei vari sistemi, ed al presente; mentre la Stenografia può definirsi – auspice il De Martinola scrittura dell’avvenire, la Telegrafia e la Radiotelegrafia occupano un posto eminente tra le più geniali applicazioni della scienza a profitto del Commercio e dell’Industria.

La scuola è chiamata a disciplinare i mezzi necessari per la formazione di una schiera dei novissimi Pionieri della Civiltà; uscite dall’infanzia, cessate le prime incertezze, la telegrafia e la radiotelegrafia – nella parte teorica – si librano ormai sicure negli spazi infiniti: se il problema scientifico non è totalmente risolto per quest’ultima, possiamo dire però che ben poco cammino si dovrà ancora percorrere verso una più radiosa meta. Non si può dire altrettanto per la parte pratica, indispensabile per formare legioni e legioni di valenti operatori; infatti, mentre molto si è fatto per le discipline pratiche applicate ai sistemi di telegrafia celere Hughes e Baudot (vedi i pregevoli Metodi del Geronimi e del Poggi) non si è ancora raggiunta la perfezione nel sistema di insegnamento della telegrafia Morse e della radiotelegrafia, malgrado che eminenti personalità abbiano creato Metodi meritevoli di encomio.

Necessita infatti che l’allievo, fin da principio, conosca la posizione che meglio si addice, e che da essa non si diparta mai, nell’intento di acquistare una buona “impostazione”. È indispensabile che esso si abitui a scrivere ciò che sente o legge, senza preoccuparsi d’indovinare il significato della parola trasmessagli; la prevenzione, infatti, dà spesso luogo a gravi errori e conseguenti danni: infine l’allievo deve abituarsi a trasmettere con tutta sicurezza senza il sussidio del controllo della propria striscia, affinché possa raggiungere il massimo della velocità.

Il sistema mnemonico deve essere inoltre graduato e progressivo; analitico e non sintetico; per evitare confusione e inutile sforzo di mente. Le impressioni lasciano tracce più durevoli nella memoria quando si sovrappongono persistentemente le une sulle altre – gutta cavat lapidem – per cui una razionale persistenza sopra pochi segni (ai quali successivamente faranno seguito gli altri, uno alla volta), costringe l’apprendista a ricordare l’alfabeto senza studiarlo e senza cadere mai in equivoco.

Nel presente Metodo, tenuto conto delle necessità accennate, si sono ordinati gli esercizi in modo da facilitare lo studio, renderlo più attraente, evitare la stanchezza e persuadere l’allievo che le discipline consigliate sono il mezzo migliore per acquistare nel più breve tempo possibile:

precisione,  sicurezza  e  celerità.

Ogni lezione deve far progredire l’apprendista nelle tre caratteristiche sopra menzionate, e bisogna assolutamente che tanto la trasmissione quanto il ricevimento siano perfetti per ogni esercizio e per ogni lezione, prima di passar oltre, e fin da principio. Da un minimo di velocità iniziale si andrà gradatamente verso il massimo; la progressione non potrà mai compiersi a detrimento della precisione e della sicurezza; queste caratteristiche sono indispensabili, mentre la celerità ne è la necessaria conseguenza.

Si raccomanda dunque di seguire scrupolosamente il metodo, che ha già dato ottimi risultati; di nulla trascurare ed omettere, nella falsa lusinga di far più presto. Si è constatato che la mancanza di disciplina didattica, od una semplice inosservanza, ritarda sempre il compimento dello studio; talvolta l’allievo acquista tali difetti da compromettere seriamente il risultato. Vi sono stati perfino casi di giovani, mal guidati, che han dovuto rinunziare alla carriera vagheggiata, malgrado avessero di poi tentato di ricominciar da capo sotto la guida di Insegnanti più esperti e coscienziosi.

 

Determinanti del Metodo – Spiegazione degli esercizi

 

Posizione

Qualunque spreco di forza nuoce allo Studente, che deve saggiamente spendere la propria energia per averne il massimo frutto. Si consiglia dunque il ricevimento ad orecchio in luogo di quello a striscia – anche per la Morse – per una grande economia della facoltà visiva.

Nella trasmissione la posizione più conveniente è quella che riduce al minimo il numero di movimenti. Siccome non è indispensabile che il braccio, il gomito e l’avambraccio si muovano, la trasmissione dovrà effettuarsi per mezzo del movimento della mano destra: all’uopo si consiglia l’Allievo di appoggiare il gomito sull’estremità anteriore del tavolo e ivi riposarsi senza sforzo e contrazione di muscoli. Pertanto è necessario che il tasto sia collocato alla distanza di circa 25 cm dall’orlo del tavolo, di modo che l’Allievo – sedendo di fronte alla macchina – abbia il prolungamento della leva normale alla clavicola destra, e che il braccio formi con questa retta un angolo di circa 45° verso destra. La mano, cadendo sul pomo del tasto, lascerà uno spazio vuoto, tra il polso e il piano del tavolo, di circa quattro dita. Prima di mettersi a trasmettere, sarà utile che l’Allievo sciolga l’articolazione del polso, per rendere la mano morta (tensione negativa paragonabile per analogia a quella del corpo di un nuotatore che faccia il morto); il pomo del tasto va impugnato con tre dita: il pollice, che poggia leggermente sull’incavatura inferiore; l’indice e il medio, che cadono arcuati con leggero contatto sulla circonferenza superiore. La pressione delle dita deve essere tanto piccola da permettere che la leva del tasto torni a posto da sé negli intervalli di apertura del circuito; tenendo il dorso della mano volto verso destra (posizione di riposo) per abbassar la leva, e quindi chiudere il circuito, basterà volgere la mano verso sinistra (posizione di lavoro). Il movimento deve essere quindi oscillante da destra a sinistra – lavoro – e da destra a sinistra – riposo –. Bisogna assolutamente evitare di fare un movimento qualsiasi in senso verticale, che implicherebbe lo spostamento del gomito, nel mentre si avrà la massima cura di limitare gradatamente le oscillazioni, che – da principio molto ampie – a poco a poco, col graduale aumento di velocità, si ridurranno alla minima ampiezza.

Per ogni segnale – punto o linea – la mano fa i movimenti di andata e ritorno in esatta concordanza con quelli della leva del tasto, e l’Allievo conta mentalmente in cadenza il numero dei punti o delle linee che formano la lettera, mentre ha cura di astenersi dal trasmettere con velocità superiore a quella che l’esercizio fatto gli può consentire. La velocità si acquista soltanto con l’esercizio. Secondo il nostro metodo, la massima velocità (150-160 caratteri al minuto) si raggiunge in un periodo di circa sei mesi; quella di 100 in quattro, quella di 60 in due.

L’Allievo non deve controllare la propria trasmissione sulla striscia, finché non abbia almeno raggiunta la velocità di 60; altrimenti osservando l’eccessiva lunghezza dei segnali, sarebbe indotto ad affrettare la trasmissione. Siccome poi la lunghezza dei punti, delle linee e degli spazi dipende anche dalla velocità del meccanismo di orologeria della macchina scrivente, è chiaro che l’Allievo deve di null’altro preoccuparsi se non di mantenere costanti le relazioni tra questi tratti. La linea è lunga tre volte il punto. Lo spazio, tra segno e segno, un punto. Fra lettera e lettera, una linea. Fra parola e parola, due linee. Se tali rapporti sono scrupolosamente osservati, la trasmissione di un principiante, su di una macchina Morse poco celere, alla velocità di 40 caratteri/minuto, è identica a quella di un provetto trasmittente, sulla macchina Wheatstone a media velocità. Da ciò si deduce che necessita anzitutto la precisione, e non la velocità, come si voleva dimostrare.

 

Razionalità del Metodo

Chi si propone di raggiungere uno scopo, sintetizzato il compito da assolvere, deve frazionarlo; ordinata la divisione delle singole parti, deve analizzarle, una per una, esaurientemente. Non altrimenti un viaggiatore divide l’itinerario in tappe, e non pensa ad altro che a raggiungere la più vicina; superata la prima studierà il modo per raggiungere la seconda, e così via, finché giungerà alla meta quasi senza accorgersene. Se questo viaggiatore fosse invece continuamente assillato dal pensiero delle difficoltà, degli ostacoli, della lunghezza del viaggio, dei pericoli, ecc. non sarebbe certo incoraggiato ad intraprenderlo o proseguirlo e, probabilmente, ne smetterebbe l’idea.

L’attitudine, la diligenza, la costanza sono i requisiti necessari per ottenere risultati soddisfacenti in breve tempo; non bisogna deviare dal tracciato perché si rischierebbe di smarrire la strada, come avviene a colui che procede per sentieri traversi invece di seguire la strada maestra. Nessuna iniziativa personale deve dunque modificare l’ordine delle lezioni del Metodo come sono disposte.

 

Divisione del Metodo

Ricevimento

I radiotelegrafisti riceveranno anzitutto dalla scintilla, poi dalla cicale, da ultimo con la cuffia, con correnti di intensità decrescente fino all’estremo limite della percettibilità.

I Morsisti riceveranno dapprima a striscia (mnemonica) e quindi lo stesso esercizio ad orecchio. La prima percezione fonetica verrà acquisita per mezzo del tasto (dinamica fonetica di trasmissione), in seguito dal sounder, poi dalla Morse con campanella acustica e finalmente dalla Morse senza campanella; per ogni progressione si avrà sempre cura di sensibilizzare l’orecchio (super-fonetica) diminuendo l’intensità delle correnti e dei suoni.

Tanto per la Radio che per la telegrafia Morse, le esercitazioni non dovranno essere disturbate all’inizio da rumori estranei, mentre in seguito gli Allievi dovranno abituarsi gradatamente ad individualizzare il suono dei propri apparati da quello di altri congeneri, o di diversa natura, per cui man mano gli Studenti faranno passaggio in altri locali convenientemente preparati e da ultimo là dove esistono installazioni multiple, simili a quelle che esistono negli Uffici centrali dei telegrafi. È bene però evitare la mescolanza di apparecchi di telegrafia con quelli di radiotelegrafia; nella sala delle Morse avranno posto conveniente gli Allievi di Hughes e Baudot; in quella di radiotelegrafia potranno aver luogo contemporaneamente esercitazioni alla cicala, alla cuffia e quelle di Telegrafia ottica.

 

Trasmissione

L’esercizio di trasmissione è individuale e collettivo. Quando gli allievi hanno fatto abbastanza esercizio, ciascuno per suo conto, sopra un determinato studio, debbono ripetere lo stesso esercizio tutti insieme (didattica del ritmo), finché non si abbia l’impressione di una sola trasmissione.

Per raggiungere meglio lo scopo, i segnali dell’alfabeto Morse si sono raggruppati per ordine progressivo di formazione e non di alfabeto. Mentre ciò giova alla mnemonica, semplifica e rinforza la percezione ritmica; con tal mezzo si ottengono chiarezza e celerità.

Se la scrittura ordinaria potesse armonicamente accordarsi con quella telegrafica il ricevimento fonetico presenterebbe minori difficoltà; gli Americani hanno risolto il problema dattilografando il dispaccio direttamente all’arrivo.

 

Criteri didattici per la formazione del Metodo

Ogni lezione del presente volumetto è suddivisa in esercizi da eseguirsi sia trasmettendo che ricevendo.

Lo studio del ricevimento e della trasmissione si divide in tre parti distinte o periodi:

   1.  periodo preparatorio, impostazione e studio dei segnali.

   2.  applicazioni per lo studio della velocità.

   3.  perfezionamento per la corrispondenza in linea.

Nel primo periodo trasmette l’istruttore al rispettivo gruppo di allievi; detto Insegnante assiste alla loro trasmissione, sia individuale che collettiva; verifica l’esattezza del ricevimento a striscia, e dispone quanto occorre perché la recezione fonetica abbia luogo con la massima regolarità. Sorveglia e osserva che tutti scrivano; si fa ripetere ogni parola trasmessa or dall’uno or dall’altro saltuariamente, per accertarsi che tutti prestino attenzione; nel caso di errori fa ripetere la parola trasmessa fintanto che l’allievo non è convinto dell’errore commesso.

Nel secondo periodo gli allievi alternano tra di loro ricevimento e trasmissione, essi formano vari gruppi, stabiliti dagli istruttori in base alle varie attitudini e al profitto di ciascuno. Gli insegnanti sorvegliano i vari gruppi, correggono, consigliano, distribuiscono il  lavoro, e procurano che l’esercitazione non riesca noiosa. Spostano elementi dall’uno all’altro gruppo in modo opportuno e conveniente a seconda dei casi, avendo sempre presente che il fine deve raggiungersi nel miglior modo e nel minor tempo possibile.

Nel terzo ed ultimo periodo gli allievi corrispondono fra loro e sbrigano la corrispondenza come se fossero in linea. L’istruttore avrà cura di spiegar loro le speciali norme che ne regolano lo svolgimento: il significato delle abbreviazioni di uso comune, le norme delle convenzioni internazionali, le tariffe, ecc. e darà una succinta spiegazione dei principali articoli della Guida Amministrativa, nell’intento che gli allievi diplomati dalla Scuola possano rendersi immediatamente utili ai servizi attivi telegrafici. Per i radiotelegrafisti gli istruttori daranno brevi cenni sulle segnalazioni del codice internazionale e sulla contabilità di bordo, spiegando loro il valore dei nominativi ed altre cose congeneri.

Alla fine di ogni mese gli istruttori sottoporranno gli allievi ad un esperimento di classifica per ordine di merito, siccome alle prove finali taluni soccombono per timidezza, gli esami mensili debbono essere fatti da apposite Commissioni composte di preferenza da personalità estranee alla scuola, in modo che gli esaminandi si familiarizzino con gli esperimenti, ed in conseguenza possano dar prova nei concorsi di tutta la loro abilità.

Abbiamo creduto opportuno spiegare e dimostrare tanto agli Allievi quanto agli insegnanti il nostro sistema, nell’intento di facilitare a tutti il rispettivo compito, e soprattutto, per raggiungere l’unità di insegnamento in tutte le scuole del Regno, con immenso profitto delle pubbliche Amministrazioni e delle Private compagnie.

Alfabeto in ordine mnemonico.

Zero abbreviato.

Ripetere gli esercizi finché i segni sono distinti e regolari.

Termini abbreviativi radiotelegrafici (una specie di codice Q)

 

 

 

 

Il metodo Saso

Metodo speciale per l’addestramento alla trasmissione Morse (circa 1940)

 

 

 

Per imparare il codice “Morse”

 

State imparando una nuova lingua: la lingua del “Codice”. Il codice radiotelegrafico è essenzialmente una lingua di segni. Come tale è molto difficile illustrarla in un libro, perciò vi chiediamo di seguire strettamente ogni passo e di porre la massima attenzione ad ogni dettaglio da imparare, come è sottolineato nei paragrafi che seguono.

Un importante preliminare: non dimenticate “Punti” e “Linee”. Questi termini sono stati inventati per il sistema di linee telegrafiche terrestri; essi hanno posto nel sistema moderno per imparare il codice Radiotelegrafico.

Dimenticate ogni altro codice, carta nautica o tavola che avete visto o imparato.

Il “Morse” internazionale è quello usato in tutti i lavori Radio. È costituito da varie combinazioni di suoni e di spazi, che formano le lettere dell’alfabeto, numeri, punteggiatura, segni e simboli di procedimento.

Non avendo un cicalino od oscillofono per la pratica, il miglior modo per simulare l’altro suono del codice è di “Fischiare”.

 

Imparare a trasmettere

 

È importante che impariate perfettamente il suono corretto delle lettere in codice prima di toccare un tasto Telegrafico.

Quando potete facilmente dire ad alta voce ogni lettera al vostro istruttore, pronunciandole o fischiandole, siete pronti per usare un tasto. Prima bisogna che con qualche mezzo facciate un “Tono”.

Un cicalino odo oscillofono servirebbero allo scopo.

 

Tabella alfabetica per pratica trasmissione (segue tabella, lettere e numeri)

 

Regolaggio del tasto

 

Un tasto telegrafico è un semplice interruttore realizzato convenientemente per una rapida manipolazione.

Premendo il pomo del tasto si chiude il circuito elettrico e si produce il “segno” o “suono”; alzando, si apre il contatto, cioè si interrompe il circuito e si produce lo spazio necessario per i segnali.

 

(vedi disegno in testa a questa News)

 

Questa scala mostra gli spazi meccanici necessari fra lettere e fra parole del codice “MORSE”.

Il regolaggio del tasto potete farlo secondo il vostro particolare tocco, questo è importante, prima che vi accingiate ad usare il tasto. La distanza tra le punte dev’essere di circa un millimetro. La molla dev’essere piuttosto dura in modo da permettere un migliore controllo specialmente dei punti.

La posizione de’essere rigorosamente osservata. Sedete ritto sulla sedia, aggiustatevi il braccio sulla tavola; il tasto dev’essere a circa 40 centimetri dall’orlo della tavola in modo che il gomito riposi sul tavolo. Il tavolo deve essere alto da terra da 70 a 80 centimetri per ottenere la migliore posizione. Il tasto può essere attaccato con viti direttamente sul tavolo, altrimenti può essere attaccato ad una sottile tavoletta rettangolare larga circa 15 centimetri e lunga 60 centimetri.

La maniera di prendere il pomo di un tasto è a scelta dell’allievo. Il posto del pollice è accostato al limite di sinistra del pomo del tasto. L’indice sul pomo un po’ sul dietro e piegandolo, il medio verso l’orlo di destra del pomo circa al centro o leggermente all’indietro. L’indice e il medio devono essere leggermente piegati. L’anulare e il mignolo devono essere piegati verso il palmo della mano ma non troppo.

Tenere le dita della mano ed il polso rilasciati tutto il tempo. Ora che siete preparati alla posizione potete incominciare la pratica.

Prima fate una serie di “Punti”, venti o più in fila. Fate questi egualmente spaziati e precisi, un po’ lentamente, quindi con la fretta che avete imparato nelle parole a voce.

Per il ritmo dei punti un “metronomo” od un sostituto come qualcuno che batta sul tavolo è una guida preziosa e regolante.

Ricordatevi di sincronizzare le battute a circa 60 per minuto (una al secondo).

Mantenete il polso pieghevole, concedete a questo di muoversi a scatti su e giù con i battiti. Se le dita o tutto il braccio è stanco fermatevi e ricominciate dopo qualche minuto di riposo.

State particolarmente attenti a fare le “linee” [punti] lentamente e spaziate; il tono deve essere quasi continuo, spezzato solamente per quel piccolissimo istante del tasto alzato (interrotto).

Dopo che siete pratici nel ritmo dei “Punti” e “linee” potete passare alla formazione corretta di ogni carattere. Questa è una considerazione importante perché se non fate lettere o numeri correttamente non potete avere una trasmissione corretta e cadenzata.

Cominciamo con le lettere base E e T. Praticamente ogni carattere è composto di combinazioni di questi caratteri.

È bene che un abile istruttore veda di tanto in tanto il vostro progresso.

 

Esercizio N. 1 – I caratteri E I S H 5

 

E •      I • •       S • • •       H • • • •       5 • • • • •

 

Con il ritmo corretto dei “Punti” potete fare tutti questi caratteri.

Se trovate difficoltà ritornate a fare una serie di Punti regolarmente spaziati.

Quando il vostro polso è abituato fare un 5, usando lo stesso ritmo, poi un H, un S, un I, un E, abituandovi a fare i “Punti” in maniera crescente e decrescente.

Quando siete sicuri di non fare errori cominciate a comporre le seguenti parole (combinazioni di EISH5).

 

Esercizio N. 2  –  I caratteri T M O 0

Questi caratteri sono il ritmo esatto della “Linea”. Se, tuttavia, trovate qualche difficoltà retrocedete e fate una serie di _ _ _ _ _ _ ecc. fino a che non vi sentite abile.

 

T ▬            M  ▬ ▬         O ▬ ▬ ▬                 0 ▬ ▬ ▬ ▬ ▬

 

Seguono esercizi, combinazioni delle lettere finora studiate (gruppi di 5 caratteri max).

 

Esercizio N. 3  –  I caratteri A R L W J 1 P

Tutti questi hanno come loro base la lettera “A” (Punto e linea).

Prima fate questa lettera per parecchio tempo con un lento ._ ._ ._ ._ ecc. tenendo lo spazio tra il punto e la linea uguale ad un “Punto”: poi fate un “R”, che è la lettera “AE” (._.) mandate insieme come uno stesso carattere.

Tenete sempre in mente che lo spazio tra una parte di un carattere è la medesima di un “Punto”.

Quindi provate una “L” (._..) la quale è AI mandati insieme come un carattere.

Quindi fate “W” (._ _), pensate ad esso come “AT” mandati insieme. Se fate bene “A” potete fare R L W.

Solamente la lettera “J” (._ _ _) WT mandati insieme.

Il numero “1” (._ _ _ _ ) deve essere considerato come JT fatti insieme come un solo carattere.

La lettera “P” (. _ _ .) deve essere considerata come WE mandati come un solo carattere.

Bisogna aver cura di fare questi caratteri senza troppo spazio fra una lettera e l’altra. Per esempio: sebbene P è WE prendete cura di non lasciare più che un “Punto” spazio tra W e E.

Come sopra scritto indica che le due lettere sono mandate come un solo suono (. _ _ .)

Seguono esercizi (gruppi di 5 caratteri).

 

Esercizio N. 4  –  I caratteri U F 2 V 3 4

Fate la lettera “U” (. . _), non pensatela come una combinazione di lettere, pensatela come . . _ fatti lentamente. Un pericoloso giudizio + il pensare di “U” come della lettera IT. Pensate solamente al suono.

Quindi passate alla lettera “F” (. . _ .) usando come base la lettera “U”. Infatti UE fatti insieme come un solo carattere.

Se fate la “U” potete fare anche la “F”.

Il numero “2” (. . _ _ _) è fatto sulle lettere UM fatti insieme.

La lettera “V” (. . . _) non deve essere considerata come un’altra combinazione di lettere. (Un comune sbaglio è considerare “V” come ST risultando un carattere diviso). Pensate la “V” solamente come combinazione di suoni.

Praticate questa con il ritmo del “Punto” finchè mandate una lenta lettera. Uno dei più difficili caratteri per molti principianti è il numero “3” (. . . _ _): questo spesso è mandato diviso come SM. Mandate un lento numero “3” e pensatelo come VT fatti insieme.

Il numero “4” deve essere considerato solamente come una combinazione di suono (. . . . _). Non provare a considerare il “4” come un composto di altre combinazioni di lettere come HT perché in questo caso otterrete un carattere spezzato. Nel mandare il “4” usate il ritmo del “Punto” come avete fatto per il “5”, facendo l’ultimo “Punto” la “linea”.

Dopo aver ripetuto più volte i caratteri dell’esercizio “4” fate i seguenti esercizi (gruppi 5 caratteri).

 

Esercizio N. 5  –  I caratteri N D B 6 8 9 X

La “N” naturalmente è nient’altro che il contrario di “A”.

Praticate la “N” (_ .) per parecchio tempo un lento _.  _.  _.  _.  _.  _. 

Tenete lo spazio tra la linea e il punto uguale solamente ad un Punto.

Nel fare il “D” (_ . .) evitate di farlo diviso (come TI). Pensatelo solamente come la combinazione dei suoni _ . . fatti uniti.

La lettera “B” (_ . . .) deve essere pensata solamente come combinazione di _ . . .

È uno sbaglio pensare di “B” come una combinazione di lettere come TS: questo risulterebbe un carattere spezzato.

Il numero “6” pensatelo solamente come la lenta combinazione (_ . . . .) egualmente divisi.

Il numero “8” (_ _ _ . .) non deve essere considerato come la combinazione di OI, questo risulterebbe spezzato. È meglio pensare come la ritmica combinazione di _ _ _ . .

Comunque la combinazione MD praticata con cura, senza lasciare spazio supplementare tra M e D, otterrete un corretto 8.

Il numero “9” (_ _ _ _ .) richiama per lo stesso ritmo di “linee” il numero 0, con l’eccezione che l’ultima unità è un “Punto” anziché una “linea”.

La lettera “X” (_ . . _) deve essere considerata la combinazione solamente di _ . . _

Evitate di pensare ad una combinazione di lettere simili a “DT” o “TU”, queste combinazioni tendono a dividere il carattere. Praticamente pensate di “X” solamente al ritmo (_. ._  _. ._  _. ._    ).

Seguono esercizi (gruppi 5 caratteri).

 

Esercizio N. 6  –  I caratteri G Q Z 7 K C Y

Considerate la lettera “G” (_ _.) come la combinazione del suono (_ _.). tenete con cura la corretta spazieggiatura e si potrebbe pensare come combinazione di (ME) trasmessi insieme, ma non dovete mai fare (TN). Questo usualmente risulta carattere ineguale.

Fate la “Q” (_ _._), considerate questo (MA) trasmesso insieme come un solo carattere. Evitate di trasmettere “Q” come (GT), li fareste spezzati.

La lettera “Z” (_ _ . .) deve essere trasmessa (TD), fatti insieme e lentamente. È consigliabile considerarla come il suono (_ _ . .).

Il numero “7” deve essere considerato esclusivamente come il suono (_ _ . . .) mandati in rapida successione. Trasmettere il “7” come (MS) viene con segnali spezzati.

La lettera “K” deve essere trasmessa solamente come il suono (_ . _) eseguito lentamente. Non trasmettere mai il “K” con le combinazioni di lettere simili a (TA) oppure (NT), entrambe risulterebbero spezzati.

Probabilmente la più noiosa di tutte le lettere è la “C” (_._.). È raccomandabile usare la combinazione (KE) trasmessi come un solo carattere. Non è consigliabile usare le combinazioni (TR) oppure (NN): spezzerebbero il “C”.

Molti principianti in pratica trovano il (KE) una combinazione adattabile per formare il “C”.

La lettera “Y” (_._ _) deve essere trasmessa con la combinazione (KT) trasmessi insieme e lentamente. Non usare mai le combinazioni (TW) oppure (NM), risulterebbero spezzati, mentre con la combinazione (KT) avrete un ritmico “Y”.

Imparate bene la “K” ed avrete un ritmico “C” e “Y”.

Nel praticare tutti i caratteri ripetete il suono ad alta voce (esempio: nella pratica del “B” ripetete _. . .).

Praticate spesso i caratteri che vi riescono difficoltosi.

Con la formazione corretta di ciascun carattere potete procedere a formare le parole. Dovete considerare prima ciascun carattere separatamente, cioè praticarli separatamente fino a che li avete imparati tutti.

Allora, solo allora potete formare le parole.

Non forzate la velocità. Solo con un buon allenamento giornaliero da 30 a 60 minuti potete raggiungere in breve tempo alte velocità. La media è di 140 caratteri al minuto.

Seguono esercizi (gruppi).

Nel trasmettere i vari testi troverete la punteggiatura e qualche segnale speciale.

Quelli regolamentari sono: punto, punto e virgola, punto interrogativo, ecc.

Altri segni di punteggiatura che potete incontrare non sono ammessi dal regolamento internazionale telegrafico: fine messaggio, capito, separazione, ecc.

Caratteri speciali in lingua straniera.

Seguono esercizi (gruppi).

 

 

Di seguito riporto uno scritto di 

 Natale  PAPPALARDO  IZ0DDD

 

La manipolazione del tasto verticale metodo speciale del Cavalier Tommaso Saso.

 

 

  Gli allievi della Scuola Guglielmo Marconi di Roma lo chiamavano semplicemente il Cavaliere, egli era il direttore della Scuola per Radiotelegrafisti che sfornava, da  innumerevoli anni, marconisti per le navi mercantili. Aveva appreso il CW all’età di otto anni, da suo padre che era un telegrafista presso una stazione ferroviaria. Si risale  ai primi del 900. La telegrafia il Cavaliere l’ha sempre avuta nel sangue, tanto che aprì la scuola non solo per una forma di sostentamento economico ma anche per il piacere di insegnare il CW.

 

           Da casa mia presi il filobus numero 36 che portava direttamente alla stazioni Termini e da lì mi incamminai verso piazza Indipendenza. La scuola si trovava in via Palestro 49, praticamente a due passi dalla piazza.  Erano poche centinaia di metri, forse seicento metri non di più. Non sapevo cosa mi aspettasse, non avevo nessuna idea di come sarebbe stata questa scuola ne se sarei stato in grado di affrontare la materia che supponevo fosse la più ostica di tutte: il Morse.

 

A casa molte volte avevo fermato la sintonia del ricevitore casalingo su certi segnali strani incomprensibili che riconoscevo come Morse ma che sinceramente non riuscivo a capire. Non potevo  credere che un essere  umano potesse   interpretarli  ed addirittura  tradurli  in parole  chiare,

eppure, anche nei tanti film di guerra che avevo visto al cinema, la cosa era possibile. Sarei riuscito ad imparare?

Giunto sul posto entrai  attraverso un enorme portone con indicato il numero 49.

 Dall’esterno c’era sotto ad alcune finestre, al primo piano, una striscia pubblicitaria, forse in plastica, che indicava che all’interno si trovava la Scuola Marconi.. Quindi non era un istituto in un palazzo a se stante, ma un appartamento o forse due  collegati insieme che fungevano da scuola.

Un cartello all’interno dell’atrio, indicava di prendere la scala sulla sinistra per raggiungere l’Istituto. Mi incamminai verso le scale e giunto sul pianerottolo del primo piano una porta a vetri con su scritto Istituto G. Marconi  mi diede il benvenuto.

All’interno un lungo corridoio occupato da moltissimi ragazzi che si affollavano davanti alle porte di alcune stanze sulla destra del corridoio stesso. Alcuni di quei ragazzi indovinai erano miei compagni di corso, li vedevo sperduti e anche spaventati esattamente come me, altri invece, li vedevo tranquilli, sicuri di loro. Scoprii in seguito che quest’ultimi erano gli anziani che ormai erano agli sgoccioli del corso. Sentivo da qualche parte il suono del Morse ma non riuscivo a capire se fosse una trasmissione oppure se fossero due o se fosse altro

.           Avanzando di qualche metro e facendomi largo fra i miei futuri compagni,  entrai in una stanza dove vi erano parecchi tasti posizionati sui tavoli per le esercitazioni. Alcuni di questi erano manovrati, forse non è il termine adatto ma non ne trovai allora uno migliore, da alcuni ragazzi che sembravano si scambiassero informazioni. Questo pensai guardandoli in viso. Come facessero però a capirsi era un mistero. E pensare che io dovevo arrivare a quel risultato! Molti dubbi mi si affollarono in mente.

 

Ci riunirono in una aula dove seduti in strani banchi, non potevamo fare a meno di vedere un cartello rettangolare  che giganteggiava di fronte a noi occupando, con la sua scritta, quasi tutta la parete. Era il motto della scuola: SE INSISTI E RESISTI RAGGIUNGI E CONQUISTI. Sicuramente significativo, molto significativo.

 

Eravamo una trentina di allievi dai 17 ai 30 anni, infatti fra noi c’erano delle persone mature, poche in verità ma che mettevano suggestione a quelli più giovani come me. Quasi tutti i “vecchi” avevano già esperienza del Morse in quanto durante il servizio militare avevano svolto attività radio come radiotelegrafisti. Questo però non interessò minimamente il Cavaliere che non tenne in alcun conto la  loro esperienza precedente. Iniziò facendoci imparare le prime 5 lettere dell’alfabeto del codice Morse, poi ci raccomandò di esercitarci a ripetere il suono che ci aveva fatto ascoltare, anche fischiando o imitando il suono con un TI per i punti e un TA per le linee. Ogni giorno ci faceva ascoltare tramite altoparlante il suono  dei caratteri che avevamo imparato nei giorni scorsi  e quelli del giorno precedente fino ad arrivare alla conoscenza di tutti i caratteri, di tutti i numeri e dei segni di interpunzione. Ci interrogava continuamente per rendersi conto se tutti avevamo imparato perfettamente il Codice Morse, quando fu soddisfatto iniziammo a ricevere e a scrivere su fogli, in corsivo, soltanto alcune lettere dell’alfabeto, aggiungendo poi le altre man mano che si rendeva conto che tutto il corso era in grado di andare avanti. Arrivammo a ricevere a una bella velocità senza aver toccato ancora un tasto.

La voglia di andare in sala esercitazione era tanta ma ci fu proibito inesorabilmente. Il tasto era tabù.

 Il Cavaliere si raccomandava sempre di non toccare mai i tasti e di non provare a trasmettere se prima non avevamo bene in testa il suono dei vari caratteri. Ormai si riceveva già da qualche tempo e anche ad una buona velocità, eppure ancora, non ci faceva toccare nessun tasto.

Poi un giorno, senza alcun preavviso ci chiamò uno per uno alla sua cattedra dove aveva messo un tasto verticale collegato con un oscillofono e altoparlante. Il tasto era del tipo postale, in ottone  con la base in legno. Quando fu il mio turno, il Cavaliere mi fece vedere come dovevo mettere le dita sul pomello e come dovevo poggiare il braccio sul tavolo. Mi toccò il polso alzandolo un po’ e con le dita della sua mano sopra il mio polso, iniziò a muoverle facendomi

trasmettere una serie di punti. :- senti come sono corti questi punti? Ecco devi cercare di fare i punti in modo che il contatto sia più rapido possibile. Non voglio sentire mezze linee o punti strascinati. Una bella azione di polso e il gioco è fatto. – Quando mi tolse la mano dal polso continuai da solo a fare i punti ma il suono che ne derivò non era lo stesso. Comunque mi lodò ugualmente incoraggiandomi: - bravo Pappalardo, avrai una buona trasmissione, te lo dico io. – Mah pensai, come può dirlo se ho toccato il tasto per la prima volta solo adesso? Eppure a nessun altro allievo glielo aveva detto. Sinceramente non sapevo che pensare!

Subito dopo distribuì a tutti dei tasti che aveva portato dentro uno scatolone. Erano tutti abbastanza malridotti, molto usati, per questo li pagammo veramente poco. Erano il nostro ferro del mestiere, ma solo per imparare.

 

 

L’esercizio consisteva semplicemente nel trasmettere una serie di punti posizionando il contatto del tasto con uno spazio che il Cavaliere ci indicò in maniera che fosse abbastanza distanziato. Il rumore che ne veniva fuori era tremendo. Trenta persone a battere contemporaneamente sul proprio tasto….e ognuno col proprio ritmo!

 

Il secondo esercizio consisteva nel trasmettere semplicemente le lettere: I E S H e il numero 5 uno di seguito all’altro e poi iniziando dal 5 ritornare indietro. Gli esercizi poi variarono mischiando i vari caratteri e il 5 in maniera causale per alcuni giorni, poi quando il Direttore ritenne che avevamo sciolto abbastanza il polso, iniziò a farci vedere come si dovevano fare le linee.

Il polso doveva muoversi in maniera che le linee fossero una di seguita all’altra senza quasi essere staccate. Era difficile cercare di non staccare quasi una linea dall’altra perché era tutta questione di polso. Solito schema: 1 linea 2 linee e così via per poi tornare indietro. Poi la combinazione con tutti i caratteri di solo linee mischiati. Per alcuni giorni ci fece fare gli esercizi con i punti e con le linee separati gli uni dagli altri, poi iniziò a farci trasmettere la combinazione punto-linea tipo A W J 1  poi quelli con : A U V 4  fino ad arrivare all’inverso cioè : N D B 6  ed infine tutto l’alfabeto.

Si raccomandava sempre il nostro Cavaliere di non scordare di effettuare, ogni volta che si iniziava un nuovo esercizio, di sciogliere il polso con i primi esercizi dei punti e delle linee, almeno una volta.

Quando, controllandoci si convinceva che eravamo tutti più o meno allo stesso livello, iniziò a farci fare esercizi di 5 caratteri per volta così come i testi che ricevevamo. Ormai erano gli stessi che da tanto tempo ci riempivano la testa. Per la ricezione ci controllava ogni settimana per verificare se quanto scritto corrispondeva esattamente alla trasmissione ricevuta. Se tutto andava bene aumentava di qualche carattere la velocità della macchina automatica. Altrimenti insisteva ancora fino a che tutti non fossimo allo stesso livello.

 

In trasmissione il controllo lo si effettuava giornalmente tramite la macchinetta telegrafica scrivente sulla striscia di carta. Impossibile  non accorgersi   degli errori  sia   nei caratteri e sia nelle

distanze lasciate tra i caratteri stessi e le parole. Man mano che si alzava la velocità il controllo veniva anche effettuato cercando di seguire, con il proprio tasto, l’esercizio che si stava ricevendo.

 Eravamo costretti ad accompagnare il ritmo esatto della macchina. Poi il Cavaliere, improvvisamente abbassava il volume della ricezione fino a che in cuffia non arrivava più alcun segnale. Dovevamo però proseguire imperterriti la manipolazione del testo fino a che, dopo qualche minuto, ritornavamo a sentire di nuovo. Difficilmente riuscivamo a restare sincronizzati con la macchina ma giorno dopo giorno, si migliorava sempre più fino ad arrivare quasi al sincronismo perfetto.

 

Inevitabilmente la competizione fra di noi si scatenava. C’era sempre chi riusciva a trasmettere più velocemente di un altro e qui interveniva sempre il Cavaliere che si raccomandava di cercare di non correre. Il segreto, diceva, non è cercare di velocizzare la manipolazione, anzi, così facendo si forzava in qualche modo la natura stessa dell’individuo facendogli fare di solito degli errori che poi difficilmente si potevano correggere.

Bisognava invece cercare di trattenersi, cercare di effettuare quanti più esercizi possibili e far sciogliere il polso. La velocità sarebbe venuta da se, senza alcuno sforzo e quella sarebbe stata una velocità di precisione, senza alcuna fatica e duratura nel tempo.

Una velocità di crociera standard ottenuta dalla scioltezza del polso e non conseguita per questione solo di nervi o di uno sforzo momentaneo.

 

Non ho scritto come il Cavaliere desiderava che tenessimo il braccio sul tavolo ne come si dovevano tenere le dita sul pomello. Naturalmente seguendo i suoi consigli io mi sono trovato bene e probabilmente anche altri si troveranno bene ma, sono certo che non è indispensabile seguirli alla lettera. Comunque solo per la curiosità di alcuni descriverò in sintesi:

Il tasto dev’essere posizionato  a circa 40 cm, dal bordo del tavolo e il braccio con il gomito appoggiato, deve avere un certo angolo di solito dai 35 ai 45 gradi rispetto al tasto. Naturalmente non appoggerà soltanto il gomito ma anche parte del braccio meno la parte interessata del polso. La maniera di prendere il pomello del tasto è a scelta. Si consiglia però di accostare il pollice sul lato sinistro del pomello, mentre  l’indice e il medio leggermente piegati devono stare sul bordo del pomello stesso con il medio leggermente scostato a destra. L’anulare e il mignolo devono essere piegati verso  il palmo  della  mano ma non troppo. Meglio  sarebbe  se fossero  lasciati sciolti come contrappeso per aumentare il ritmo. Le dita della mano e il polso devono restare rilassati. Però bisogna cercare di non lasciare mai il pomello perché poi in velocità lasciare e riprendere potrebbe far perdere un po’ di cadenza.

Ripeto tutto questo non è indispensabile non si spiegherebbe infatti come mai individui che non adoperano questo metodo riescano in definitiva a manipolare benissimo. Esercizio e controllo, controllo ed esercizio. Non vi sono segreti, proprio nessuno. 

 

 

 

Natale Pappalardo Op. Lino IZ0DDD

 

 

 

 

 

Il metodo Guarnieri

T. Guarnieri – Come si diventa telegrafisti e radiotelegrafisti (1936)

 

 

 

NORME PER L’INSEGNAMENTO


Recezione


Non ci siamo proposti di introdurre un nuovo metodo per l’insegnamento della telegrafia Morse, ma una razionale ricerca di mezzi atti ad ottenere il maggior rendimento nell’insegnamento, con uno sforzo il più limitato possibile da parte dell’allievo.

Sistemi di vario genere, regole mnemoniche, macchinose tabelle con i più svariati richiami, sono mezzi ai quali ormai si ricorre quando si vuole infliggere agli allievi un immeritato castigo come risposta all’entusiasmo col quale si accingono ad apprendere la radiotelegrafia con la recezione acustica dei segnali.

Lunghi anni di esperienza hanno dato ragione ai nostri criteri didattici, che, del resto, non rappresentano – come ripetiamo — nulla di particolare.

Prima condizione è quella di far conoscere ai giovani che si accingono allo studio che la loro fatica verrà coronata da successo anche per i mediocri, purché essi frequentino regolarmente il corso d’insegnamento. L’insegnante, deve agire con tatto e non peccare anche involontariamente, di presunzione per quello che sa, onde non mettere l’alunno nella condizione di pensare seriamente se intraprendere o no il faticoso lavoro della scuola ed i pavidi si allontanano così fin dalle prime lezioni.

Con un po’ di ottimismo che non vuole ingannare alcuno l’istruttore deve ben chiarire agli allievi che tutti possono riuscire ad apprendere e vincere con la costanza ogni ostacolo. È ormai noto che, salvo qualche eccezione, si può raggiungere l’idoneità alle mansioni di radiotelegrafista ugualmente con un minore o maggiore numero di lezioni. L’inettitudine non si manifesta alla fine o alla metà delle lezioni ma, se del caso, all’inizio del corso stesso.

All’alunno non si infligga la punizione di imparare subito tutto l’alfabeto Morse a memoria nè gli si comunichi il numero dei segnali da dovere apprendere. Infine, s’incomincino gli esercizi di recezione che inizialmente non devono superare i cinque-dieci minuti cadauno e, allo scopo di non affaticare eccessivamente la mente nella traduzione dei segnali, si concedano alcuni minuti di riposo.

È noto che le prime lezioni rimangono alquanto pesanti per gli alunni. Si vedono spesso battere le dita sul tavolo con la cadenza del segnale ricevuto in un evidente sforzo mentale per decifrarlo e trascriverlo sulla carta.

Nei periodi di riposo sarà facile all’insegnante parlare agli allievi di nozioni e richiami di vario genere tanto che si potrà constatare il curioso fatto di vedere i giovani ritornare agli esercizi di recezione con vera e propria soddisfazione.

La prima lezione sarà bene sia limitata ai segni corrispondenti alle lettere e, i, a, h, t, m, o, ch e punto. Nelle lezioni successive si può passare alle altre lettere e cioè una per lezione o al massimo due se si tratta di corso accelerato. Come si vede, in pochi giorni si avrà imparato l’alfabeto senza sforzo notevole.

Il numero delle parole, e l’ordine delle medesime, sono state studiate in modo che, trasmesse tutte, rappresentino il quantitativo sufficiente per passare ad altro esercizio con segni diversi.

Non si acceleri nella velocità di trasmissione anche se qualche allievo dà segni di impazienza per la lentezza con cui vengono trasmessi i segnali, perchè è cosa indispensabile che tutti possano ricevere, e che nessuno incominci a omettere la trascrizione di un solo segnale.

Una buona base d’insegnamento lento e metodico è condizione indispensabile per la buona riuscita del corso. Accelerando la velocità nelle prime lezioni, si corre il rischio di vedere allontanarsi dal corso quei giovani che a torto ritengono di non avere alcuna attitudine.

Si ricordi che, se taluni hanno doti di spiccata prontezza di intuito nella percezione dei segnali, non sempre riescono buoni radiotelegrafisti per il fatto che con la medesima facilità si distraggono, o peggio seguono il contenuto cercando d’indovinare le parole per quella istintiva curiosità che è generale, specie all’inizio.

Coloro che invece si potrebbero definire tardi nell’apprendere, riescono spesso buoni ed anche ottimi perchè fin dall’inizio si abituano a ricevere macchinalmente e trascrivono i segni senza occuparsi di altro.

Il buon radiotelegrafista riceve macchinalmente; cioè non deve fare altro che segnare una vicina all’altra le lettere e le cifre che arrivano all’orecchio sotto forma di segnali acustici, senza distrarre la mente per decifrare il contenuto del telegramma stesso.

È logico che per impedire fin dall’inizio l’abitudine durante la recezione, sarebbe bene trasmettere segnali combinati in modo da formare parole di nessun significato, oppure parole in lingua straniera: ma questo porta ad un altro inconveniente e cioè l’alunno non trovando più interessante l’insegnamento stesso, si stanca con maggiore facilità.

Anche in questo esiste un compromesso e cioè un po’ di trasmissione in lingua madre e un po’ di convenuto o lingua straniera.

Gli esercizi sono appunto combinati in modo da soddisfare l’alunno e al tempo stesso correggono gradatamente il difetto iniziale.

La scrittura deve essere chiara con lettere in corsivo quindi niente stampatello, le lettere e le cifre debbono essere vicine e legate le une altre sia nelle parole che nei gruppi di cifre.

Sin dalla prima lezione l’insegnante dovrà insistere energicamente su questo punto, facendo ben capire agli allievi che, specie nel linguaggio convenuto o cifrato, una scrittura dubbia può essere fonte di gravissime conseguenze.

Si insista soprattutto affinché siano ben distinte le u dalle n, le b dalle l, le c dalle e, ecc. Si faccia provare a scrivere in corsivo le k, le y e le x, lettere, che essendo poco usate nella nostra lingua, da qualcuno vengono scritte in maiuscolo o in stampatello il che, nella recezione veloce, porta ad un impiego di tempo assai maggiore oltre ad una irregolarità che poi rimane difficile correggere.

È buona regola abituare l’allievo a scrivere lo stesso numero di parole o di gruppi per rigo, cosa importante, che rende facile, in servizio il computo delle parole del telegramma.

Vietare la cancellatura delle lettere o parole errate con la gomma.

Come mezzo di scrittura, la penna non è indicata a causa del continuo movimento necessario per intingere il pennino che fa perdere del tempo. La penna stilografica è più adatta, ma se dotata di pennino a punta grossa, rende indecifrabile il contenuto, specie se scritto in fretta; inoltre l’improvvisa mancanza d’inchiostro spesso ostacola o costringe ad interrompe la recezione.

Si dia la preferenza al lapis. Questo — bene appuntito — può consentire di scrivere lettere piccole e chiare.

Sarà bene che sia appuntito da ambo le parti per evitare in caso di rottura della punta, di dover perdere del tempo per rifarla e questa precauzione è importante durante la prova di esame.

Non si faccia scrivere su libretti, notes o fogli di piccole dimensioni; i frequenti capoversi distolgono ed il contenuto della trasmissione rimane ammonticchiato in poco spazio e quindi confuso.

I soliti quaderni, impiegati nelle scuole elementari, servono ottimamente.

Si badi infine che sotto ai fogli esista uno spessore di carta al fine di impedire che la scrittura rimanga deformata dalle scabrosità della superficie del tavolo o dalla vernice di esso.

Nel presente testo, a fianco di ogni riga degli esercizi, è segnato un numero che indica la quantità delle lettere che compongono il rigo stesso, questo serve a facilitare il computo dei segnali trasmessi in un minuto primo. A fianco del numero suddetto è aggiunto spesso un altro numero preceduto dal segno + questo invece indica il numero dei segnali di interpunzione e delle cifre contenute nel rigo stesso che, come è noto, vengono computati doppi.

Non si comunichi mai all’alunno la velocità di recezione che si è riscontrata. Per appagare la sua curiosità si potrà dire di aver raggiunta una velocità un po’ inferiore a quella effettiva. Non bisogna però esagerare in questo piccolo inganno, perchè si provocherebbe scoraggiamento ed anche diffidenza verso l’insegnante, ciò che invece è di massima importanza per la buona riuscita del corso.

Non possiamo indicare dati per la velocità di trasmissione perchè questo dipende dalle ore di insegnamento, dalla qualità degli alunni ed dalla quantità e dall’impegno di ognuno.

Come buona regola, per portare quasi la totalità degli alunni a buon fine, è di trasmettere con la velocità con la quale può ricevere un alunno mediocre.

Basta collocare qualcuno di essi nei primi banchi, seguire i movimenti delle matite e trasmettere il segnale successivo solo quando si vede che l’alunno si accinge a trascrivere il segno perchè da quel momento la mente è già libera.

Si tenga presente che dopo aver raggiunta la velocità di trenta caratteri al minuto primo non si potrà aumentare detta velocità che dopo numerose lezioni. È un passo questo che merita la maggiore attenzione da parte dell’insegnante.

Il giovane allievo in questo periodo trasforma nella sua memoria il segnale costituito da punti e linee in una figura fonetica di essi, trasformazione che è lenta e progressiva ma non consente l’aumento di velocità nella trasmissione.

Dopo questo periodo si può procedere gradatamente ed a ogni lezione, si constatano dei progressi.

Concludiamo col dire che le tante difficoltà e i tanti mezzi complicati non rappresentano secondo noi che errori di impostazione ad un corso per radiotelegrafia perchè tutto è più agevole e più semplice di quanto si potrebbe immaginare a condizione però che il metodo sia razionale, uniforme e progressivo.

Un ultimo fattore non va dimenticato ed è di massima importanza, quello della buona volontà sia da parte degli allievi che da parte di chi è predisposto all’insegnamento.

 

Trasmissione


La manipolazione del tasto richiede anch’essa speciali attenzioni. I tasti siano collocati ad una distanza di circa 25 centimetri dal bordo del tavolo, distanza che consente un buon appoggio dell’avambraccio.
L’alunno si collochi seduto, col corpo eretto, l’avambraccio destro perfettamente in linea col tasto leggermente appoggiato sul tavolo, quasi a sfiorarlo. L’impugnatura del tasto deve essere fatta nel modo seguente:

— l’indice e il medio quasi verticali sul pomello;

   l’anulare ed il mignolo piegati in modo da rientrare nel palmo della mano;

   il pollice dovrà sfiorare lateralmente il pomello, sotto il suo orlo in modo da servire di guida;

   la pressione sul pomello dovrà essere leggera;

   la molla antagonista del tasto dovrà essere pochissimo tesa.

Il tasto dovrà esse regolato in modo che la distanza dei contatti sia almeno di due millimetri, perchè al principio degli esercizi è bene far sentire, accentuando, lo sforzo necessario per trasmettere ad una determinata cadenza. La trasmissione va fatta col solo movimento della mano, procurando di lasciare i muscoli dell’avambraccio allo stato di riposo. Questo è bene sia osservato fin dall’inizio allo scopo di non viziare l’allievo e rendere faticosa la trasmissione. Il movimento della mano deve essere elastico ed oscillatorio.

L’insegnante comincerà a trasmettere qualche lettera o parola composta dei primi segni studiati e cercherà di farla ripetere all’alunno col movimento del tasto sempre accompagnato dal suono dell’oscillofono.

Trattandosi di insegnamento a classi numerose si potrà procedere alla trasmissione simultanea. I primi tentativi rimarranno infruttuosi ma ben presto si avranno buoni risultati tanto da udire in una classe di 20 ÷ 30 allievi il picchiettare simultaneo di tutti i tasti. Gli errori o i segnali trasmessi fuori cadenza sono facilmente individuabili.

Il metodo inizialmente attuato a Torino con eccellenti risultati è oggi largamente adottato da moltissime scuole governative e private; si insiste però nel ripetere che l’insegnamento della trasmissione collettiva avrà ottimo esito alla sola condizione che esso sia iniziato dopo almeno venti lezioni di recezione e cioè solo quando gli allievi avranno appreso e valutato con esattezza il legame fonetico dei segnali.

La trasmissione dovrà essere lenta; l’insegnante dovrà andare cauto nell’accelerare. Non sarà mai ripetuto abbastanza che in trasmissione occorre sacrificare la velocità alla regolarità se si vuole ottenere una perfetta trasmissione senza vizi o modi di battere particolari tanto che alla fine del corso tutti gli allievi trasmettano allo stesso modo.

La trasmissione simultanea non permette però di realizzare cadenze superiori a 40 ÷ 50 caratteri perciò si dovrà passare ad un secondo metodo di insegnamento cioè quello individuale.

Si tenga presente però che la cadenza base rimane già impressa ugualmente per tutti, l’accelerazione potrà apportare delle imperfezioni individuali ma di poca entità.

Naturalmente questo metodo è ottimo se l’insegnante possiede la qualità di buon trasmettitore; in caso diverso, i difetti di esso verrebbero ad aggiungersi a quelli che di per se stesso crea in seguito l’allievo.

Se si dispone di un Morsofono, sarà bene impiegarlo in sostituzione della trasmissione manuale, perchè con esso la cadenza è perfetta. La trasmissione automatica non è possibile, e quindi efficace, se non dopo aver raggiunta la cadenza di almeno 35 caratteri.

Cicalini. — Viene ancora usato il cicalino come generatore acustico dei segnali. Questi organi si sregolano facilmente, variano la nota musicale emessa ed anche, a causa dei suono che assomiglia a quello generato dalle onde tipo B (smorzate) non più usate, si prestano poco all’uso.

Oscillofoni. — Assai migliori dei cicalini sono gli oscillofoni alimentati con corrente continua. Essi emettono una nota musicale continua e costante ed è più gradita all’orecchio di quella emessa dai cicalini. La frequenza acustica che sembra dare maggior gradimento è quella di 700 ÷ 800 periodi al m” corrispondente alle note musicali sol e la sopra i righi.

Per quanto riguarda gli oscillofoni alimentati integralmente dalla corrente alternata non diamo consigli di effettuarne la costruzione se non si è dotati di buone qualità tecniche e pratica di montaggio. Essi presentano l’inconveniente di far variare la nota durante i segnali lunghi e di far sentire il colpo di lamina prodotto dal tasto. La recezione rimane così assai fastidiosa. Questo è dovuto al fatto che, col variare l’intensità di corrente alle valvole si produce al tempo stesso un abbassamento di tensione e da questo la variazione della nota emessa.

Inserendo il tasto nel circuito di uscita si ha spesso anche l’inconveniente di procurare permanentemente un rumore di fondo residuo dovuto all’effetto capacitivo prodotto dai cordoncini che partono dal tasto stesso.

Altoparlante. — Qualsiasi altoparlante si presta allo scopo, esso deve funzionare con potenza tale da poter essere udito in tutta l’aula.

Alle prime lezioni, quando l’orecchio dell’alunno è duro, è necessario impiegare grandi intensità di suono, ma in seguito occorrerà ridurlo gradatamente fino a portarlo al limite puramente necessario.

Cuffia. — La recezione con la cuffia si presenta migliore che con l’altoparlante perchè l’allievo rimane più raccolto e la mente non viene distratta dai rumori esterni. L’intensità dei segnali deve giungere alle cuffie moderatamente e questo si può ottenere mediante l’inserzione di un potenziometro nel circuito delle cuffie stesse.

Tale potenziometro viene poi regolato a volontà dall’istruttore.

Per l’insegnamento individuale, a coppie, è consigliabile il semplice schema in testa all’articolo.

 

 

 

Il metodo Candler

 

 

 

Per quello che mi è capitato di leggere in rete cercando di telegrafia il sistema Candler per l’apprendimento del Morse doveva essere quello più diffuso, addirittura leggendario. Pierpont vi dedica un intero capitolo del suo libro, il 30, e proprio da lì tolgo i seguenti cenni.

Candler conosceva il codice secondo il metodo tradizionale, avendo imparato a memoria la tavola di punti e di linee. Assunto nel 1904 alla Western Union fu licenziato dopo un solo giorno, per scarso rendimento, e dovette così passare ad un impiego decisamente più umile e meno redditizio, il servizio notturno in una piccola tranquilla stazione ferroviaria.

Il lavoro era scarso e una notte Candler, per caso, mentre sonnecchiava sul tavolo, si accorse che riceveva il velocissimo Morse della linea che transitava sul sounder del suo tavolo, mentre invece quando era sveglio afferrava si e no qualche parola. Capì allora che la telegrafia è principalmente un processo mentale subconscio.

Negli anni successivi sviluppò questa intuizione e nel 1911 nacque a Chicago la scuola “Alta velocità” del Candler System, destinata a chi conosceva il Morse americano, ma si bloccava ai famosi plateaux.

Candler raccomandava l’uso di trasmissori automatici come il Teleplex, per imparare il senso del tempo.

 

 

 

 

 

Il metodo Catlin  

 

 

 

In Morsum Magnificat, la benemerita rivista spesso menzionata e che purtroppo quest’anno ha chiuso, si trovano molte perle, per esempio l’articolo di L. Burlingame “The Catlin Method of Sending Morse Code” (n. 66, 1999).

Sembra che questo metodo, ideato verso il 1884 da Fred Catlin e circondato da un’aura di mistero, sia stato messo a punto per prevenire drasticamente il famoso glass arm, la malattia professionale del Telegrapher (America) e/o del Telegraphist (Inghilterra).

Nei libri, eccetto forse un manuale americano del 1925 di addestramento militare, non è stato mai descritto e Burlingame è stato l’ultimo ad adottare il “Catlin Grip” (impugnatura, presa del pomello, vedi disegno).

Descrivere la manipolazione di Catlin è particolarmente difficile, specie per chi non sa manipolare affatto. Ad ogni modo dovrebbe trattarsi di un movimento della mano complesso e in controfase (correggiato, per così dire) rispetto alla manipolazione canonica (polso che si abbassa e tasto che si chiude in sincrono, e viceversa). Come si evince dal disegno oltre all’oscillazione del polso c’è una concomitante “rotazione” della mano che potrebbe ricordare la tanto vituperata manipolazione dei ferrovieri italiani.

C’era anche, se ho capito bene, il “trucco” di mettere una moneta sul dorso della mano: se l’articolazione di tutto il sistema (tasto-grip-falangi-mano-polso-gomito-spalla) era correttamente bilanciata la moneta non doveva cadere, l’operatore non doveva stancarsi e il glass arm non doveva insorgere.

 

 

 

 

 

 

 Il metodo Montillot

 

 

 

Nel trattato di Télégraphie pratique (Paris, 1898) di L. Montillot, da cui è tratto il “telegrafo a cordicella” d’apertura, è descritto un sistema di addestramento al Morse che è stato esposto per la prima volta nel 1879 alla Scuola di Cavalleria di Sanmur (lezioni autografe) e che è stato successivamente adottato da parecchi autori ed istruttori, anche in Italia (Jengo, ABC del telegrafista, 1914).

Riporto una traduzione letterale dei capitoli “Manipolazione” e “Lettura uditiva” (pp. 120 ÷ 124).

Per arrivare prontamente ad una buona manipolazione è necessario sacrificare la velocità alla regolarità. Quando la mano sarà abbastanza esercitata, la velocità verrà quasi inavvertitamente.

Quando si devono istruire parecchi allievi contemporaneamente è opportuno procedere così:

si munisce ogni allievo di un manipolatore e come primi esercizi si fanno fare delle serie di punti, delle serie di linee, dei punti e delle linee alternati, e infine, quando si padroneggerà bene il ritmo dei segnali elementari, le lettere dell’alfabeto.

[N. B. - Il “punto” telegrafico non ha alcun rapporto col punto matematico, cioè l’intersezione di due rette. È solo una linea piccola il cui valore varia a volontà del telegrafista].

Per ottenere tutta la regolarità desiderabile gli allievi debbono decomporre i segnali ed eseguirli al comando dell’istruttore. Le figure seguenti, in cui le cifre rappresentano dei tempi uguali, mostrano la cadenza da osservare, mentre le linee verticali indicano se bisogna abbassare o lasciar sollevare il tasto.

Volendo si può prendere come esempio la cadenza del passo:

 

1   2       1   2       1   2       1   2

 

Lo spazio compreso tra 1 e 2, cioè tra il piede sinistro e il piede destro, rappresenta il punto; mentre lo spazio compreso tra 2 e 1, cioè tra piede destro e piede sinistro del passo successivo rappresenta la separazione tra due punti.

Le serie di linee avranno necessariamente un’altra cadenza, poiché la lunghezza di ogni linea è uguale a tre punti, mentre lo spazio che le separa non è uguale che a un punto:

 

1   2   3   4       1   2   3   4       1   2    3    4       1   2   3   4

 

Il tasto si abbasserà sul primo tempo e si lascerà sollevato sul quarto.

Combinando questii due esercizi si avranno dei punti e delle linee alternati:

 

1   2       1   2   3   4       1   2        1   2   3   4        1   2       1   2   3   4

 

Il ritmo che si ottiene decomponendo così i segnali evidentemente è troppo lento. Dopo che gli allievi hanno ben afferrato ed eseguito correttamente i tre esercizi precedenti l’istruttore prende una cadenza più viva e invece di contare due tempi sui punti e quattro sulle linee, chiama ciascun segnale col suo nome, dando all’intonazione la durata che deve avere il segnale. Così dirà: punto, linea, punto, linea, allungando sulla parola linea, in modo da dare ai due segnali elementari dei valori analoghi a quelli della breve e della lunga in versificazione. Si potrebbe quindi scrivere:

 

punto         linea        punto           linea

˘        ˉ       ˘        ˉ

Quando gli allievi sono numerosi il mezzo migliore per ottenere, dal maggior numero di loro, una manipolazione regolare consiste nel far cantare tutti insieme i segnali che eseguono.

Tutte le lettere dell’alfabeto si imparano con questo metodo. Così, quando l’istruttore comanda B dice linea, punto, punto, punto e gli allievi lo ripetono eseguendo il segnale col tasto.

Ogni lettera dell’alfabeto è trasmessa un certo numero di volte e questa manovra ha luogo, come nelle flessioni ginniche, ai comandi: “Iniziate! …. Cessate!”

Nelle lettere che terminano con una linea si combatte la tendenza che hanno gli allievi a prolungare quest’ultima linea terminando con l’intonazione heup, pronunciata brevemente al momento in cui il tasto si deve alzare.

Esempio     J   =    punto   linea    linea    linea    heup

                                       ˘     ˉ      ˉ     ˉ     ˘

Ogni tanto l’istruttore ferma un allievo e poi gli fa riprendere la cadenza.

Quando gli allievi possiedono bene tutte le lettere gliele si fanno trasmettere, sempre cantando, e al comando di sillabe, di parole molto corte, poi di parole più lunghe e a poco a poco si arriva a trasmettere frasi intere. Raggiunto questo grado di istruzione, il maestro può spiegare le regole da osservare per la trasmissione dei telegrammi, scrivere dispacci alla lavagna e farli trasmettere a comando, come già detto. Gli allievi arrivano così a ritenere macchinalmente, molto prontamente, tutto in una volta, le regole di trasmissione. Durante questo periodo si devono anche far lavorare gli allievi su un tasto munito di una pila e in comunicazione con un ricevitore messo di fronte all’allievo, cosa che si chiama lavorare in locale. Ogni allievo può così verificare le irregolarità della sua trasmissione e correggere i suoi difetti.

Gli esercizi fatti in comune, e cantando, hanno non solo il vantaggio di dare una cadenza uniforme a un gran numero di allievi alla volta, ma servono molto anche a preparare alla lettura al suono, forzandoli a tradurre con la parola ciò che eseguono con la mano.

Lettura al suono – Ci è sembrato vantaggioso iniziare, sin dal principio, gli allievi alla lettura al suono e di fare progredire questo studio contemporaneamente a quello della manipolazione.

L’istruttore, munito di un manipolatore e di un parleur, dissimula più che possibile i movimenti della sua mano, in modo da esser sicuro che gli allievi leggano al suono e non alla vista. Egli si sforza di far distinguere la differenza tra il punto e la linea.

Ogni segnale letto al suono è delimitato da un rumore secco che indica il suo inizio e un altro rumore che indica la sua fine. Nel punto i due rumori si seguono molto rapidamente, nella linea esiste tra i due un intervallo molto apprezzabile.

Si sono costruiti dei parleur che riproducono i segnali con un rumore continuo, una sorta di ronflement (ronzatore, cicalino, ronfleur) che rende la lettura molto facilitata. Si possono rappresentare graficamente i segnali prodotti da questi apparecchi con dei tratti ondulati più o meno lunghi.

Con questo sistema gli allievi arrivano a fare rapidi progressi e ci si è stupiti della facilità con la quale essi interpretano i segnali. Disgraziatamente qui c’è una sorta di trompe l’oeil (illusione ottica) e se dei telegrafisti che leggono correntemente al ronfleur si mettono davanti a un parleur ordinario si constata che non possono afferrare una sola lettera. Il ronfleur deve dunque servire, secondo noi, come un ausilio: quando un allievo non può leggere un segnale al parleur lo si può ripetere al ronfleur, in modo da facilitare il suo compito e di fargli afferrare la concordanza dei due ritmi.

In mancanza di ronfleur, quando l’allievo non legge i segnali eseguiti dall’istruttore, questi glieli fa cantare e li ripete finché l’allievo non li canta correttamente.

Ad esempio l’istruttore fa il segnale della C, l’allievo legge B e allora l’istruttore dice “Cantalo”.

L’allievo canta necessariamente quello che ha creduto di sentire, e l’istruttore fa questo segnale e l’allievo è costretto a confrontare la differenza. Lo ripete finché l’allievo non arriva a cantarlo e poi a tradurlo.

Gli allievi sono poi addestrati a leggere le differenti lettere dell’alfabeto, fino a quando non hanno alcuna esitazione. Poi leggono parole corte e lunghe, procedendo sempre per opposizione, trasmettendo di seguito parole poco differenti dal punto di vista dell’alfabeto Morse.

Si arriva così a far leggere piccole frasi e infine interi dispacci completi.

L’istruttore deve assicurarsi che gli allievi leggano realmente e non tirino a indovinare, quindi cambia molto la trasmissione inserendo parole senza senso. La tendenza a indovinare, che causa errori fatali, si deve combattere con tutti i mezzi.

 

 

          Il metodo Naud

 

 

 

Una buona descrizione del metodo di ricezione ad udito si trova nel manuale Morse, Sounder, Téléphone di Louis Naud, varie volte ristampato nella Bibliothèque du Courrier des Examens (dal 1910 al 1935 circa).

Il sounder o parleur (vedi disegno) è un apparecchio di ricezione telegrafica che non comporta nessun dispositivo di impressione di segnali, nessuna banda di carta, rotella, meccanismo di orologeria, ecc. C’è solo la parte elettrica (elettromagnete, ancoretta, viti paracolpo e molla di richiamo) leggermente diversa da quella del ricevitore Morse. L’elettromagnete del sounder comporta due nuclei di ferro dolce collegati da una culatta e “calzati” ciascuno da una bobina. L’ancoretta ab, di ferro dolce, è disposta a croce con una leva di rame oscillante su un asse imperniato su una forchetta. Questa leva si prolunga ad angolo retto con un braccio su cui si aggancia una forte molla a budello, comandata da una vite che serve a sollevarla e a regolarne la sensibilità. Infine una delle viti paracolpo (la superiore) è incastrata in un pezzo di rame a squadra, mentre la vite fine corsa inferiore, al contrario, solidale alla leva, incontra abbassandosi il pezzo metallico E, una specie di incudine a forma di arco che limita il movimento di abbassamento di questa leva. Queste disposizioni hanno per scopo il facilitare l’audizione dei segnali.

Il sounder si collega come un ricevitore Morse, attaccando i fili di arrivo e di uscita della corrente. Se nel sounder arriva una corrente essa percorrendo le bobine magnetizza i nuclei e l’ancoretta è attirata come quella di un ricevitore Morse. Essa abbandona dunque il suo bottone di riposo e scende fino al momento in cui la vite A, solidale alla leva, incontra il pezzo metallico P. La durata del contatto della vite A e dell’incudine P2 è uguale alla durata della corrente emessa dall’ufficio corrispondente; e la cessazione di tale corrente, mettendo fine al fenomeno di magnetizzazione dei nuclei, permette all’ancoretta di risollevarsi e alla leva di abbandonare l’incudine e di venire in contatto con il finecorsa B. Le viti A e B sono regolabili.

Quando l’ancoretta si abbassa e quando l’estremità della vite A batte sull’incudine si sente un rumore di arresto che la struttura stessa dell’apparecchio rende assai sonoro; l’ancoretta si solleva, l’estremo della leva incontra nella sua salita la punta della vite B e produce un altro suono, egualmente assai intenso. Un orecchio esercitato può interpretare questi rumori differenti e leggere “al suono” (ad orecchio) i segnali trasmessi dalla posta corrispondente.

Altrove, per rendere l’audizione più agevole, si è munito l’apparecchio di un parasuono, una specie di parete riflettente di forma parabolica, disposta dietro il sounder e che concentra il rumore degli arresti grosso modo nel punto dove si trova l’agente ricevitore.

Questo apparecchio ha vari vantaggi sul ricevitore Morse: meno ingombrante, meno costoso, più robusto, di regolaggio più facile, chi riceve non si deve preoccupare che di ottenere degli arresti franchi e ben sonori.

Aggiungiamo che le trasmissioni difettose, purtroppo così frequenti nel servizio telegrafico, si leggono più facilmente al suono che sulla zona.

Ciascun ufficio può trasmettere e ricevere alternativamente: sia che lo scambio dei telegrammi si effettui ad udito sia con l’aiuto del ricevitore Morse quello che importa è che ciascun corrispondente possa trasmettere e ricevere alternativamente.

Modo di tenere il manipolatore – La mano destra, che deve condurre il manipolatore per mezzo del pomello di cui è provvisto deve tenerlo più o meno come tiene un portapenna, vale a dire col pollice, l’indice e il medio.

Il braccio pendente normalmente lungo il corpo, il gomito piegato ad angolo retto costituisce il perno dell’avambraccio, messo in posizione di pronazione.

I movimenti di discesa e di salita della mano, e con essa la parte anteriore del manipolatore, saranno comandati dal polso, che dovrà muoversi con la più grande flessibilità. I movimenti di discesa saranno effettuati come se, ad ogni abbassamento della mano, si volesse urtare il tavolo con la parte inferiore del polso.

Formazione dei segnali – Per apprendere ad azionare il manipolatore bisogna esercitarsi a formare tutta una serie di segni elementari. Si faranno dunque una serie di punti (8 punti di seguito, per esempio) e questa un certo numero di volte, applicandosi a produrre una battuta molto regolare.

È essenziale, nel corso di questi esercizi, ottenere una trasmissione ben cadenzata, ben ritmata. Per arrivarci è efficace di “cantare” i segni pronunciando la parola punto allorché si abbassa e si rilascia rapidamente la mano e la parola tratto (sulla quale si lascia tirare la voce per il tempo che la mano deve restare abbassata). Tuttavia, finché si succedono più punti, è più armonioso per esempio dire

uno – due – tre – quattro    che   punto – punto – punto – punto

Si può ammettere - con l’aiuto di convenzioni musicali per dare alla trasmissione la regolarità necessaria - che le durate relative di punto e linea siano quelle della semiminima e della semibreve.

Poi si passerà allo studio dei segnali

 

•••••  ••••  •••  ••  •  e così via    (scale telegrafiche)

 

Poi si impara il segnale di errore.

In una seconda lezione si traccerà il segnale di chiamata  ▬ • ▬ • ▬ •

Afferrata bene la cadenza, si farà successivamente  ▬ • ▬ , ▬ • ▬ • , ecc.

In un’altra seduta si apprenderà a fare delle linee ben ravvicinate le une alle altre, tracciando per esempio 4 linee ▬ ▬ ▬ ▬ e via via gli altri segnali.

 

Per facilitare lo studio conviene fare alcune osservazioni:

tutte le lettere, eccetto è, sono formate con, al massimo, 4 segnali.

Molte sono una l’inversa dell’altra.

Le cifre sono formate da 5 segnali.

Lo zero si fa comunemente con un solo tratto un po’ allungato.

I segni elementari (punti o linee costituenti una stessa lettera) devono essere spaziati, al massimo, della larghezza di un punto; le differenti lettere di una stessa parola devono essere distanti le une dalle altre del valore di una linea; le parole devono essere separate da un intervallo doppio (o triplo) di quello che esiste tra le lettere di una stessa parola.

Lettura auditiva – Si apprende a leggere al suono pressappoco come si apprende a trasmettere e in seguito è vantaggioso, nel corso dello studio della trasmissione, esercitare l’orecchio a distinguere i segnali prodotti dal manipolatore, a riconoscerli dal numero di elementi che li formano.

In questo studio si troverà un doppio profitto, prima quello di acquistare una trasmissione regolare e poi quello di prepararsi alla lettura auditiva.

La principale difficoltà di questa è arrivare a discriminare gli uni dagli altri i punti e le linee finali.

Il sounder però produce arresti di sonorità differente per questi 2 segnali (la vibrazione del punto è più franca di quella della linea) e d’altra parte la linea finale è seguita da uno urto contro la vite paraurti superiore che nel punto non si percepisce così nettamente.

È su questa differenza che soprattutto si deve portare l’attenzione degli allievi; e in generale conviene insegnare loro a distinguere i segnali aventi qualche somiglianza facendoli alternativamente.

Per esempio c y, ripetuto parecchie volte di seguito, r w, p j, d k, ecc.

Non bisogna temere di insistere sulle differenze auditive dei segnali che hanno una certa similitudine fino a quando l’orecchio esercitato non prova alcuna esitazione.

Lettura sulla zona – Questo studio deve venire dopo quello della lettura auditiva. Idem per i segnali confondibili.

Per questa, come per la lettura auditiva, è essenziale di non cercare di indovinare le parole dopo i primi segnali: bisogna leggere lettera per lettera e limitarsi a scrivere quello che il corrispondente trasmette. Solo dopo la ricezione e prima di dare il collazionamento d’ufficio, l’impiegato ricevitore provocherà la conferma o la rettifica delle parole e dei passaggi dubbi (eccezion fatta dei casi di incomprensione assoluta: guasto sopraggiunto durante la comunicazione, sregolaggio delle macchine, ecc., nei quali casi si chiederà la rettifica immediata).

 

 

 

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Queste News sono contributi che integrano i lavori principali di Telelinguistica editi nella sezione Atomi on line.

http://www.bitnick.it/Morse News/Morse News.htm